Sentenza n. 109 del 1974
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SENTENZA N. 109

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALINO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 150 e 151 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa l'11 novembre 1971 dal tribunale di San Remo nel procedimento penale a carico di Zidouni Bouzid, iscritta al n. 49 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 90 del 5 aprile 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1974 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale a carico di Zidouni Bouzid imputato del delitto di sfruttamento della prostituzione ed altro, il tribunale di San Remo, accogliendo l'eccezione della difesa, con ordinanza 11 novembre 1971, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 150 e 151 del t.u. delle leggi di p.s. (r.d. 18 giugno 1931, n. 773) in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione.

Nell'ordinanza il tribunale premette di aver preso atto che lo Zidouni non é comparso in giudizio pur essendogli stata regolarmente notificata la relativa citazione, ma che dagli atti risulta che il medesimo, straniero, é stato espulso dal territorio dello Stato e iscritto nella rubrica di frontiera "per respingimento". Fa presente, poi, che la risoluzione della questione é rilevante per la definizione del giudizio, in quanto la statuizione del citato art. 151, secondo il quale lo straniero espulso dallo Stato per motivi di ordine pubblico - come deve essere considerato l'imputato - non può rientrarvi senza una speciale autorizzazione, incide sulla valutazione della legittimità dell'impedimento a comparire in giudizio, ai fini della dichiarazione di contumacia.

Nel procedimento avanti questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la dichiarazione di infondatezza della questione.

 

Considerato in diritto

 

Secondo il tribunale di San Remo, il divieto di rientrare nel territorio dello Stato senza autorizzazione del Ministro dell'interno, sancito dagli artt. 150 e 151 del t.u. delle leggi di p.s. per lo straniero espulso per motivi di ordine pubblico, violerebbe gli artt. 3 e 24 Cost. nel caso in cui lo stesso straniero, che debba rispondere di un reato, sia citato al dibattimento. Tale divieto porrebbe infatti un ostacolo legale alla comparizione nonostante la previsione della accennata autorizzazione, essendo questa subordinata all'espletamento di una speciale attività dell'interessato, e, per giunta, affidata alla discrezionalità dell'amministrazione.

La questione non é fondata.

L'esercizio del diritto di difesa non é ostacolato, né comunque menomato dalle norme impugnate, le quali disciplinano la posizione giuridica degli stranieri indesiderabili, colpiti da provvedimenti di espulsione dal territorio dello Stato. Il divieto di rientrare in Italia, che é collegato e conseguente al provvedimento di cui all'art. 150 del t.u. delle leggi di p.s. perché vale a rendere effettiva la espulsione, non é assoluto; viene a cessare, infatti, allorquando intervenga l'autorizzazione della pubblica amministrazione, che deve di volta in volta valutare i motivi per cui lo straniero espulso chiede di rientrare in Italia e predisporre, eventualmente, controlli onde evitare che egli continui a tenere quella condotta che ha dato luogo al provvedimento di espulsione. É vero che l'autorizzazione é affidata alla discrezionalità dell'amministrazione, ma essa trova pur sempre un limite nel rispetto delle esigenze della giustizia, sicché non può essere negata allorquando l'espulso si trovi nella necessità di comparire davanti al giudice per difendersi da una imputazione. Soltanto quindi un provvedimento illegittimo - come bene osserva l'Avvocatura dello Stato - potrebbe vulnerare il diritto di difesa costituzionalmente garantito; ma contro siffatto provvedimento é ben ammesso il sindacato giurisdizionale.

Né ha alcun fondamento l'argomento addotto dalla ordinanza di rimessione che le norme in questione vengono a porre lo straniero espulso in condizione ingiustamente deteriore rispetto a tutti gli altri soggetti dal momento che l'autorizzazione non viene concessa di ufficio ma é subordinata all'espletamento di una speciale attività dell'interessato. Ed invero, lo straniero espulso non può vantare una parità sostanziale di posizione col cittadino italiano imputato, perché non può escludersi in via generale che fra cittadino e straniero, ancorché uguali nella titolarità di certi diritti, esistano differenze di situazioni che possano giustificare un loro diverso trattamento (sent. n. 104 del 1969); e - nel caso in esame - l'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato crea per lo stesso una posizione giuridica diversa, che giustifica l'adozione di particolari provvedimenti, i quali non compromettono, per le ragioni su indicate, l'esercizio del diritto di difesa, pur richiedendo l'adempimento di determinati oneri.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 150 e 151 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (r.d. 18 giugno 1931, n. 773), sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, con ordinanza 11 novembre 1971 del tribunale di San Remo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 23 aprile 1974.