Sentenza n. 111 del 1974
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SENTENZA N. 111

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 1, 5 e 8 della legge 1 giugno 1971, n. 425 (chiusura settimanale dei pubblici esercizi), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 7 aprile 1972 dal pretore di Legnano nel procedimento penale a carico di Petruzzi Giuseppe, iscritta al n. 188 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 del 21 giugno 1972;

2) ordinanza emessa il 26 giugno 1972 dal pretore di Forlì nel procedimento penale a carico di Sansavini Ebe, iscritta al n. 290 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 233 del 6 settembre 1972;

3) ordinanza emessa il 13 novembre 1972 dal pretore di Cesena nel procedimento penale a carico di Casanova Zelmira, iscritta al n. 420 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48 del 21 febbraio 1973;

4) ordinanza emessa il 9 marzo 1973 dal pretore di Napoli nel procedimento penale a carico di Castaldi Giuseppe, iscritta al n. 182 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 176 dell'11 luglio 1973.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 marzo 1974 il Giudice relatore Leonetto Amadei;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso del procedimento penale a carico di Giuseppe Petruzzi, imputato del reato di cui agli artt. 1, 5 e 8 della legge 1 giugno 1971, n. 425, per non avere in Parabiago ottemperato alla chiusura settimanale del proprio esercizio di trattoria nella giornata di turno di riposo (lunedì 27 dicembre 1971), il pretore di Legnano ha sollevato d'ufficio, con ordinanza 7 aprile 1972, la questione di legittimità costituzionale degli articoli di cui sopra, in riferimento all'art. 41 della Costituzione.

Nella motivazione dell'ordinanza, il pretore rileva che le norme di legge contestate nel disporre, per gli esercizi pubblici in esse indicati, la chiusura di una intera giornata nel corso di ogni settimana, secondo turni prestabiliti e comminando sanzioni penali per i contravventori, violerebbero l'articolo 41 della Costituzione, in quanto verrebbe intralciata la libera iniziativa economica, anche sotto il profilo della sua utilità sociale.

Vi é stata costituzione del solo Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. Questa, nelle sue deduzioni, sostiene la piena aderenza delle norme impugnate all'art. 41 della Costituzione, in quanto tenderebbero ad attuare un altro principio costituzionale in forza del quale "il lavoratore ha diritto al riposo settimanale" (art. 36). Non solo, ma la legge salvaguarderebbe anche gli esercenti da possibili sleali concorrenze senza comprimere quelle esigenze del pubblico alle quali il proponente ricollega il concetto di "utilità sociale" espresso dal secondo comma dello stesso art. 41 della Costituzione.

2. - Analoghe questioni, su sollecitazione di parte con adesione del p.m., sono state sollevate dal pretore di Forlì, con ordinanza del 26 giugno 1972, e dal pretore di Cesena, con ordinanza del 13 novembre 1972, limitatamente all'art. 1 della legge, nel primo caso, e all'art. 5, nel secondo.

Tali ordinanze sono prive di una specifica motivazione; comunque questa é senz'altro desumibile dalle specifiche richieste delle parti in giudizio, alle quali le ordinanze stesse si riportano.

3. - Identica, pure, la questione sollevata dal pretore di Napoli con ordinanza del 9 marzo 1973. La motivazione s'impernia sostanzialmente sugli argomenti sviluppati dal pretore di Legnano e investe gli stessi articoli della legge n. 425 del 1971.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le ordinanze dei pretori di Legnano, di Forlì, di Cesena e di Napoli propongono, in riferimento all'art. 41 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 5 e 8 della legge 1 giugno 1971, n. 425, per i quali i gestori degli esercizi pubblici in cui si somministrano per il consumo cibi e bevande debbono osservare la chiusura di una intera giornata nel corso della settimana in base a turni predisposti, incorrendo in una sanzione penale in caso di trasgressione dell'obbligo.

La questione non é fondata.

2. - Gli elementi di dubbio sulla costituzionalità delle norme impugnate prospettati dai proponenti si basano su considerazioni che non possono essere condivise. Si assume, in sostanza, che la disciplina disposta con la legge n. 425 del 1971 sottoporrebbe la libera iniziativa economica, costituzionalmente tutelata dall'art. 41, a non ragionevoli o comunque ingiustificabili limitazioni e la svierebbe da uno dei fini che le sono propri, corrispondere, cioè nel senso più ampio, alla utilità sociale, intesa, anche, come possibilità massima e generalizzata per i cittadini di poter usufruire dei beni prodotti o dei servizi offerti.

3. - Vale premettere che questa Corte, più volte investita di questioni di legittimità costituzionale in riferimento all'articolo 41 della Costituzione, ha ripetutamente affermato, in linea generale, che la libertà dell'iniziativa economica privata non esclude l'intervento del legislatore per far sì che siano realizzate nel miglior modo le finalità alle quali la norma costituzionale ha inteso indirizzarla. La Corte ha altresì precisato che le finalità di cui sopra vanno considerate nel loro insieme, coordinate fra loro, in modo che la stessa libera iniziativa economica privata si sviluppi in armonia con tutte le fondamentali esigenze espresse nel contesto dello stesso art. 41 (sentenze nn. 29, 33, 50, 129 del 1957; 47, 52, 78 del 1958; 32 del 1959; 54 del 1962).

In senso specifico la Corte ha, infine, ritenuto che non contrastino con il concetto costituzionale di libera iniziativa privata le misure restrittive che leggi varie impongono in tema di obbligo di licenza, di limitazione d'orari, di disciplina dei prezzi, di conferimenti obbligatori, di concorrenza nella vendita di medicinali, di tutela della salute ecc. Trattasi di limitazioni tutte dettate al fine di indirizzare e coordinare l'attività economica ad esigenze di ordine sociale generale, di salvaguardare la sicurezza, la libertà e la dignità umana. Non può disconoscersi che, per quanto in particolare riguarda le limitazioni imposte dalla legge n. 425 del 1971 ai gestori dei pubblici esercizi, é certo che esse corrispondono alle esigenze di tutela di interessi contemplati nell'art. 41 della Costituzione.

Invero, il campo operativo dei concetti di "dignità umana", di "libertà", di "utilità sociale", di "fini sociali", ai quali si riferiscono il secondo e il terzo comma dell'art. 41, é quanto mai vasto e tale da circoscrivere il concetto di "libera iniziativa economica privata" espresso dal primo comma.

Per effetto del richiamo, i valori indicati nell'art. 41, secondo e terzo comma, trovano nello stesso articolo la loro piena tutela costituzionale nei confronti dell'imprenditore.

Anche la tutela del diritto del lavoratore al riposo settimanale costituisce una delle ragioni di finalità sociale e di salvaguardia della dignità umana poste a limite della libera iniziativa economica privata.

Né vale distinguere tra lavoratore dipendente e lavoratore in proprio, come si fa in una delle ordinanze. La legge, ovviamente, ha inteso tutelare anche il lavoratore in proprio creando, attraverso l'obbligo della chiusura, il presupposto logico-giuridico perché anch'egli possa usufruire del riposo settimanale.

Sotto questo profilo, pertanto, la scelta operata dal legislatore appare ragionevole e improntata ad un criterio di equità e di equiparazione delle condizioni.

Non può, d'altra parte, sottacersi la circostanza che l'impresa-esercizio pubblico viene a trovarsi, per ragioni di sicurezza, in una posizione particolare di fronte alle altre imprese sì da assumere anche un particolare carattere per i criteri e le regole di condotta a cui deve sottostare, per le ispezioni e i controlli a cui é sottoposta da parte dell'autorità amministrativa.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 5 e 8 della legge 1 giugno 1971, n. 425 (chiusura settimanale dei pubblici esercizi), sollevata dai pretori di Legnano, di Forlì, di Cesena e di Napoli, con le ordinanze in epigrafe, in riferimento all'art. 41 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI -  Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 23 aprile 1974.