Sentenza n. 99 del 1974
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SENTENZA N. 99

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 156, primo comma, del codice civile, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 14.ottobre 1971 dal tribunale di Gorizia nel procedimento civile vertente tra Ziglio Ezio e Zacutti Egle, iscritta al n. 79 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 104 del 19 aprile 1972;

2) ordinanza emessa il 27 marzo 1973 dalla Corte d'appello di Genova nel procedimento civile vertente tra Ghiani Pietro e Contin Renata, iscritta al n. 246 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 dell'8 agosto 1973.

Udita nella camera di consiglio del 19 febbraio 1974 la relazione del Presidente Francesco Paolo Bonifacio.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Con ordinanza del 14 ottobre 1971, emessa in un procedimento civile tra Ezio Ziglio ed Egle Zacutti il tribunale di Gorizia ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, una questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 156, primo comma, del codice civile.

Nel provvedimento di rimessione, premesso che secondo la costante ed univoca interpretazione giurisprudenziale sui coniugi consensualmente separati continua a gravare il reciproco obbligo di fedeltà coniugale, il giudice a quo osserva che in tal modo si stabilisce un trattamento eguale per situazioni obbiettivamente diverse, quali sono quelle dei coniugi non separati e dei coniugi separati: per i primi all'obbligo di fedeltà si accompagnano "l'obbligo reciproco della coabitazione e dell'assistenza e la doverosa reciproca disponibilità sessuale", per i secondi quell'obbligo, avulso dal complesso regime che ne costituisce motivazione e giustificazione, si risolve "in un innaturale e difficilmente sopportabile dovere di astinenza sessuale". L'eguale trattamento di situazioni nettamente differenziate - non giustificato dall'unità della famiglia già venuta meno con la separazione né dal principio dell'indissolubilità del matrimonio oramai non più vigente nella nostra legislazione - comporterebbe, ad avviso del tribunale, il contrasto fra l'art. 156, primo comma, del codice civile, nella parte in cui impone ai coniugi separati consensualmente l'obbligo della fedeltà coniugale, e l'art. 3 della Costituzione.

2. - Con ordinanza del 27 marzo 1973, emessa in un procedimento civile tra Pietro Ghiani e Renata Contin, la Corte di appello di Genova ha sollevato un'identica questione di legittimità costituzionale.

3. - Nei due giudizi non si sono costituite le parti private e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. Le cause vengono pertanto decise in camera di consiglio.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le ordinanze indicate in epigrafe propongono la stessa questione di legittimità costituzionale e di conseguenza i relativi giudizi vanno riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - L'art. 156, primo comma, del codice civile é stato denunziato - con espressa limitazione alla sola ipotesi di "separazione consensuale" - nella parte in cui esso dispone che i coniugi separati debbano osservare l'obbligo della fedeltà coniugale. Ad avviso del tribunale di Gorizia e della Corte di appello di Genova, l'imposizione di un siffatto, identico dovere ai coniugi non separati (per i quali vigono altresì gli obblighi della coabitazione e dell'assistenza) ed ai coniugi separati (per i quali coabitazione ed assistenza vengono meno) darebbe luogo ad una disciplina identica per situazioni nettamente diverse e di conseguenza contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione.

3. - Secondo la costante interpretazione dei giudici ordinari, dalla quale questa Corte non ha ragione di discostarsi, in forza dell'art. 156, primo comma, cod. civ. il dovere di ciascun coniuge di osservare la fedeltà coniugale permane, inalterato nel suo contenuto, pur dopo la separazione personale: sicché esatta é la premessa dalla quale muovono le ordinanze di rimessione, e cioè che de iure condito un identico obbligo di fedeltà viene imposto ai coniugi non separati ed ai coniugi separati. Può aggiungersi che nel vigente ordinamento all'identità dell'obbligo corrisponde una piena, assoluta identità di sanzione. Ed infatti - venuta meno (per effetto delle sent. n. 126 del 1968 e n. 147 del 1969 di questa Corte) la disciplina penalistica dell'adulterio, la quale prevedeva, rispetto ai coniugi non separati, un trattamento differenziato per il coniuge separato per colpa dell'altro coniuge (non punibilità: art. 561, secondo comma, c.p.) e per il coniuge separato per colpa propria, per colpa di entrambi o per mutuo consenso (diminuzione della pena: cit. art. 561, ultimo comma) - la violazione della fedeltà nella quale sia incorso il coniuge, separato o non separato che sia, dà luogo alla stessa sanzione: l'adulterio é causa di "separazione per colpa" o di conversione in "separazione per colpa" di un preesistente stato di separazione consensuale o di separazione per colpa dell'altro coniuge.

4. - Per accertare se la constatata, indubbia identità di obbligo e di sanzione per i coniugi non separati e per i coniugi consensualmente separati contrasti o meno con l'art. 3 Cost. occorre verificare se, sotto il profilo che qui viene in evidenza, le due situazioni giuridiche messe a raffronto presentino o meno quel minimo di omogeneità che possa ragionevolmente giustificare un trattamento indifferenziato.

A tal proposito la Corte ritiene che gli obblighi derivanti dal matrimonio, così come sanciti nell'art. 143 ed indirettamente nell'art. 151 cod. civ., debbano esser valutati in un quadro unitario o nella loro stretta correlazione; e, in particolare, rileva che l'obbligo di fedeltà, in quanto si traduca in dovere di astensione da ogni rapporto sessuale con terzi, non può non essere collegato con il diritto - dovere che ha ad oggetto la disponibilità fisica dell'un coniuge nei confronti dell'altro. Sarebbe contrario alla natura delle cose ed alla stessa ratio che ispira nel suo complesso il regime giuridico del rapporto matrimoniale negare che fra diritto alle prestazioni sessuali dell'altro coniuge e dovere di astenersi da atti di adulterio corra un rapporto così stretto da giustificare la conclusione che trattasi di due aspetti di una inscindibile disciplina giuridica.

Ciò posto, risulta evidente che, una volta che con la separazione sia venuta meno la coabitazione con i connessi diritti e doveri, la permanenza dell'obbligo di assoluta fedeltà, che in quella trovava il suo ragionevole presupposto, si traduce in un ugual trattamento giuridico di situazioni giuridicamente differenziate e comporta di conseguenza, secondo i principi costantemente affermati da questa Corte, la violazione dell'art. 3 della Costituzione.

5. - Quanto fin qui si é detto non giustifica tuttavia un integrale accoglimento della questione così come proposta dalle due ordinanze.

Va infatti considerato che fra gli obblighi imposti dal matrimonio a ciascun coniuge c'é quello di astenersi da comportamenti che costituiscano ingiuria grave all'altro coniuge (art. 151 cod. civ.) e che siffatto dovere non può non permanere dopo la separazione, atteso che esso non solo é pienamente compatibile col nuovo assetto dei rapporti fra i coniugi ma é coessenziale al vincolo che continua a legarli. Orbene, si deve pur rilevare che atti di infedeltà coniugale possono costituire, per il concorso di concrete circostanze, ingiuria grave all'altro coniuge: ipotesi coerente con le stesse valutazioni fatte dal legislatore, il quale nell'originario testo dell'art. 151 (il cui secondo comma fu da questa Corte dichiarato illegittimo - sent. n. 127 del 1968 - solo perché fonte di ingiustificata disparità di trattamento fra marito e moglie) considerava l'adulterio come ingiuria grave se ed in quanto concorressero circostanze atte ad integrarla.

In base a siffatta considerazione si deve giungere alla conclusione che la disposizione impugnata é illegittima, nel limitato contenuto oggetto del presente giudizio, solamente nella parte in cui, in tema di fedeltà coniugale ed in riferimento al relativo obbligo, essa impone al coniuge consensualmente separato anche quei comportamenti che non siano idonei a costituire ingiuria grave all'altro coniuge.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 156, primo comma, del codice civile nella parte in cui, disponendo che per i coniugi consensualmente separati perduri l'obbligo reciproco di fedeltà, non limita quest'ultimo al dovere di astenersi da quei comportamenti che, per il concorso di determinate circostanze, siano idonei a costituire ingiuria grave all'altro coniuge.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 18 aprile 1974.