Sentenza n. 30 del 1974
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SENTENZA N. 30

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 40, n. 4, del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), promosso con ordinanza emessa il 15 marzo 1971 dalla Corte suprema di cassazione - sezione II civile - nel procedimento civile vertente tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale e la società ARDEA, iscritta al n. 315 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 del 27 ottobre 1971.

Visto l'atto di costituzione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;

udito nell'udienza pubblica del 5 dicembre 1973 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;

uditi gli avvocati Antonio Giorgi e Sergio Traverso, per l'INPS.

 

Ritenuto in fatto

 

La Corte di cassazione, seconda sezione civile, con ordinanza emessa il 15 marzo 1971 nel procedimento civile vertente tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale e la S.p.a. ARDEA, ha proposto, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, una questione di legittimità costituzionale sull'art. 40, n. 4, del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

Secondo il giudice a quo, la norma impugnata, che esclude i portieri dall'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, non potrebbe essere riferita, come sostiene l'Istituto previdenziale ai soli portieri da annoverarsi tra i domestici e gli addetti ai servizi familiari, ma, in quanto prende in considerazione il servizio svolto dai portieri nei suoi caratteri obbiettivi e non in rapporto al soggetto dal quale essi dipendono, dovrebbe essere interpretata in modo da ricomprendere tutti i lavoratori addetti alla vigilanza e custodia degli stabili adibiti prevalentemente ad uso di abitazione.

Alla stregua di tale interpretazione, la Corte di cassazione, ritenendo che non sussistano per l'intera categoria dei portieri le ragioni che possono giustificare l'esonero operante per i lavoratori domestici, ravvisa nell'art. 40, n.4, del r.d.l. n. 1827 del 1935 una disparità di trattamento in contrasto con il principio di eguaglianza tutelato dall'art. 3 della Costituzione. Al riguardo la Cassazione osserva che, nel rapporto di lavoro dei portieri, benché non inerente all'esercizio di una impresa, il rischio di disoccupazione involontaria si prospetta con aspetti e modalità del tutto analoghi a quelli configurabili per i lavoratori dipendenti da imprese: tuttavia, mentre per i portieri di case di abitazione in condominio potrebbe, forse, ravvisarsi una diversità di situazione rispetto ai lavoratori il cui lavoro é inerente all'esercizio di una impresa, sicché potrebbe giustificarsi una disparità di trattamento a proposito dell'assicurazione contro i rischi della disoccupazione involontaria, assai difficilmente potrebbe ravvisarsi siffatta diversità per quanto riguarda i portieri che dipendano da un unico proprietario che dia in locazione gli appartamenti di un intero edificio a scopo di lucro; quanto meno sarebbe difficile ravvisare una diversità tale da giustificare la totale esclusione di quei dipendenti dalla previdenza relativa all'assicurazione per la disoccupazione.

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 del 27 ottobre 1971.

Nel giudizio dinanzi alla Corte si é costituito l'Istituto nazionale della previdenza sociale il quale, con deduzioni depositate in cancelleria il 15 novembre 1971, chiede che la Corte costituzionale, interpretando esattamente la norma dell'art. 40, n. 4, del r.d.l. n. 1827 del 1935, dichiari non fondata la dedotta questione di legittimità costituzionale.

Secondo l'Istituto previdenziale, invero, la questione sottoposta all'esame della Corte non riguarda la illegittimità della norma ma la sua interpretazione, perché la tesi della Cassazione, secondo la quale nel termine portieri debbono essere ricompresi i lavoratori addetti alla custodia di stabili adibiti prevalentemente ad uso di abitazione, senza distinzione alcuna tra abitazione singola, condominio di privati o impresa commerciale proprietaria dell'immobile, sarebbe fondata sulla sola interpretazione letterale della parola portieri, senza alcun riferimento ad altri fondamentali elementi ermeneutici quali la collocazione topografica della stessa espressione nel testo legislativo, lo spirito della legge e l'intenzione del legislatore.

All'udienza di discussione la parte costituita ha ulteriormente illustrate le proprie deduzioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'art. 40, comma primo, n. 4, del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, stabilisce che non sono soggetti all'assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria: "i domestici, i portieri e le persone addette, in genere, sotto qualsiasi denominazione, ai servizi famigliari". Tale norma di esenzione é stata poi espressamente abrogata dall'art. 20 del decreto delegato 31 dicembre 1971, n. 1403, ma l'abrogazione, con effetto ex nunc, non dispensa la Corte dall'esaminare la questione di legittimità costituzionale proposta, con l'ordinanza in epigrafe, dalla Corte di cassazione in rapporto alla norma di che trattasi, perché essa trova ancora applicazione ai fatti intervenuti sino alla data di entrata in vigore della legge abrogativa.

Secondo l'ordinanza di rimessione, quella norma, nella parte che si riferisce ai portieri, sarebbe illegittima perché, escludendo dagli oneri contributivi e dalle correlative prestazioni assicurative tutti i lavoratori addetti alla vigilanza e custodia di stabili prevalentemente adibiti ad uso di abitazione, violerebbe il principio di eguaglianza, in quanto comprenderebbe nella esenzione anche quei portieri che, per prestare il loro servizio alle dipendenze di imprese o di singoli titolari di immobili concessi in locazione, hanno gli stessi rischi di tutti gli altri lavoratori circa la eventualità di essere licenziati e di restare disoccupati.

2. - La questione non é fondata.

Non può essere condivisa l'opinione della Cassazione che, immutando la sua anteriore giurisprudenza, ha ritenuto che nella norma di esenzione siano compresi tutti i portieri, anche se dipendenti dai soggetti di cui si é sopra fatto cenno. Deve intendersi, invece, che, in quella norma, come appare dal contesto in cui essa si inserisce e dallo spirito che l'informa, vanno compresi i soli portieri dipendenti da nuclei familiari o da altri ad essi equiparabili, tra cui, primieramente, i condomini di più famiglie proprietarie di uno stesso immobile; il che costituisce poi il caso divenuto più comune.

La norma, così restrittivamente interpretata in base a criteri logici e sistematici, resta immune dalle proposte censure di incostituzionalità, perché differenzia nel trattamento assicurativo due categorie di portieri, quelli dipendenti da nuclei, lato sensu, familiari e quelli dipendenti da imprese, o da proprietari che, non abitandovi, locano l'intero immobile, in rapporto alle quali categorie il rischio attinente la disoccupazione é da considerarsi parimenti differenziato. É ovvio infatti che tra i nuclei famigliari titolari di appartamenti e coabitanti, e il portiere dello stabile si ha, con i frequenti contatti, l'instaurazione di un rapporto di personale conoscenza che induce le parti alla reciproca comprensione e, ove occorra, alla tolleranza, e comunque tale da rendere meno probabili avventate risoluzioni circa un proposito di licenziamento del dipendente da parte del datore di lavoro.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 40, comma primo, n. 4, del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, avente per oggetto "perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale", questione proposta dalla Corte di cassazione, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 13 febbraio 1974.