Sentenza n. 130 del 1974
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SENTENZA N. 130

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 (Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale), promosso con ordinanza emessa il 10 gennaio 1972 dal giudice conciliatore di La Spezia nel procedimento civile vertente tra Sestili Ezio e Bordin Daniela, iscritta al n. 103 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 122 del 10 maggio 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 marzo 1974 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza emessa il 10 gennaio 1972 nel procedimento civile tra Sestili Ezio, attore, e Bordin Daniela, convenuta, il giudice conciliatore di La Spezia, dato atto che nella specie, in difetto di costituzione della convenuta, rimasta contumace, avrebbe dovuto dichiarare la nullità della citazione, per non essere stati rispettati i termini di costituzione assegnati per legge alla convenuta stessa, ciò per effetto del calcolo del periodo di sospensione del decorso dei termini processuali nel periodo feriale imposto dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della citata legge, per asserito contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

Secondo l'ordinanza, l'art. 1, disponendo la sospensione di diritto di detti termini dal 1 agosto al 15 settembre di ogni anno, ha considerato i soli termini strettamente processuali e non anche quelli riguardanti i diritti sostanziali, creando così una disparità di trattamento, nonostante l'eguaglianza di situazioni considerate in funzione della finalità della legge, che é quella di consentire un periodo fisso di riposo incondizionato a favore dei professionisti legali incaricati di condurre le procedure giudiziarie davanti alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative. Inoltre, sempre a proposito dell'art. 1, l'ordinanza rileva che la stessa ingiustificata discriminazione deriva dalla legge tra termini processuali in senso stretto e termini che, pur essendo legati al processo, non sono formalmente inseriti nel medesimo, (come, ad esempio, secondo il giudice a quo il termine di decadenza di 90 giorni dalla notifica del precetto per eseguire il pignoramento che sarebbe da considerare termine non processuale, diversamente dal termine di 90 giorni per chiedere la vendita del bene pignorato).

Sempre secondo l'ordinanza, l'illegittimità colpirebbe anche l'art. 3 della menzionata legge, secondo cui in materia civile, la sospensione non si applica invece alle cause ed ai procedimenti indicati nell'art. 92 dell'Ordinamento giudiziario r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (cause per alimenti, procedimenti cautelari di sfratto e di opposizione all'esecuzione nonché quelle relative alla dichiarazione e revoca dei fallimenti, o altre cause ritenute urgenti dal giudice per evitare grave pregiudizio alle parti), e non si applica altresì alle controversie individuali di lavoro in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie (artt. 429 e 459 c.p.c.).

L'illegittimità consisterebbe nella differenza di trattamento tra dette situazioni in cui la sospensione dei termini é esclusa assolutamente ed altre poi pur previste nell'art. 92 del citato Ordinamento giudiziario in cui la sospensione dipende caso per caso dal criterio valutativo e discretivo del giudice, senza possibilità per lo stesso di applicare eguale criterio valutativo anche nei casi di divieto assoluto della sospensione.

Secondo l'ordinanza, dal complesso della legge e delle sue singole parti, verrebbe a derivare una disciplina differenziata, costituita ora da generica sospensione assoluta di termini, ora da specifica sospensione condizionata, che importerebbe irrazionale disparità di trattamento in situazioni analoghe, richiedenti disciplina coordinata ed unitaria.

L'ordinanza, notificata e pubblicata come per legge, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 10 maggio 1972.

Avanti alla Corte costituzionale si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che ha depositato in termini le proprie deduzioni.

L'Avvocatura osserva che le norme impugnate riflettono la sospensione dei termini nei confronti indistintamente di tutte le parti in causa e che la limitazione della efficacia delle disposizioni ai soli termini processuali apparterrebbe alla insindacabile discrezionalità politica del legislatore. Anche le menzionate eccezioni alla sospensione troverebbero fondamento non su mutevoli criteri di natura soggettiva, ma sul contenuto oggettivo di taluni procedimenti giudiziari che il legislatore, sempre sulla base di un non sindacabile apprezzamento, avrebbe ritenuto non assoggettabili alla speciale disciplina in esame.

Chiede pertanto dichiararsi infondata la questione come sopra sollevata.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con l'ordinanza di rinvio, il giudice conciliatore di La Spezia, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, sulla sospensione del decorso dei termini processuali durante il periodo feriale 1 agosto-15 settembre.

Si assume in primo luogo che l'illegittimità, in relazione all'art. 3 Cost. consisterebbe in ciò che la legge ha per oggetto i soli termini processuali (già identificati negli artt. 152 cod. proc. civ. e 180 cod. Proc. pen. come quelli diretti "al compimento degli atti del processo") e non anche i termini di diritto sostanziale (vuoi, per esempio, di prescrizione, vuoi di decadenza, come il termine per esercitare l'azione di disconoscimento di paternità ex art. 244 cod. civ.). In ciò dovrebbe ravvisarsi una irrazionale differenza di trattamento di situazioni giuridiche da considerarsi, invece, omogenee rispetto allo scopo per cui la sospensione stessa é dettata, cioè la garanzia di un periodo globale di riposo a favore degli avvocati e procuratori legali.

2. - La questione non é fondata.

É da rilevare che se, indubbiamente, lo scopo della citata legge é quello ora indicato, é anche vero che il legislatore ha inteso venire incontro alle apprezzabili esigenze di detti professionisti non in modo totalitario e incondizionato, ma tenendo invece conto, come risulta anche dai lavori preparatori, di non sacrificare a tali fini anche quelle situazioni, che avrebbero più gravemente inciso nella sfera dei diritti delle parti, cioè le situazioni collegate al decorso dei termini di diritto sostanziale, le quali situazioni, appunto, per tale maggiore incisività di conseguenze, sono state escluse dalla disciplina in esame.

L'illegittimità lamentata, pertanto, non sussiste, trovando la denunziata diversità di disciplina, adeguata giustificazione nella obbiettiva diversità delle ipotesi regolate. Ciò, indipendentemente dal problema interpretativo circa l'inclusione nell'una o nell'altra categoria dei termini da considerare ai fini dell'applicazione della disciplina in esame, il che é ovviamente di competenza del giudice ordinario e non incide sulla razionalità della norma.

3. - Per analoghi motivi, é anche non fondato l'altro profilo di illegittimità, prospettato in relazione alla presunta esclusione della sospensione di quei termini, che, pur essendo "legati al processo", non vi sarebbero formalmente inseriti. L'ordinanza fa in proposito l'esempio del termine di novanta giorni dalla notifica del precetto per eseguire il pignoramento che sarebbe non soggetto alla sospensione perché non processuale, diversamente dal termine di novanta giorni per chiedere la vendita del bene pignorato.

Anche in questi casi, pur se si volesse riconoscere attendibile una categoria del genere su indicato, la individuazione dei termini da considerare o meno soggetti alla disciplina in esame alla stregua dei criteri distintivi così prospettati, costituirebbe, invece, in ogni caso, questione di competenza del giudice del merito e, come tale, non coinvolge problemi di legittimità costituzionale.

4. - É, infine, non fondata la censura per diversità irrazionale di trattamento, riguardante l'art. 3 della stessa legge n. 742 del 1969, censura che l'ordinanza solleva per sostenere che anche nelle ipotesi particolari ivi contemplate (diverse da quelle dell'art. 1 in quanto vi domina il principio, opposto, della non applicabilità della sospensione dei termini processuali) vi sarebbero motivi di illegittimità.

La censura si sostanzia, al fine di far venire meno l'intero sistema della legge, espresso nel suo duplice aspetto prospettato secondo gli articoli 1 e 3, nella pretesa esclusione della facoltà del giudice di fare eccezione alla regola della sospensione dei termini nei casi indicati dall'art. 3 la cui trattazione nel periodo feriale é tassativamente disposta dall'art. 92, primo comma, dell'Ordinamento giudiziario (r.d. n. 12 del 1941), in contrapposizione alla ammissione di tale facoltà che si riscontrerebbe, nel caso dei provvedimenti genericamente urgenti previsti dal secondo comma del citato art. 92, senza che tale diversità di trattamento trovi, secondo il giudice a quo, adeguata giustificazione.

Invero, secondo il sistema apprestato dal legislatore attraverso l'impugnato art. 3 della legge, la sospensione "non si applica" alla totalità dei casi previsti dall'art. 92 dell'Ordinamento giudiziario e dagli artt. 429 e 459 del codice di procedura civile. La disciplina impugnata si traduce, cioè, nella operatività della esclusione della sospensione in tutte le ipotesi come sopra previste, giusta il criterio unitariamente ivi sancito, che dispone la trattazione nel periodo feriale tanto delle cause indicate come urgenti in funzione del loro oggetto, in base ad una ragionevole presunzione del legislatore (cioè di quelle relative ad alimenti, a rapporti di lavoro, alle controversie in materia di assistenza e previdenza obbligatoria, ai procedimenti cautelari, di sfratto, di opposizione all'esecuzione, di dichiarazione e revoca di fallimenti), quanto di quelle solo genericamente previste come urgenti, in relazione alla molteplice realtà dei rapporti, che ovviamente esclude la previsione analiticamente completa di tutte le possibili ipotesi. La sola differenza risiede nella circostanza che, per queste ultime, occorre una espressa dichiarazione del giudice che riconosce l'urgenza. La normativa in esame non pone, cioè, l'obbligatorietà della trattazione delle cause del primo gruppo in contrapposto ad una mera facoltà di trattazione di quelle del secondo gruppo, ma prevede soltanto modalità diverse del generale obbligo di trattazione, in funzione della diversa natura dell'urgenza delle cause, presunta nel primo caso, da accertarsi dal giudice nel secondo.

Ciò esclude la sussistenza della lamentata differenziazione di disciplina e dà comunque sufficiente ragione del sistema adottato, escludendo così il lamentato contrasto con il principio di eguaglianza che, come é costante giurisprudenza di questa Corte, in tanto può sussistere in quanto a situazioni omogenee venga applicato, senza ragionevole motivo, un trattamento differente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 (Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza 10 gennaio 1972 del giudice conciliatore di La Spezia.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 15 maggio 1974.