Sentenza n.160 del 1973
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SENTENZA N. 160

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge 13 novembre 1960, n. 1407 (norme per la classificazione e la vendita degli oli d'oliva), promosso con ordinanza emessa il 6 febbraio 1970 dal pretore di Ischia nel procedimento penale a carico di Castagliuolo Pasquale, iscritta al n. 324 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 290 del 17 novembre 1971.

Udito nella camera di consiglio del 4 ottobre 1973 il Giudice relatore Angelo De Marco.  

Ritenuto in fatto

Con ordinanza 6 febbraio 1970, emessa nel procedimento penale a carico di tal Pasquale Castagliuolo, negoziante di generi alimentari, imputato di aver posto in commercio "olio di oliva" miscelato con piccola quantità di olio di semi con acidità superiore a quella massima consentita, in violazione degli artt. 3 e 5 della legge 13 novembre 1960, n. 1407, il pretore di Ischia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 di detta legge, in forza del quale il Castagliuolo avrebbe dovuto essere punito.

Secondo tale ordinanza la norma denunziata sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, "in quanto crea una disparità di trattamento dei cittadini punendoli con la multa e la reclusione o l'ammenda a secondo delle condizioni sociali dei medesimi".

Dopo gli adempimenti di legge, poiché nessuna delle parti si é costituita in giudizio, ai sensi dell'art. 9, comma primo, delle Norme integrative 16 marzo 1956, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale del 24 marzo 1956, n. 71, la causa é venuta alla cognizione della Corte nell'odierna convocazione in camera di consiglio.

Considerato in diritto

1. - L'art. 8 della legge 13 novembre 1960, n. 1407, contenente "Norme per la classificazione e la vendita degli oli di oliva", statuisce che chi viola le disposizione dell'art. 5 sia punito con la multa di lire 200.000 per ogni quintale o frazione di quintale e con la reclusione fino ad un anno (primo comma), che le pene siano raddoppiate nei casi di particolare gravità (secondo comma) e siano diminuite fino alla metà se il fatto é di lieve entità (terzo comma). L'ultimo comma, infine, prevede che, se il fatto sia commesso dal produttore diretto e riguardi la vendita di modeste quantità, la pena sia costituita dall'ammenda sino a lire 300.000.

L'ordinanza di rimessione prospetta il dubbio che la descritta disciplina violi l'art. 3 della Costituzione, giacché una pena qualitativamente diversa (multa e reclusione ovvero ammenda) sarebbe prevista solo sul presupposto di una diversità di "condizioni sociali".

2. - La questione non é fondata.

Questa Corte, con costante giurisprudenza, ha deciso che rientra nella discrezionalità del legislatore statuire quali comportamenti debbano essere puniti e quali debbano essere la qualità e la misura della pena e che, finché siffatto potere sia contenuto, appunto, nei limiti della razionalità, non vi é violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Nel caso in esame non può dirsi, come il pretore di Ischia assume, che il trattamento meno severo per il produttore diretto che vende "modesta quantità" di prodotto sia ispirato a un non legittimo rilievo dato alla sua "condizione sociale" e che, di conseguenza, la disciplina dettata dall'art. 8, ispirata da discriminazioni non consentite dall'art. 3 della Costituzione, risulti illegittima.

Ed infatti, poiché le previsioni penali sono dettate dalla necessità di apprestare tutela a determinati beni di interesse sociale e di dissuadere da comportamenti che possano lederli o metterli in pericolo, ben può il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità politica, articolare diversamente, anche sotto il profilo qualitativo, le sanzioni in relazione alla maggiore o minore incidenza quantitativa del fenomeno che si vuol reprimere.

Orbene, nella specie, non può dirsi che irrazionalmente il legislatore abbia dato rilievo al maggior pericolo sociale costituito dalle adulterazioni e sofisticazioni commesse da commercianti o da industriali, e, corrispondentemente, al minor pericolo costituito dagli illeciti commessi, per piccole quantità, da produttori diretti: sicché il meno severo trattamento fatto dall'ultimo comma dell'impugnato art. 8 poggia non su una diversa "condizione sociale" del soggetto, sibbene su una discrezionale e non irrazionale valutazione fatta dal legislatore in ordine all'apprezzamento di situazioni obiettive e diverse.

Ne consegue che la disciplina penalistica in esame non viola l'art. 3 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi primo, secondo e terzo, della legge 13 novembre 1960, n. 1407 "Norme per la classificazione e la vendita degli oli di oliva", sollevata con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 novembre 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 21 novembre 1973.