Sentenza n. 85 del 1974
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SENTENZA N. 85

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 2120, primo e terzo comma, del codice civile; del d.P.R. 2 ottobre 1960, n. 1402, nella parte in cui recepisce l'art. 13 del contratto collettivo nazionale di lavoro per i viaggiatori e piazzisti delle aziende industriali 10 giugno 1952; del d.P.R. 26 dicembre 1961, n. 1698, nella parte in cui ha reso efficace ergs omnes l'art. 4 del contratto collettivo provinciale 26 gennaio 1955 per i dipendenti di aziende artigiane della provincia di Macerata; e dell'art. 17, lett. b, della legge 2 aprile 1958, n. 339 (Tutela del rapporto di lavoro domestico), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 25 febbraio 1971 dal tribunale di Perugia nel procedimento civile vertente tra Versiglioni Mario e la società Van Den Bergh, iscritta al n. 486 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37 del 9 febbraio 1972;

2) ordinanza emessa il 1 maggio 1972 dal pretore di Recanati nel procedimento penale a carico di Ercoli Giuliano, iscritta al n. 220 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 187 del 19 luglio 1972;

3) ordinanza emessa il 27 aprile 1972 dal pretore di Legnano nel procedimento civile vertente tra Pangere Bojona e Terreni Francesco, iscritta al n. 331 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 296 del 15 novembre 1972.

Udito nella camera di consiglio del 24 gennaio 1974 il Giudice relatore Leonetto Amadei.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con verbale dell'11 ottobre 1971, l'ispettore del lavoro di Macerata denunciava al pretore di Recanati Giuliano Ercoli di Montelupone per non aver corrisposto, all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, all'apprendista Umberto Palmioli l'indennità di anzianità in proporzione al periodo di lavoro prestato (dal 10 giugno al 12 dicembre 1970).

L'ispettorato precisava nella denuncia che, dovendosi considerare l'indennità di anzianità come quota parte della retribuzione, al lavoratore dovevano essere versati tanti dodicesimi di indennità per ogni mese di lavoro prestato e ciò nonostante il disposto dell'art. 4 del contratto collettivo provinciale per i dipendenti di aziende artigiane della provincia di Macerata, reso efficace erga omnes con d.P.R. del 26 dicembre 1961, n. 1698, il quale stabilisce che l'indennità cui trattasi deve essere corrisposta nella misura di giorni quattro di salario per ogni anno di anzianità, dal primo anno compiuto al quinto.

Il pretore, sospeso il procedimento penale correlativo alla denuncia, sollevava d'ufficio la questione incidentale di legittimità costituzionale:

a) dell'articolo unico del d.P.R. 26 dicembre 1961, n. 1698, limitatamente alla parte in cui ha reso efficace erga omnes l'art. 4 del contratto collettivo provinciale del 26 gennaio 1955 per i dipendenti di aziende artigiane della provincia di Macerata, con specifico riferimento agli incisi del primo comma "licenziato non per mancanze disciplinari", e "dal primo anno compiuto";

b) dell'art. 2120 del codice civile, comma primo, limitatamente all'inciso "gli anni di", e comma terzo, nella parte in cui consentono che le norme della contrattazione collettiva, gli usi o l'equità possano limitare il diritto del prestatore di lavoro subordinato alla retribuzione differita costituita dall'indennità di anzianità. Ambedue le questioni vengono sollevate in riferimento all'art. 36, primo comma, della Costituzione.

La rilevanza della questione viene prospettata sotto il profilo della dipendenza del procedimento penale in corso dalla decisione della Corte della questione stessa.

La non manifesta infondatezza troverebbe riscontro, per il proponente, in numerose decisioni della Corte costituzionale e, in particolare, nelle sentenze n. 75 del 1968 e n. 204 del 1971, aventi per oggetto questioni analoghe.

Per tali sentenze l'indennità di anzianità costituirebbe parte della retribuzione, la cui corresponsione verrebbe differita alla cessazione del rapporto di lavoro.

2. - Con atto di citazione notificato il 29 maggio 1971, Bojona Pangere conveniva in giudizio, davanti al pretore di Legnano, Francesco Terreni per ottenere il pagamento, oltre ad altre competenze, anche della indennità di anzianità commisurata al periodo durante il quale aveva prestato opera di domestica alle sue dipendenze.

Il pretore, con ordinanza 27 aprile 1972, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, lett. b, della legge 2 aprile 1958, n. 339, in riferimento all'art. 36 della Costituzione.

Detto articolo prevede che l'indennità di anzianità venga corrisposta a coloro che abbiano maturato un anno di servizio, escludendo, pertanto, dal godimento di essa i prestatori di opera che tale anno non abbiano maturato.

La rilevanza della questione nel giudizio cui trattasi sarebbe data dal fatto che solo dalla decisione dipenderebbe l'accoglimento o meno della domanda attrice per la parte relativa alla rivendicata indennità di anzianità.

3. - Con atto di citazione notificato il 10 gennaio 1966, Mario Versiglioni conveniva in giudizio davanti al tribunale di Perugia, la società Van Den Bergh, per sentirla condannare al pagamento, tra l'altro, della indennità di anzianità a seguito di interruzione del rapporto di lavoro per licenziamento in tronco motivato da "gravi mancanze".

Nel corso del giudizio l'attore eccepiva la illegittimità costituzionale dell'art. 13 del contratto collettivo nazionale di lavoro per viaggiatori e piazzisti delle aziende industriali del 10 giugno 1952, reso efficace con d.P.R. 2 ottobre 1960, n. 1402, laddove prevede il licenziamento del dipendente, colpevole di gravi mancanze, senza diritto ad indennità.

Il tribunale, riportandosi al principio affermato in casi analoghi dalla Corte costituzionale, secondo il quale l'indennità di anzianità dovuta ai lavoratori dipendenti ha natura di retribuzione accantonata, per cui é da ritenersi costituzionalmente illegittimo l'art. 2120 del codice civile nella parte in cui esclude l'obbligo del pagamento di detta indennità in caso di colpa del lavoratore, faceva propria, con l'ordinanza suindicata, la richiesta della parte attrice, indubbiamente con riferimento all'art. 36 della Costituzione, ancorché non precisato né nella motivazione, né nel dispositivo.

4. - Non vi é stata costituzione delle parti e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le tre ordinanze sollevano, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, analoghe questioni di legittimità costituzionale in tema di liquidazione della indennità di anzianità a seguito di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e in particolare:

a) dell'articolo unico del d.P.R. 26 dicembre 1961, n. 1698, nella sua correlazione con l'art. 4 del contratto provinciale 26 gennaio 1955 per i dipendenti di aziende artigiane della provincia di Macerata; dell'art. 2120, comma primo e terzo, del codice civile (pretore di Recanati);

b) dell'art. 17, lett. b, della legge 2 aprile 1958, n. 339 (pretore di Legnano);

c) dell'articolo unico del d.P.R. 2 ottobre 1960, n. 1402, nella sua correlazione con l'art. 13 del contratto nazionale di lavoro per i piazzisti delle aziende industriali (tribunale di Perugia).

I vari giudizi, trattati congiuntamente, possono, pertanto, essere riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - In varie sentenze la Corte ha riconosciuto il contrasto tra l'art. 36 della Costituzione e le diverse disposizioni di legge che limitano o escludono, per questa o quella causa, il diritto del prestatore di lavoro ad una indennità proporzionata al periodo di servizio nel caso di cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Vale ricordare che la Corte:

a) con la sentenza n. 75 del 1968, ribadito che la indennità di anzianità riveste carattere retributivo, costituente parte del compenso dovuto per lavoro prestato la cui corresponsione viene differita al momento della cessazione del rapporto, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 2120, primo comma, del codice civile, nella parte in cui, nei casi di cessazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato, esclude il diritto del prestatore ad una indennità proporzionata agli anni di servizio allorquando la cessazione stessa derivi da licenziamento per colpa di lui o da dimissioni volontarie;

b) con sentenza n. 204 del 1971 ha ritenuto l'illegittimità costituzionale dello stesso articolo, comma primo, nella parte in cui, secondo la giurisprudenza prevalente, esclude che l'indennità di anzianità sia dovuta al prestatore di lavoro, quando la prestazione abbia avuto durata inferiore all'anno, colmando così una lacuna della legge 15 luglio 1966, n. 604, che, nell'art. 9, nel dettare disposizioni innovative nei confronti del detto articolo 2120, si é pur sempre riferita all'anno quale unità minima di tempo produttrice del diritto all'indennità cui trattasi:

c) con sentenza n. 85 del 1972 ha, infine, dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 17, comma primo, della legge 2 aprile 1958, n. 339 (per la tutela del rapporto di lavoro domestico), nella parte in cui esclude il diritto del prestatore di lavoro all'indennità di anzianità in caso di cessazione del rapporto per licenziamento in tronco.

3. - L'ordinanza del pretore di Legnano riguarda un caso di rivendicazione giudiziale, da parte del prestatore d'opera, della indennità di anzianità in un rapporto di lavoro domestico a tempo indeterminato, venuto a cessare prima della scadenza dell'anno.

Per il disposto dell'art. 17, lett. b, della legge 2 aprile 1958, n. 339, l'indennità non sarebbe dovuta.

Evidente appare il contrasto della norma con il principio enunciato dalla Corte con la ricordata sentenza n. 204 del 1971 che ha, appunto, dichiarato incostituzionale l'art. 2120, primo comma, del codice civile, nella parte in cui la norma impugnata ha tratto la sua derivazione. L'eccezione, pertanto, é fondata.

4. - A identica soluzione la Corte deve pervenire sulla questione sollevata dal tribunale di Perugia.

Nel caso, la cessazione del rapporto era stata determinata dal licenziamento in tronco per "gravi mancanze" del prestatore di lavoro.

La norma impugnata (art. 13 del contratto collettivo per la categoria di appartenenza del prestatore d'opera licenziato) prevede, nel primo comma, lett. f, il provvedimento disciplinare del licenziamento senza diritto ad indennità a carico del viaggiatore o piazzista.

Anche tale norma ha tratto la sua derivazione dall'articolo 2120 del codice civile, primo comma, dichiarato, come già premesso, incostituzionale con la sentenza n. 75 del 1968.

Devesi chiarire che la questione cui trattasi ha avuto origine da rapporti di lavoro già esauriti all'atto dell'entrata in vigore della legge n. 604 del 1966, che, nell'art. 9, dispone, invece, l'obbligo per il datore di lavoro di corrispondere al lavoratore l'indennità in qualsiasi caso di cessazione del rapporto, anche se per colpa di lui o per dimissioni volontarie.

5. - L'ordinanza del pretore di Recanati investe l'art. 4 del contratto provinciale del 26 gennaio 1955 per i dipendenti di aziende artigiane della provincia di Macerata nella parte in cui esclude il diritto all'indennità di anzianità qualora il rapporto di lavoro interrotto abbia avuto una durata inferiore all'anno o qualora l'interruzione di esso sia dovuta a licenziamento per mancanze disciplinari; nonché l'art. 2120 del codice civile, nella parte in cui, nel primo comma, prevede il decorso di un anno per il sorgere del diritto all'indennità e nella parte in cui, nel terzo comma, stabilisce che gli usi e l'equità possono concorrere a determinare l'ammontare dell'indennità stessa.

Per le argomentazioni svolte nel paragrafo terzo, é da accogliersi la prima eccezione relativa all'art. 4 del contratto collettivo (rapporto di lavoro cessato prima della scadenza dell'anno dal suo inizio).

É da respingersi, invece, perché inammissibile per difetto di rilevanza, la seconda eccezione relativa allo stesso art. 4 (licenziamento per mancanza disciplinare) e ciò in forza dell'art. 9 della legge n. 604 del 1966, attesoché il rapporto di lavoro di cui é controversia é sorto e cessato dopo l'entrata in vigore della legge.

Sono inammissibili, inoltre, per lo stesso motivo, le eccezioni che investono l'art. 2120 del codice civile, la prima delle quali rimane assorbita da quella identica sollevata per l'art. 4 del contratto collettivo; la seconda per essere, nel caso di specie, determinato dallo stesso contratto collettivo l'ammontare dell'indennità di anzianità.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1. - dichiara:

a) l'illegittimità costituzionale dell'art. 17, lett. b, della legge 2 aprile 1958, n. 339 (per la tutela del lavoro domestico), nella parte in cui esclude il diritto del prestatore di lavoro alla indennità di anzianità quando il rapporto di lavoro sia venuto a cessare prima della scadenza dell'anno;

b) l'illegittimità costituzionale dell'art. 13 del contratto nazionale di lavoro per i viaggiatori e piazzisti delle aziende industriali 10 giugno 1952, recepito dall'articolo unico del d.P.R. 2 ottobre 1960, n. 1402, nella parte in cui prevede il licenziamento senza indennità del dipendente colpevole di gravi mancanze;

c) l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 del contratto 26 gennaio 1955 per i dipendenti di aziende artigiane della provincia di Macerata, recepito dall'articolo unico del d.P.R. 26 dicembre 1961, n. 1698, nella parte in cui prevede la non corresponsione della indennità di licenziamento quando il rapporto di lavoro sia venuto a cessare prima della scadenza dell'anno;

2. - dichiara inammissibili per difetto di rilevanza le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal pretore di Recanati con l'ordinanza in epigrafe:

a) dell'art. 4 del precitato contratto collettivo per i dipendenti di aziende artigiane della provincia di Macerata, nella parte in cui esclude il diritto all'indennità di anzianità per interruzione del rapporto di lavoro per mancanze disciplinari, per essere stata la norma implicitamente abrogata dall'art. 9 della legge 15 luglio 1966, n. 604;

b) dell'art. 2120, primo e terzo comma, del codice civile.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 1974.

 

 

Depositata in cancelleria il 27 marzo 1974.