Sentenza n. 25 del 1974
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SENTENZA N. 25

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALINAO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2237, secondo e terzo comma, del codice civile, e dell'art. 10, secondo comma, della legge 2 marzo 1949, n. 144 (Approvazione della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali dei geometri), promosso con ordinanza emessa il 17 dicembre 1969 dal pretore di Postiglione nel procedimento civile vertente tra Viggiano Nicola e Carleo Nicola, iscritta al n. 159 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 16 giugno 1971.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 novembre 1973 il Giudice relatore Edoardo Volterra;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso del procedimento civile vertente tra Viggiano Nicola ed il geometra Carleo Nicola, il pretore di Postiglione con ordinanza emessa il 17 dicembre 1969 ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2237, secondo e terzo comma, del codice civile e 10, secondo comma, della legge 2 marzo 1949, n. 144, limitatamente alla parte in cui dispongono che il professionista può recedere dal contratto solo per giusta causa ed in modo da evitare pregiudizio al cliente.

Ritenuta la rilevanza della questione - trattandosi di opposizione a decreto ingiuntivo fondata su eccezione di avvenuto recesso del contratto senza giusti motivi da parte del geometra Carleo - il giudice a quo d'ufficio ha rilevato il contrasto delle norme denunciate con l'art. 3 della Costituzione, per la disparità di trattamento tra le parti nel rapporto di prestazione d'opera intellettuale.

Infatti l'esercizio del potere di recesso del professionista é subordinato alla sussistenza di una "giusta causa", cioè di un evento che renda impossibile la prosecuzione del rapporto, richiedendosi inoltre che il recesso stesso sia esercitato in modo da evitare pregiudizio al cliente, laddove questi può anticipatamente porre fine ad nutum al rapporto anche per mero capriccio e, quindi, prescindendo dalla esistenza o meno di una giusta causa e di danni eventualmente cagionati all'altra parte, col semplice rimborso, in favore del prestatore d'opera, delle spese sostenute e col pagamento del compenso per l'opera svolta.

2. - L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

É intervenuto dinanzi alla Corte costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione proposta venga dichiarata infondata.

Secondo l'Avvocatura il contratto di prestazione d'opera intellettuale riposa sul carattere assolutamente fiduciario del rapporto tra cliente e professionista, sicché é sembrato del tutto conseguenziale a tale concreta esigenza il fatto di consentire al primo di risolvere unilateralmente il rapporto, anche senza obbligo di giustificazione alcuna, quando detto rapporto fiduciario venga comunque a cessare.

Garantendo inoltre al professionista, così come le norme impugnate in effetti contemplano, l'integrale rimborso delle spese eventualmente da lui sostenute ed il pagamento del compenso per l'opera comunque prestata, si é venuta praticamente a coprire ogni eventuale possibilità di pregiudizio per gli interessi del medesimo, nel caso di revoca ad nutum del mandato conferitogli, dal momento che, oltre ai diritti patrimoniali di cui sopra, non sembra configurabile alcuna altra pretesa giuridica del prestatore d'opera intellettuale meritevole di tutela, tanto meno quella di un qualunque diritto alla prosecuzione del rapporto nonostante la dichiarata cessazione della fiducia del cliente nei suoi confronti.

Considerazioni analoghe non possono valere, invece, per ciò che concerne la posizione contrattuale del professionista: egli ha, é vero, il diritto di rifiutare, quando lo ritenga, l'accettazione dell'incarico ed é appunto in quella sede, nella fase cioè preliminare alla conclusione del contratto, che l'indubbio potere discrezionale di scelta, che anche al professionista deve essere riconosciuto, ha modo di potersi attuare.

Ma, quando tale scelta sia stata positivamente operata mediante l'accettazione dell'incarico, é evidente allora l'opportunità che la ipotesi della susseguente rinuncia venga ad essere ancorata alla sussistenza di valide ed obiettive ragioni, piuttosto che alla semplice volontà discrezionale del professionista, sia perché nei riguardi di quest'ultimo non appaiono invocabili quei motivi di ordine essenzialmente fiduciario che presiedono per contro alla scelta da parte del cliente, sia soprattutto a causa dell'assai grave e talvolta irreparabile pregiudizio agli interessi del committente che l'eventuale unilaterale abbandono del mandato da parte del professionista potrebbe in effetti determinare.

Se dunque non é contestabile la difformità di trattamento riservato dalle norme impugnate alle due summenzionate categorie contrattuali, sarebbe tuttavia da escludere che tale difformità si risolva in una violazione del precetto costituzionale di eguaglianza, rispondendo la stessa all'esigenza di disciplinare in modo diverso situazioni giuridiche diverse.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il giudice a quo solleva la questione di legittimità costituzionale riguardo all'art. 2237, secondo e terzo comma, del codice civile e all'art. 10, secondo comma, della legge 2 marzo 1949, n. 144, limitatamente alla parte in cui dispongono che il professionista può recedere dal contratto solo per giusta causa e in modo da evitare pregiudizio al cliente. Queste norme, secondo l'ordinanza, contrasterebbero con l'art. 3 della Costituzione in quanto creerebbero una disparità di situazione del professionista rispetto al cliente, il quale, invece, in base al disposto dei medesimi articoli, potrebbe porre fine ad nutum al rapporto, "anche", come afferma l'ordinanza, "per mero capriccio", prescindendo dall'esistenza o meno di una giusta causa e di danni eventualmente cagionati all'altra parte, col semplice rimborso, in favore del prestatore d'opera, delle spese sostenute e col pagamento del compenso per l'opera svolta.

2. - La questione é infondata. Le disposizioni denunciate non sono in contrasto con il principio di uguaglianza consacrato nell'art. 3 della Costituzione in quanto regolano razionalmente situazioni diverse che necessariamente sorgono dalla natura stessa del contratto di prestazione d'opera intellettuale e sono a questo consequenziali.

Come é unanimemente riconosciuto e confermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, tale contratto si basa sul carattere fiduciario del rapporto fra cliente e professionista. La prestazione che questo ultimo é tenuto a fornire non é fungibile e dipende dalla sua capacità personale: pertanto é proprio della natura stessa del contratto che al committente, il quale dubita che il prestatore dia sufficiente affidamento a che la sua opera possa realizzarsi e pertanto che si raggiunga lo scopo prefisso dal rapporto obbligatorio, sia riconosciuta la facoltà di recedere unilateralmente dal rapporto con effetto ex nunc.

Il diritto di recesso unilateralmente riconosciuto al cliente non crea una disparità di situazione nei confronti del prestatore d'opera, ma si sostanzia in una posizione contrattuale derivante razionalmente dalla struttura stessa del rapporto contrattuale e dalla diversa natura delle relative prestazioni.

Data la natura del contratto, é del tutto razionale che il prestatore d'opera non abbia diritto alla prosecuzione del rapporto, una volta che il committente abbia revocato l'incarico, così come é razionale che il medesimo prestatore d'opera non possa recedere discrezionalmente dal contratto se non per giusta causa ed in modo da evitare ogni pregiudizio al cliente. Egli, infatti, nella fase preliminare del contratto é libero di accettare o rifiutare l'incarico offertogli per la fiducia che il cliente ha riposto in lui. Una volta però che il prestatore d'opera abbia operato questo diritto di scelta e si sia obbligato a compiere l'attività commessagli, non può sottrarsi a tale obbligo se non per validi ed obbiettivi motivi e può recedere solo se non arreca pregiudizio agli interessi del committente.

Non può pertanto ravvisarsi alcun contrasto dell'art. 2237 del codice civile e dell'art. 10, secondo comma, della legge 2 marzo 1949, n. 144, con l'art. 3 della Costituzione in quanto la disparità delle situazioni e del trattamento del committente e del prestatore d'opera contemplate nell'articolo impugnato é del tutto razionale e risponde a imprescindibili esigenze oggettive.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2237 del codice civile e dell'art. 10, secondo comma, della legge 2 marzo 1949, n. 144 (Approvazione della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali dei geometri), in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dall'ordinanza del pretore di Postiglione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 13 febbraio 1974.