Sentenza n. 113 del 1974
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SENTENZA N. 113

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ  

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34, primo comma, della legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista), promosso con ordinanza emessa il 12 gennaio 1972 dal tribunale di Milano sui ricorsi riuniti di Buttiglione Floriana ed altri contro il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, iscritta al n. 110 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 122 del 10 maggio 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 marzo 1974 il Giudice relatore Angelo De Marco;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Il tribunale di Milano, chiamato a giudicare sui distinti ricorsi proposti da tre aspiranti alla iscrizione al registro dei praticanti giornalisti le di cui domande erano state respinte dai competenti organi professionali, ai sensi dell'art. 34, comma primo, della legge 3 febbraio 1963, n. 69, in quanto i giornali presso i quali avevano iniziato la pratica non rientravano fra quelli abilitati allo svolgimento del tirocinio giornalistico, mancando le relative redazioni del numero di giornalisti preveduto dalla citata norma, con ordinanza 12 gennaio 1972, riuniti i tre ricorsi, pur non contestando la legittimità costituzionale della disciplina dell'esercizio della professione di giornalista di cui alla legge n. 69 del 1963, riteneva rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 21 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del primo comma dell'art. 34 di detta legge.

Dopo gli adempimenti di legge, la questione, così prospettata, viene oggi alla cognizione della Corte.

É intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con l'atto d'intervento depositato il 30 maggio 1972, confutate le argomentazioni dell'ordinanza di rinvio, chiede che le proposte questioni vengano dichiarate infondate.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il primo comma dell'art. 34 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, sull'ordinamento della professione di giornalista, dispone che la pratica giornalistica deve svolgersi presso un quotidiano o presso il servizio giornalistico della radio e della televisione, o presso un'agenzia quotidiana di stampa a diffusione nazionale e con almeno 4 giornalisti professionisti redattori ordinari, o presso un periodico a diffusione nazionale e con almeno 6 giornalisti professionisti redattori ordinari.

Secondo l'ordinanza di rinvio, pur non intendendosi contestare, in via generale, la legittimità costituzionale della disciplina dell'esercizio professionale, del resto già affermata dalla sentenza di questa Corte 21 marzo 1968, n. 11, seri dubbi sussisterebbero in ordine alla ragionevolezza del criterio, in base al quale viene determinata l'abilitazione dei giornali allo svolgimento del tirocinio giornalistico, ossia quello del numero di giornalisti professionisti addetti alle rispettive redazioni.

Dall'asserita mancanza di ragionevolezza di quel criterio discenderebbero le violazioni delle seguenti norme costituzionali:

a) dell'art. 3, in quanto a parità di lavoro prestato, si farebbe discendere una grave disparità di trattamento, quale la esclusione dalla iscrizione sul registro dei praticanti e conseguente preclusione della possibilità di conseguire l'abilitazione all'esercizio professionale, soltanto in base al criterio arbitrario ed irrazionale del numero dei giornalisti professionisti addetti alla redazione del giornale o dell'agenzia presso i quali quel servizio sia stato prestato;

b) dell'art. 4, in quanto, sempre in base ad un criterio arbitrario ed irrazionale, si limiterebbe la libertà di scelta del proprio lavoro;

c) dell'art. 21, in quanto, per le stesse ragioni, si porrebbe un limite incongruo alla libertà dell'attività giornalistica.

2. - Come sopra si é posto in rilievo, con l'ordinanza di rinvio non si contesta la legittimità della disciplina dell'esercizio della professione di giornalista, così come attuata con la legge 3 febbraio 1963, n. 69, in conformità con i principi affermati dalla sentenza di questa Corte n. 11 del 1968.

In conseguenza non si contesta, in astratto, la legittimità delle norme di tale legge relative al tirocinio necessario per l'ammissione agli esami per l'abilitazione all'esercizio di quella professione, ma si censura in concreto, affermando che sia arbitrario, pretestuoso, artificioso, comunque irrazionale, il criterio adottato dal legislatore, con la norma denunziata, per determinare i requisiti necessari perché un giornale o una agenzia giornalistica possano essere ritenuti idonei per un utile tirocinio.

Da questo presupposto, poi, si fa discendere la illegittimità costituzionale di detto criterio sotto i tre profili sopra esposti.

La materia del contendere, quindi, si concentra nell'accertamento della esattezza di tale presupposto.

Al riguardo si rileva che la determinazione dei requisiti necessari o meramente sufficienti perché un giornale o una agenzia giornalistica possano essere ritenuti idonei ad assicurare un tirocinio utile per la preparazione all'esercizio di una professione delicata ed importante, anche sotto il profilo dell'interesse pubblico, quale quella giornalistica, implica apprezzamenti e valutazioni che sicuramente rientrano nella potestà di scelta appartenente al legislatore, non sindacabile se non sotto il profilo dell'assoluta irragionevolezza.

Una tale irragionevolezza non può evidentemente desumersi da semplici affermazioni apodittiche, non confortate da alcuna considerazione concreta, quali quelle contenute nell'ordinanza di rinvio.

Né é desumibile dalla realtà effettuale poiché, anzi, dall'ampiezza e dalla strutturazione delle redazioni può logicamente dedursi che la pratica professionale abbia a svolgersi in modo più efficace e completo.

3. - Dato che, come si é sopra posto in rilievo, tutti e tre i profili di illegittimità prospettati con tale ordinanza poggiano su quel presupposto, le questioni sottoposte all'esame della Corte debbono essere dichiarate infondate.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma primo, della legge 3 febbraio 1963, n. 69 (Ordinamento della professione di giornalista), sollevate, con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 4 e 21 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 23 aprile 1974.