Sentenza n. 133 del 1974
 CONSULTA ONLINE 


 

SENTENZA N. 133

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), promosso con ordinanza emessa il 16 maggio 1969 dal pretore di Roma nel procedimento penale a carico di Angiolillo Renato, iscritta al n. 173 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 del 21 giugno 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 1974 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale a carico di Angiolillo Renato, il pretore di Roma, con ordinanza 16 maggio 1969 - depositata in cancelleria il 20 dicembre 1971 - accogliendo l'eccezione della difesa, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa) in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

L'Angiolillo é imputato del reato previsto in detto art. 8, per aver omesso di far inserire nel quotidiano "Il Tempo" di cui é direttore responsabile, le rettifiche indicategli da Capuano Savino, ritenutosi offeso nella reputazione, per una notizia riguardante la sua persona, pubblicata nel accennato quotidiano nella edizione del 4 agosto 1968, alla pagina 4, dedicata alla cronaca delle Puglie.

Nel presente giudizio é intervenuto soltanto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la infondatezza della questione.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il pretore di Roma ritiene che l'art. 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, che punisce il direttore responsabile del giornale quando omette di pubblicare la rettifica di una notizia falsa o lesiva della dignità o reputazione altrui, violi il principio di uguaglianza in quanto dispone che, per tale reato, si procede di ufficio, mentre per i reati commessi a mezzo della stampa la procedibilità é subordinata alla presentazione della querela. Questa differenziata disciplina processuale sarebbe irrazionale, non potendosi giustificare l'ingerenza statuale in una situazione identica ad altre per le quali l'esercizio dell'azione penale é invece subordinato alla manifestazione di volontà dell'offeso. Anche se la condotta omissiva del direttore responsabile va inquadrata nella più ampia attività di informazione, la quale é oggetto di particolare interesse da parte dello Stato, essa costituirebbe tuttavia "un incidente che riguarda esclusivamente il rapporto fra soggetto attivo del reato e parte offesa", il cui interesse privato assumerebbe un'importanza primaria ed assorbente sì da porre in secondo piano la pretesa punitiva dello Stato.

2. - La questione non é fondata.

Non sussiste invero quella identità di situazioni soggettive ed oggettive che il giudice a quo pone a fondamento della tesi che il principio di uguaglianza sia violato dal trattamento processuale differenziato sopraindicato.

Non si può condividere l'opinione che la procedibilità dei reati commessi a mezzo della stampa sia, in via generale, condizionata all'esercizio della querela da parte della persona offesa. Trattasi infatti di opinione non confortata dalla legislazione positiva. L'ordinanza si sofferma sui reati di diffamazione ed ingiuria, ma trascura il vilipendio, le pubblicazioni oscene, ed altri reati perseguibili di ufficio: e richiama, inoltre, l'art. 21 della legge n. 47 del 1948, non tenendo conto, però che questo, trattando del procedimento per i reati commessi a mezzo della stampa, fa un espresso richiamo "alla presentazione di querela o denuncia". É da considerare, invece, come essendo possibile che a mezzo della stampa siano commessi reati di varia indole, consegue che per essi la procedibilità sia diversamente disciplinata - d'ufficio oppure a querela - a seconda della natura dei beni offesi, alcuni dei quali ricadono nella sfera privata della persona, ed altri attengono ad interessi di carattere pubblico.

3. - L'impugnato art. 8 non prevede, poi, un reato commesso a mezzo della stampa, perché punisce l'inosservanza di un obbligo che é imposto dalla legge, disciplinante l'esercizio della attività di stampa e della relativa diffusione, ed imposto a tutela del pubblico interesse e della obbiettività della informazione. Nei reati commessi a mezzo della stampa, invece, questa costituisce il mezzo, lo strumento adoperato per aggredire beni, come l'onore, la reputazione, etc.; e trattasi di strumento non necessario in quanto il bene tutelato può essere offeso anche con mezzi diversi. Non si può quindi fare confusione fra tali reati e quello previsto dall'art. 8.

A nulla giova l'argomento che il reato di diffamazione a mezzo stampa, procedibile a querela, é spesso abbinato a quello previsto dall'art. 8 in esame. Ciò infatti non esclude che si tratta di due reati lesivi di interessi diversi, privato l'uno e pubblico l'altro. Il pretore riconosce che la condotta omissiva del direttore responsabile si inquadra indubbiamente nella sua più ampia attività di informazione, la quale per la sua incisiva influenza sulla pubblica opinione assume rilevanza primaria; rileva tuttavia che, nel caso in esame l'interesse prevalente é quello individuale della persona lesa, che nei confronti di quello generale della informazione ha una importanza assorbente sì da "porre in secondo piano la pretesa punitiva dello Stato". Ma la Corte ritiene che siffatta graduazione non é attendibile, perché non sorretta da convincenti argomentazioni.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione dall'ordinanza del pretore di Roma 16 maggio 1969.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 15 maggio 1974.