Sentenza n. 125 del 1974
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SENTENZA N. 125

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 99, primo comma, e 113, quinto comma, del d.P.R.30 marzo 1957, n. 361 (Testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati), promosso con ordinanza emessa l'11 aprile 1972 dal pretore di Prato nel procedimento penale a carico di Bartelloni Bruno, iscritta al n. 195 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 165 del 28 giugno 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri:

udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 1974 il Giudice relatore Paolo Rossi;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un procedimento a carico di Bruno Bartelloni, imputato del reato previsto e punito dall'art. 99 d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, per aver turbato una riunione di propaganda elettorale, il pretore di Prato ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, questione incidentale di legittimità costituzionale della suddetta norma incriminatrice nonché dell'art. 113, quinto comma, del citato d.P.R., che sancisce l'inapplicabilità del beneficio della sospensione condizionale della pena in ordine ai reati elettorali.

Osserva il giudice a quo che l'impugnato art. 99, primo comma, del t.u. delle norme sull'elezione della Camera dei deputati, nel comminare identica pena (reclusione da uno a tre anni, oltre la multa) tanto per l'ipotesi dell'impedimento della riunione elettorale quanto per quella della mera turbativa, operando una completa equiparazione, quoad poenam, delle due diverse fattispecie, contrasterebbe con il principio costituzionale d'eguaglianza. Inoltre il citato art. 113, parimenti impugnato, poiché deroga ai principi vigenti in tema di sospensione condizionale della pena unicamente a cagione della natura elettorale del reato, prescindendo dall'entità della pena e dalla pericolosità del reo, sembra rappresentare un'ingiustificata discriminazione in violazione dello stesso principio d'eguaglianza nonché del principio dell'emenda perché non consente ad un delinquente primario, assoggettandolo ad una lunga detenzione, di redimersi attraverso il rimprovero contenuto nella prima condanna.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato il 17 luglio 1972, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione proposta.

Osserva la difesa dello Stato che la previsione di pene edittali contenute tra gli stessi minimi e massimi tanto per il caso di impedimento delle riunioni di propaganda elettorale quanto per l'ipotesi di semplici turbative delle medesime, non appare affatto arbitraria e costituisce esercizio di discrezionalità politico- legislativa. Rileva inoltre l'Avvocatura che il giudice a quo, nel riproporre la questione concernente il divieto di concessione della sospensione condizionale della pena, già respinta dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 48 del 1962 e n. 26 del 1970, non ha prospettato nuovi motivi degni di considerazione. Infatti l'eventualità che l'assoggettamento alla pena contrasti con l'art. 27 della Costituzione sembra una contraddizione in termini posto che proprio secondo tale norma l'esecuzione delle pene deve tendere alla rieducazione del condannato.

 

Considerato in diritto

 

1. - La Corte é chiamata a decidere se l'art. 99, primo comma, del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, secondo cui é punito con la reclusione da uno a tre anni, oltre che con la multa, sia chi impedisce una riunione elettorale, sia chi ne turba lo svolgimento, contrasti o meno con il principio costituzionale d'eguaglianza equiparando, quoad poenam, due fattispecie oggettivamente diverse per gravità.

La questione é infondata.

É vero che l'impedimento della riunione elettorale costituisce fatto più grave della semplice turbativa in ordine al bene direttamente tutelato, rappresentato dal regolare svolgimento della competizione elettorale. Va peraltro osservato che la turbativa dei comizi é un evento assai pericoloso per la sicurezza pubblica, tale da giustificare, sotto questo profilo, la previsione di pene edittali altrettanto gravi e pari a quelle previste per l'ipotesi d'impedimento. Il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità politica, non ha quindi operato arbitrariamente, sicché non sussiste l'illegittimità denunziata.

Né può ignorarsi che la norma impugnata viene applicata dal giudice nell'esercizio di un potere discrezionale di graduazione della pena, per effetto del quale potrà irrogare una sanzione congrua rispetto all'effettiva gravità della condotta.

2. - Il pretore di Prato ha altresì denunciato, in riferimento all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, l'art. 113, quinto comma, del citato d.P.R. n. 361 del 1957, che vieta la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena agli autori di reati elettorali. Tale norma é stata espressamente abrogata con legge 27 dicembre 1973, n. 933, entrata in vigore dopo l'emanazione dell'ordinanza di rimessione. Pertanto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, é d'uopo rinviare gli atti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza alla stregua dello Jus superveniens.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 99, primo comma, del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Testo unico delle leggi per la elezione della Camera dei deputati), sollevata, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe indicata;

ordina la restituzione degli atti al pretore di Prato per un nuovo esame della questione concernente l'art. 113, quinto comma, del citato testo unico.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 maggio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria l'8 maggio 1974.