Sentenza n. 57 del 1974
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SENTENZA N. 57

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 31, secondo comma, e 35, quarto comma, della legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari), promosso con ordinanza emessa il 27 febbraio 1971 dal pretore di Mantova nel procedimento penale a carico di Roncaia Attilio, iscritta al n. 163 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 16 giugno 1971.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 gennaio 1974 il Giudice relatore Leonetto Amadei;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale a carico di Attilio Roncaia, imputato del reato di cui agli artt. 31,35 e 44, lett. c, della legge 4 luglio 1967, n. 580, la difesa prospettava al magistrato l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della Costituzione.

Il pretore, in accoglimento delle deduzioni della difesa, ha sollevato, con ordinanza del 27 febbraio 1971, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, limitatamente all'aggettivo "sola", e 35, quarto comma, limitatamente all'inciso "e non possono essere accompagnate da altre denominazioni o qualificazioni" della legge contestata, contenente disposizioni per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari, in riferimento al primo comma dell'art. 3 della Costituzione.

L'art. 31 della legge impugnata, dopo aver precisato, nel primo comma, la qualità, la quantità e il peso delle materie che debbono essere impiegate nella produzione della pasta all'uovo, stabilisce, nel secondo comma, che "la pasta prodotta con impiego di uova deve essere posta in commercio con la sola denominazione di pasta all'uovo".

L'art. 35, quarto comma, della stessa legge, prescrive che "le denominazioni della pasta, da apporre sull'imballaggio od involucro, devono essere quelle previste dagli artt. 28, 29, 30, 31, 32 e 33, devono essere apposte consecutivamente e non possono essere accompagnate da altre denominazioni o qualificazioni".

A parere del proponente le disposizioni su indicate sarebbero talmente drastiche da non consentire, intese letteralmente, neppure l'uso sull'involucro delle nomenclature tradizionali, conseguenti alla diversa natura del taglio e della forma in cui il prodotto viene lavorato e presentato. Non solo, ma la disciplina usata per la pasta alimentare si porrebbe in contrasto - e di qui la violazione dell'art. 3 della Costituzione - con la legge 30 aprile 1962, n. 283, modificata con legge 26 febbraio 1963, n. 441, che disciplina, sul piano generale, sotto il profilo igienico, la produzione e la vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.

Detta legge, infatti, porrebbe agli artt. 8 e 13 degli obblighi e dei divieti ai produttori di sostanze alimentari diversi e meno gravi di quelli imposti ai produttori di paste alimentari dalla legge n. 580 del 1967, che, invece, avrebbe dovuto adeguarsi alla stessa legge n. 283 del 1962. Mentre, infatti, l'art. 13 della legge n. 283 del 1962 fa solo divieto di "offrire in vendita o propagandare a mezzo della stampa o in qualsiasi altro modo, sostanze alimentari, adottando denominazioni o nomi impropri, frasi pubblicitarie, marchi o attestati di qualità o di genuinità da chiunque rilasciati, nonché disegni illustrativi tali da sorprendere la buona fede e da indurre in errore gli acquirenti circa la natura, sostanza, qualità o le proprietà nutritive delle sostanze alimentari", le norme contestate della legge n. 580 del 1967 estenderebbero il divieto anche all'uso di denominazioni "proprie", delle frasi pubblicitarie non atte a sorprendere la buona fede o trarre in errore gli acquirenti sulla natura, sostanza o qualità dell'alimento, e delle indicazioni cosiddette di "origine del prodotto" e che traggono spunto o riferimento dal luogo dove nasce o si produce la materia prima ovvero ha sede lo stabilimento.

L'indicazione "Le Mantovanelle" sovrastante una rappresentazione riproducente, in un insieme allegorico, il profilo dei più noti monumenti mantovani, costituirebbe, pertanto, una denominazione di origine lecita per l'art. 13 della legge del 1962, ma illecita per la legge del 1967.

Da tutto ciò, conseguirebbe un trattamento differenziato fra produttore di pasta alimentare e produttore di qualsiasi altra sostanza alimentare, non ragionevolmente giustificato da ragioni tecniche o dalla particolare natura dell'un prodotto rispetto agli altri.

Non vi é stata costituzione di parte.

É intervenuto, invece, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che ha presentato deduzioni in termine.

L'Avvocatura dello Stato contesta la denunciata violazione dell'art. 3 della Costituzione in quanto la particolare disciplina prevista dagli artt. 31 e 35 della legge n. 580 del 1967, rientrerebbe nell'ambito di una libera scelta politica del legislatore, che ha ritenuto opportuno dovere adottare disposizioni più restrittive in materia di paste alimentari al fine di evitare confusione e incertezze sulla natura del prodotto, una volta che ne é imposta in modo tassativo la precisa composizione ed evitare, altresì, una concorrenza fondata esclusivamente sui motivi di provenienza.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza del pretore di Mantova denuncia, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, gli artt. 31, comma secondo, e 35, comma quarto, della legge 4 luglio 1967, n. 580, nelle parti in cui, derogando alla disciplina generale prevista dall'art. 13 della legge 30 aprile 1962, n. 283, sulla produzione e vendita delle sostanze alimentari, impongono, per la messa in commercio della pasta prodotta con impiego di uova, la sola denominazione "pasta all'uovo", con divieto dell'apposizione sull'imballaggio e sull'involucro di altre denominazioni o qualificazioni o raffigurazioni.

La questione non é fondata.

2. - La legge 4 luglio 1967, n.580, che disciplina il settore specifico della lavorazione e commercio degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari, trae la sua derivazione dalla legge a carattere generale 30 aprile 1962, n. 283.

Peraltro, mentre quest'ultima ha di mira prevalentemente l'aspetto igienico, e a tal fine modifica alcune disposizioni del testo unico delle leggi sanitarie, della produzione e vendita delle sostanze alimentari in genere, la legge n. 580 del 1967 ha, invece, come oggetto specifico, la particolare tutela del consumatore da possibili atti di frode o di induzione in errore sulla composizione, natura e qualità del prodotto commerciato.

Tale disciplina differenziata é fondata su presupposti logici obiettivi, i quali razionalmente ne giustificano l'adozione.

Invero, questa Corte ha, in ripetute sentenze, affermato che il principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, non é violato quando risultano diversamente disciplinate situazioni che il legislatore considera diverse, purché il trattamento differenziato riguardi categorie e non già singoli soggetti.

Il legislatore, nel prescrivere, per la produzione e la vendita della pasta all'uovo, più appropriati criteri restrittivi di quelli di massima previsti dalla legge generale n. 283 del 1962, si é proposto di assicurare ai consumatori, anche nelle modalità di presentazione, maggiori garanzie e una più incisiva tutela circa la natura, la composizione e le caratteristiche qualitative e quantitative del prodotto smerciato e ciò prevalentemente al fine di eliminare ogni possibile abuso o induzione in errore.

Nel caso di specie, compete, pertanto, al giudice di merito stabilire, avuto riguardo alla ratio legis, se le modalità di presentazione del prodotto di cui trattasi abbiano o non abbiano rilevanza giuridica agli effetti penali.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 31, comma secondo, e 35, comma quarto, della legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari), sollevata, in riferimento all'art. 3, primo comma della Costituzione, dall'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 1974

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 6 marzo 1974.