Sentenza n.123 del 1973
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SENTENZA N. 123

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 259 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 25 marzo 1971 dal giudice istruttore del tribunale di Belluno nel procedimento penale a carico di Major Laura ed altri, iscritta al n. 222 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 177 del 14 luglio 1971.

Udito nella camera di consiglio del 14 giugno 1973 il Giudice relatore Leonetto Amadei.

Ritenuto in fatto

1. - In data 16 marzo 1971, il Procuratore della Repubblica di Belluno emetteva ordine di cattura obbligatorio nei confronti di Laura Major, imputata di furto continuato pluriaggravato con recidiva specifica reiterata infraquinquennale.

Ad esecuzione avvenuta, il difensore della donna chiedeva, per essa, la libertà provvisoria, in considerazione, tra l'altro, del fatto che trovavasi in stato di gravidanza.

Il p.m., rilevato che, nel caso, per il titolo del reato, non poteva né essere sospesa l'esecuzione del mandato di cattura, nonostante lo stato in cui trovavasi la donna, né concedersi la libertà provvisoria, richiedeva il giudice istruttore di sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 259 del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude la possibilità di sospendere l'esecuzione del provvedimento obbligatorio di cattura nei confronti di donna incinta, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione.

Il giudice istruttore, con ordinanza 25 marzo 1971, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del precitato art. 259 c.p.p., nei termini della richiesta del p.m., facendone proprie le deduzioni.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata.

Non vi é stata Costituzione di parte e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

2. - Per il giudice istruttore, l'illegittimità costituzionale della norma impugnata deriverebbe dal fatto che l'ordinamento giuridico prevede, per la donna incinta, un diverso trattamento in dipendenza della posizione in cui viene a trovarsi nel rapporto processuale, più grave per la posizione che precede la condanna definitiva, condanna che non potrebbe neppure aversi in base agli sviluppi del processo.

Si rileva, infatti, che, nella fase istruttoria, per il disposto dell'art. 259 c.p.p., non può essere sospeso il mandato di cattura qualora sia reso, per il titolo del reato, obbligatorio; nella fase esecutiva, invece, l'esecuzione della pena deve essere differita, anche se l'ordine di carcerazione é stato eseguito, senza tener conto del titolo di reato per il quale vi é stata condanna. Da identiche condizioni soggettive, stato di gravidanza, si traggono, pertanto, effetti giuridici diversi, più gravi per la condizione meno grave e ciò in contrasto con l'art. 27, secondo comma, della Costituzione.

La rilevanza della questione poggerebbe, per lo stesso proponente, nella impossibilità, per l'avvenuta esecuzione dell'ordine di cattura, di concedere la libertà provvisoria, ostandovi l'art. 277 del codice di procedura penale.

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza del giudice istruttore del tribunale di Belluno solleva la questione di legittimità costituzionale dell'art. 259 del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude la possibilità di sospendere l'esecuzione del mandato di cattura obbligatorio nei confronti di donna incinta, ritenendolo in contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione.

2. - La questione, valutata in relazione al caso di specie - esecuzione già avvenuta del mandato di cattura e richiesta di libertà provvisoria, nonostante l'obbligatorietà del mandato -, é inammissibile per difetto di rilevanza.

L'ordinanza, infatti, seguendo le indicazioni e le motivazioni del p.m., sposta la questione oltre i limiti propri della istanza presentata dalla difesa: concedere alla donna, già in stato di custodia preventiva, la libertà provvisoria in considerazione, tra l'altro, del di lei stato di gravidanza; l'applicazione, pertanto, dell'art. 277, cod. proc. pen. e non già dell'art. 259, stesso codice.

3. - É da premettere, ad ulteriore chiarimento dei limiti della questione, che la giurisprudenza é concorde, nei pochi casi presi in esame, nel fare distinzione tra mandato di cattura da eseguire e mandato di cattura già eseguito. Alla prima ipotesi ricollega l'istituto della sospensione e al secondo quello della libertà provvisoria, negando ogni possibilità di commistione tra loro. Tale orientamento giurisprudenziale, pertinente alla diversa natura e portata dei due istituti, alla diversa condizione processuale, nel suo graduale sviluppo, in cui vengono a trovarsi chi é colpito da mandato di cattura non ancora eseguito e chi, invece, é stato già catturato, non può non essere condiviso da questa Corte, come logico e razionale.

Vale rilevare d'altra parte, che l'istituto della libertà provvisoria ha una più ampia sfera di applicazione di quella propria dell'istituto della sospensione, in quanto i motivi specifici che possono farsi valere nella vacatio tra l'emissione e l'esecuzione del mandato, ben possono essere prospettati, in aggiunta ad altri, per ottenere la libertà provvisoria.

L'ordinanza non sembra contrastare con tale orientamento, in quanto la rilevanza della sollevata questione viene riferita esclusivamente alla impossibilità, da parte del giudice, di concedere la libertà provvisoria per la sola considerazione dello stato di gravidanza della donna.

La questione, anche così precisata, viene comunque a perdere la sua rilevanza, poiché l'art. 277 cod. proc. pen. é stato, successivamente alla emissione dell'ordinanza, modificato sostanzialmente dall'art. 2 della legge 15 dicembre 1972, n. 773; detto articolo prevede, infatti, la possibilità di concedere la libertà provvisoria anche nei casi in cui é reso obbligatorio il mandato di cattura.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 259 del codice di procedura penale, sollevata dalla ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 10 luglio 1973.