Sentenza n. 139 del 1974
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SENTENZA N. 139

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 5 della legge 19 novembre 1968, n. 1187 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150), promosso con ordinanza emessa il 7 aprile 1970 dal Consiglio di Stato - sezione V - sul ricorso di Agostini Tristano contro il Comune di Bologna, iscritta al n. 369 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 334 del 27 dicembre 1972.

Visti gli atti di costituzione di Agostini Tristano e del Comune di Bologna, nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1974 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti:

uditi gli avvocati Aldo Sandulli e Gian Marco Dallari, per Agostini Tristano, l'avv. Armando Ballerini, per il Comune di Bologna, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Consiglio di Stato, con ordinanza emessa il 7 aprile 1970, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 5 della legge 19 novembre 1968, n. 1187 - contenente modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 - per contrasto con gli artt. 42, comma terzo, e 3 della Costituzione, nonché con gli artt. 136 Cost. e 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1.

L'ordinanza é stata pronunciata in sede di esame del ricorso proposto da Agostini Tristano avverso il provvedimento del sindaco di Bologna 18 giugno 1969 concernente l'applicazione della misura di salvaguardia su una domanda di licenza edilizia a seguito della adozione in data 30 maggio 1969 della variante collinare al piano regolatore generale, per effetto della quale il progetto del richiedente era divenuto contrastante con l'adottata variante.

Motivando in punto di rilevanza l'ordinanza osserva che il potere di pianificazione urbanistica esercitato con la variante trova la sua fonte nella citata legge n. 1187 del 1968 e che l'indice di costruzione fissato in cinque millesimi per mq. é meramente simbolico ed elusivo dei limiti temporali fissati dalla legge medesima, donde la conseguenza che vi sarebbe un'applicazione di misura di salvaguardia a protezione di vincolo sostanzialmente ablativo senza alcuna possibilità di indennizzo.

In relazione alle norme della legge impugnata che consentono in astratto vincoli del genere di quelli in contestazione senza la previsione di indennizzo, malgrado la utilizzabilità edilizia del terreno sulla base della situazione sussistente al momento dell'imposizione, s'appalesa perciò necessaria la previa risoluzione del dubbio sulla costituzionalità delle norme suddette.

Venendo al merito della proposta questione l'ordinanza afferma che il legislatore del 1968 ha ignorato i principi enunciati dalla Corte costituzionale nelle sentenze nn. 55 e 56 del 1968.

Le norme denunziate vengono censurate nella parte in cui consentono senza indennizzo vincoli che comprimono a titolo particolare e in modo rilevante la proprietà di immobili edificabili in base all'ordinamento vigente quando il vincolo interviene.

Gli artt. 1, 2 e 5 della legge n. 1187 sarebbero anzitutto in contrasto con gli artt. 42, comma terzo, e 3 della Costituzione. La garanzia costituzionale degli indicati precetti ricomprende le ablazioni di utilizzabilità, sussistenti al momento dell'imposizione, che comportano sacrifici rilevanti per i singoli proprietari: l'indennizzo é lo strumento necessario di perequazione che tende a realizzare una sostanziale indifferenziazione dei proprietari sul piano economico rispetto agli interventi autoritativi di programmazione urbanistica.

Il secondo profilo di incostituzionalità delle norme denunciate é svolto in riferimento all'art. 136 della Costituzione e all'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948. Si prospetta il dubbio che la legge n. 1187 del 1968 abbia sostanzialmente riprodotto e restaurato il sistema della legge urbanistica colpito dalla sentenza n. 55 della Corte costituzionale: muovendo dall'erroneo presupposto che il motivo essenziale della dichiarazione d'incostituzionalità da parte della Corte fosse quello della indeterminatezza temporale dei vincoli, la nuova legge é ricorsa all'espediente di fissare in cinque anni l'efficacia temporanea dei vincoli imposti.

La legge del 1968 non avrebbe però considerato quanto precisato dalla Corte e cioé che mentre il vincolo di immodificabilità per la durata dei piani particolareggiati era preordinato al passaggio delle aree in altre mani (con previsione di successivo indennizzo) la dichiarazione di incostituzionalità riguardava anche quelle ipotesi di espropriazione-ablazione che incidono solo sulla possibilità di utilizzazione.

La limitazione temporanea per vincoli comportanti espropriazione-ablazione si risolve in realtà in un espediente elusivo del problema indennizzo.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituiti la parte Agostini Tristano, rappresentata e difesa dagli avvocati Aldo Sandulli e Gian Marco Dallari, e il Comune di Bologna, rappresentato e difeso dagli avvocati Armando Ballerini e Carlo Guidoboni. É anche intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

2. - Nelle deduzioni ed in una successiva ampia memoria depositate in cancelleria il 23 dicembre 1972 e il 6 febbraio 1974, la difesa dell'Agostini si sofferma anzitutto a illustrare la rilevanza della proposta questione, affermando che non solo i piani regolatori generali definitivamente approvati ed entrati in vigore, ma anche quelli appena adottati sono suscettibili di ledere immediatamente le posizioni soggettive dei proprietari stante l'obbligatorietà delle misure di salvaguardia le quali comportano l'esclusione della possibilità di rilasciare licenze edilizie per costruzioni che, sebbene conformi allo strumento in vigore, risultino incompatibili col nuovo piano.

Secondo la difesa l'ordinanza di rinvio avrebbe investito la Corte della questione di legittimità degli artt. 1, 2 e 5 della legge n. 1187 del 1968 nella parte in cui consentono vincoli che comprimono a titolo particolare ed in modo rilevante la proprietà di immobili e non già limitatamente alla parte in cui "non prevedono un indennizzo", aspetto questo della normativa che potrebbe interessare il giudice ordinario, ma non il magistrato amministrativo.

Sempre sotto il profilo della rilevanza la difesa contesta l'assunto che il limite di edificabilità introdotto nella variante collinare inerirebbe alla tipologia urbana e per ciò solo non avrebbe natura espropriativa. Ad ogni modo l'accertamento se il tipo di vincolo di cui trattasi attenga alla tipologia delle zone edificabili o non appartiene alla competenza del giudice a quo e nella specie il Consiglio di Stato ha riconosciuto trattarsi di vincolo di inedificabilità per il quale sussiste l'obbligo dell'indennizzo ed appunto per ciò ha denunciato alla Corte la legge n. 1187 la quale anche per siffatti vincoli esclude l'indennizzo.

Passando al merito, la difesa afferma che gli artt. 1, 2 e 5 della legge n. 1187 del 1968 non sono conformi alle precedenti statuizioni della Corte e sono in contrasto con gli artt. 3, 42 e 136 della Costituzione. Le norme impugnate dispongono che i vincoli di inedificabilità nonché i vincoli ammessi in vista di una futura espropriazione (art. 1) non sono indennizzabili (art. 5) ma hanno carattere temporaneo in quanto perdono ogni efficacia qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati (art. 2).

Ora é vero che per la vecchia normativa della legge urbanistica i vincoli in parola avevano una durata illimitata nel tempo, non é meno vero, tuttavia, che anche in base alla nuova legge la durata dei vincoli può assumere dimensioni notevoli. Esatto é quindi il rilievo dell'ordinanza secondo cui la legge impugnata, pur disponendo una efficacia temporanea, ha in effetti realizzato una sostanziale riproduzione del sistema della legge urbanistica dichiarato incostituzionale.

La sentenza n. 55 del 1968 ha ammesso la possibilità di vincoli temporanei non indennizzabili nei confronti di aree destinate ad un futuro trasferimento coattivo. Per vincoli del genere, il temporaneo mancato indennizzo ha una giustificazione nel fatto che all'interessato non mancherà a suo tempo un indennizzo (il prezzo dell'esproprio). Lo stesso non é a dirsi per vincoli non preordinati ad una futura espropriazione In questa seconda ipotesi il proprietario, anche se l'imposizione é temporanea, viene colpito una volta per sempre nel momento stesso dell'imposizione del vincolo. Il mancato ristoro, in tale momento, del sacrificio impostogli, come pure l'esclusione temporanea dall'indennizzo, non hanno alcuna spiegazione.

Del pari fondato, secondo la difesa, é il vizio di incostituzionalità denunciato in riferimento all'art. 136 della Costituzione. La legge del 1968 non ha osservato le statuizioni contenute nella sentenza n. 55 del 1968 ed il legislatore, in luogo di eliminare i vizi della legge urbanistica rilevati dalla Corte é ricorso ad un espediente dilatorio per mantenerla immodificata.

Conclude pertanto la difesa per la fondatezza delle questioni rimesse alla Corte.

3. - Nelle deduzioni depositate in cancelleria il 15 gennaio 1973 la difesa del Comune di Bologna afferma preliminarmente che la variante collinare in base alla quale sono state applicate le misure di salvaguardia non é ancora entrata in vigore e, quindi, non era in vigore al momento della emanazione dell'ordinanza con la quale il Consiglio di Stato ha rimesso gli atti a questa Corte. La stessa variante, pertanto, non può essere invocata per eccepire, in base ai vincoli in essa esistenti, la incostituzionalità degli artt. 1, 2 e 5 della legge n. 1187 del 1968, sicché inammissibile é da ritenersi la proposta questione di legittimità costituzionale.

Venendo al merito la difesa osserva che il vincolo che prevede il limite di mq. 0,005 per mq. nella zona collinare rientra nella categoria dei vincoli previsti dall'art. 7, n. 2, della legge urbanistica, ora sostituito dall'art. 1, n. 2, della legge n. 1187. Nei riguardi della precedente norma la sentenza n. 55 del 1968 ebbe ad affermare che non spetta alla Corte verificarne col contenuto i precisi confini di operatività e che non possono farsi rientrare nelle fattispecie espropriative le limitazioni che fissano indici di fabbricabilità delle singole proprietà immobiliari, anche quando tali indici possono assumere valori molto bassi. Queste considerazioni valgono, quindi, anche per il nuovo art. 1, n. 2, della legge n. 1187.

Rispettosa dei principi enunciati nella ricordata sentenza é anche la norma di cui all'art. 2 che - eliminando dalla nostra legislazione i vincoli a tempo indeterminato preordinati all'esproprio o all'inedificabilità delle aree sulle quali ricadono - ha stabilito l'inefficacia dei vincoli qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati.

In ordine poi all'art. 5 il quale dispone che "nessun indennizzo é dovuto per le limitazioni e vincoli previsti dal P.R.G." la difesa afferma che si tratta di norma conseguenziale all'art. 2; dal momento che dette limitazioni hanno un'efficacia limitata nel tempo (cinque anni) é naturale che nessun indennizzo sia dovuto. Del pari nessun indennizzo va riconosciuto per gli oneri relativi all'allineamento edilizio delle nuove costruzioni trattandosi di limitazioni rivolte a tutelare e garantire un coordinato ed armonico sviluppo edilizio che non incidono o comprimono il diritto di proprietà.

Conclude, pertanto, la difesa chiedendo che la Corte voglia dichiarare inammissibile o comunque infondata la proposta questione.

4. - Nell'atto di intervento, depositato in cancelleria il 16 gennaio 1973, l'Avvocatura dello Stato afferma che per poter sollevare la prima eccezione di incostituzionalità il Consiglio di Stato ha dovuto estendere oltre i limiti precisati dalla Corte nella sentenza n. 55 del 1968 il concetto delle espropriazioni non traslative.

Comunque, proprio nei riguardi dei vincoli urbanistici che consentono la conservazione della titolarità del bene, ma che incidono sulle facoltà di utilizzazione esistenti al momento delle imposizioni, la ricordata decisione ha chiaramente precisato che in tanto simili vincoli possono ritenersi compresi nell'ipotesi espropriativa di cui all'art. 42, terzo comma, della Costituzione in quanto quella incisione abbia carattere definitivo. Ora l'art. 2 della legge n. 1187 del 1968 ha inteso ovviare alla ragione d'incostituzionalità della precedente normativa, consistente nella prospettiva di una indefinita e gratuita grave compressione della proprietà, introducendo un limite massimo di durata per i vincoli nascenti dai piani regolatori generali. Anche se le nuove norme sono sostanzialmente conformi a quelle dichiarate incostituzionali, esse diventano costituzionali nel nuovo sistema che consente limitazioni a contenuto espropriativo, senza indennizzo, soltanto per un periodo di tempo limitato.

Circa il secondo motivo d'incostituzionalità la difesa erTimes New Romane osserva che il preteso contrasto con l'art. 136 della Costituzione non é neppure configurabile in astratto. L'unico effetto collegabile alle sentenze di accoglimento della Corte é quello di far perdere l'efficacia della norma dichiarata incostituzionale dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Perciò quand'anche in ipotesi con la legge n. 1187 del 1968 fossero state emanate norme di contenuto identico a quelle precedentemente colpite con la sentenza n. 55 del 1968, la nuova legge potrebbe essere dichiarata costituzionalmente legittima o non, solo in seguito a nuovo confronto con i precetti della Costituzione e non in relazione alle norme già caducate e alle enunciazioni contenute nella precedente decisione.

Ma a parte ciò é da rilevare che con la nuova legge non é stata ripristinata una normativa identica a quella che ha cessato di avere efficacia con la ricordata sentenza, dal momento che con la predeterminazione del termine di efficacia dei vincoli posti dal P.R.G. il legislatore ha inteso eliminare proprio il motivo della precedente dichiarazione d'incostituzionalità.

Conclude, pertanto, l'Avvocatura per l'infondatezza delle proposte questioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Consiglio di Stato ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 5 della legge 19 novembre 1968, n. 1187, recante "modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150" sotto un duplice profilo.

Si denuncia in primo luogo la violazione degli artt. 42, comma terzo, e 3 della Costituzione rilevandosi che in base alle norme impugnate il Comune di Bologna ha deliberato una variante al piano regolatore generale per la sistemazione del proprio territorio collinare con imposizione di vincoli di inedificabilità quasi assoluta per i quali non é riconosciuto alcun indennizzo sebbene essi si risolvano in una espropriazione-ablazione a carico di proprietari di aree edificabili fino al momento dell'imposizione del vincolo.

Si sostiene, inoltre, un contrasto con l'art. 136 Cost. e con l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, osservandosi che con le norme denunciate il legislatore si é limitato a stabilire l'efficacia temporanea di vincoli comportanti l'espropriazione-ablazione di aree edificabili al momento dell'imposizione, eludendo in tal modo il problema dell'indennizzo ed il giudicato della sentenza n. 55 del 1968 della Corte costituzionale e riproducendo in sostanza nella nuova normativa il sistema della legge urbanistica del 1942 dichiarato incostituzionale.

2. - La questione proposta va dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza.

Oggetto del giudizio davanti al Consiglio di Stato é la legittimità del provvedimento 18 giugno 1969 - emanato a norma della legge 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni - con il quale il sindaco di Bologna, a salvaguardia della "Variante al P.R.G. per la zona collinare" adottata dal Consiglio comunale con deliberazione 30 maggio dello stesso anno, e in pendenza dell'approvazione della stessa da parte della competente autorità, ebbe a sospendere ogni determinazione sulla domanda di licenza edilizia presentata dall'Agostini in considerazione del fatto che il relativo progetto risultava in contrasto con le previsioni della variante.

Orbene, risulta in modo incontestabile dall'ordinanza di rinvio che la censura mossa dal Consiglio di Stato alla legge impugnata é quella di non aver disposto la corresponsione di indennizzo per l'imposizione di vincoli che non sono preordinati all'espropriazione-trasferimento di un bene, bensì all'ablazione del medesimo con immediato e definitivo sacrificio per il proprietario.

Dato ciò, appare evidente l'irrilevanza della proposta questione in ordine alla controversia sottoposta alla cognizione del giudice a quo. Quand'anche, per mera ipotesi, la Corte - così come ha fatto con la sentenza n. 55 del 1968 per alcune disposizioni contenute nell'art. 7 della legge del 1942 ora sostituito dall'art. 1 della legge impugnata - dichiarasse l'incostituzionalità della legge del 1968 nella parte in cui per vincoli del genere di quelli in contestazione non prevede la corresponsione di indennizzo, nessuna influenza potrebbe spiegare siffatta decisione sulla validità dei vincoli che comportino l'inedificabilità contenuti in piani regolatori.

Una pronuncia in tal senso, poiché non farebbe venir meno l'obbligo per il ricorrente di non costruire sul terreno ricadente nella zona vincolata, non sarebbe rilevante ai fini della decisione da emettersi dal giudice amministrativo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale degli artt. l, 2 e 5 della legge 19 novembre 1968, n. 1187, recante "Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150", sollevata dal Consiglio di Stato con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento agli artt. 42, comma terzo, 3 e 136 della Costituzione ed all'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. l.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 maggio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 22 maggio 1974.