Sentenza n.51 del 1973
 CONSULTA ONLINE 


SENTENZA N. 51

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni   BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo  VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, ultimo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195, sul Consiglio superiore della magistratura, e, dell'art. 154 del d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, promosso con ordinanza emessa il 22 ottobre 1971 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - sezione IV - sul ricorso di Augugliaro Giuseppe contro il Ministero di grazia e giustizia, iscritta al n. 176 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 del 21 giugno 1972.

Visti gli atti di costituzione del Ministero di grazia e giustizia e di Augugliaro Giuseppe;

udito nell'udienza pubblica del 21 marzo 1973 il Giudice relatore Paolo Rossi;

uditi l'avv. Leopoldo Piccardi, per l'Augugliaro, ed il vice avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Ministero di grazia e giustizia.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un giudizio avente ad oggetto la legittimità di taluni decreti del Presidente della Repubblica datati 24 giugno 1967, emessi in conformità della delibera del Consiglio superiore della magistratura del 9 marzo 1967, con la quale era stata respinta l'istanza di revisione dello scrutinio a magistrato di Cassazione avanzata dal dr. Augugliaro, il Consiglio di Stato ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 13, ultima parte, della legge 24 maggio 1958, n. 195, e 54 del d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, in riferimento agli artt. 3 e 97. della Costituzione.

Il giudice a quo, osserva, in ordine alla rilevanza della questione, che dalla incostituzionalità della norma denunciata conseguirebbe, per. derivazione, il vizio dell'atto impugnato, emanato prima che la legge 18 dicembre 1967, n. 1198, abrogasse la norma ora sospettata di illegittimità costituzionale. Nel merito si rileva che gli scrutinati potevano ricorrere al Consiglio superiore della magistratura avverso la delibera della Commissione di scrutinio al fine di ottenerne la revisione, ma la necessaria partecipazione all'organo di riesame del Primo Presidente della Corte di cassazione, presidente di diritto della Commissione di primo grado, secondo il sistema legislativo allora vigente, poteva implicare una violazione del principio costituzionale d'uguaglianza e del principio di imparzialità della pubblica Amministrazione.

L'incompatibilità con tali principi dovrebbe dedursi, secondo l'ordinanza di remissione, dalle disposizioni normative che espressamente escludono la partecipazione alle delibere di riesame degli scrutini, degli altri membri del Consiglio superiore della magistratura che abbiano fatto parte della Commissione di scrutinio, nonché della disparità di trattamento tra "lo scrutinando, che abbia riportato tra i voti favorevoli quello del Primo Presidente e che possa quindi contare su una coerente nuova favorevole valutazione, ed il collega che detto voto non abbia riportato, e che debba quindi temere una coerente nuova valutazione sfavorevole".

Si é costituito in questa sede il Ministero di grazia e giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto di deduzioni depositato il 7 luglio 1972, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione sollevata.

Osserva l'Avvocatura dello Stato che nel nostro ordinamento giuridico esistono vari casi di giudici o di organi amministrativi, chiamati a riesaminare i propri pronunciati (revocazione, opposizione ecc.); comunque, in via del tutto non concessa, a voler considerare, in materia di ricorsi amministrativi, come principio generale, che non possa far parte del collegio di riesame chi abbia partecipato alla deliberazione del provvedimento impugnato, non per questo ogni norma che ad esso derogasse, come nella specie, dovrebbe essere considerata in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Invero la violazione del principio costituzionale di uguaglianza non può ricorrere quando la diversità di disciplina, adottata dal legislatore nell'esercizio della sua discrezionalità politica, non sia contraria ai criteri della ragionevolezza, ma risponda ad una diversità oggettiva di situazioni.

Nella specie la ragionevole giustificazione del trattamento differenziato nei confronti del solo Primo Presidente della Corte di cassazione, dovrebbe desumersi dalla posizione eminente del medesimo e dalla circostanza che egli é un semplice componente del Consiglio superiore della magistratura, che é formato da 24 membri. Tale ultimo rilievo, insieme alla constatazione che egli non é parte né portatore di interessi propri, dovrebbe far risultare inconferente il richiamo all'art. 97 della Costituzione.

Si é costituito in questa sede anche il dr. Augugliaro, rappresentato e difeso dall'avv. Leopoldo Piccardi, con atto di deduzioni depositato il 7 novembre 1972, il quale ha chiesto l'accoglimento della questione sollevata.

La parte privata si riporta sostanzialmente alle argomentazioni svolte nella ordinanza di remissione, osservando che l'art. 97 della Costituzione opera anche nei confronti del Consiglio superiore della magistratura, in considerazione della natura dell'attività da questo svolta, e non ostandovi la particolare rilevanza costituzionale dell'organo stesso.

Nelle memorie depositate e nella discussione orale le parti hanno ulteriormente sviluppato le rispettive argomentazioni, insistendo nelle conclusioni prese.

Considerato in diritto

Secondo il sistema normativo vigente prima dell'entrata in vigore dell'art. 6 della legge 18 dicembre 1967, n. 1198, il Primo Presidente della Corte di cassazione, presidente della Commissione di scrutinio a magistrato di Cassazione, poteva partecipare alle decisioni del Consiglio superiore della magistratura da adottarsi in sede di reclamo avverso le delibere della Commissione stessa, a differenza degli altri membri elettivi del Consiglio superiore, nei cui confronti operava come causa d'incompatibilità l'aver già fatto parte della suddetta Commissione (artt. 13, u.c., legge 24 marzo 1958, n. 195, e 54 d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916).

La Corte costituzionale deve quindi decidere se la doppia veste che veniva in tal modo ad assumere il Primo Presidente della Cassazione, membro di diritto del Consiglio superiore della magistratura ai sensi dell'art. 104 della Costituzione, contrastasse o meno con gli artt. 97 e 3 della Carta.

Sotto il primo profilo é stata prospettata l'eventualità che la composizione dell'organo procedente al riesame potesse risultare contrastante con il principio di imparzialità della pubblica Amministrazione, per l'intervento necessario di colui che avendo già presieduto la Commissione di primo grado, non avrebbe potuto non essere influenzato dal voto già espresso.

Sotto il secondo profilo é stata posta in luce una ingiustificata disparità di trattamento tra i diversi membri del Consiglio superiore della magistratura, essendo inibito a quelli elettivi, e non al Primo Presidente della Cassazione, come agli altri membri di diritto, di partecipare alla delibera di revisione degli scrutini, qualora avessero fatto parte della relativa commissione. Altra disparità é stata ravvisata tra i diversi scrutinati e in particolare tra colui "che abbia riportato tra i voti favorevoli quello del Primo Presidente e che possa quindi contare su una coerente nuova favorevole valutazione, ed il collega che detto voto non abbia riportato e che debba quindi temere una coerente nuova valutazione sfavorevole".

La questione é fondata con riferimento all'art. 3 della Costituzione, da cui discende, per regola generale, la parità di tutti i componenti gli organi collegiali, titolari di uguali diritti e doveri.

La partecipazione del Primo Presidente della cassazione alla delibera consiliare di revisione dello scrutinio non implicherebbe di per se sola, automatica violazione del principio di imparzialità della pubblica Amministrazione, attesa l'amplissima composizione dell'organo di secondo grado e l'assenza di un interesse di parte nella persona del Primo Presidente.

É invece da rilevare che la qualità del Primo Presidente della Corte di cassazione, considerato dalla Costituzione come titolo per la sua partecipazione "di diritto" al Consiglio superiore della magistratura, non può autorizzare una discriminazione tra membri elettivi del Consiglio superiore della magistratura, e membri di diritto, consentendo a questi ultimi, in deroga ai principi generali vigenti in materia, l'ulteriore potere di far valere una seconda volta la propria opinione, quando il Consiglio riesamini gli scrutini disposti dall'apposita commissione.

Rimane così assorbita ogni ulteriore censura prospettata nell'ordinanza di remissione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 54, ultimo comma, del d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, nella parte in cui esclude i membri di diritto del Consiglio superiore della magistratura dal divieto di partecipazione alle deliberazioni del Consiglio, previste nei commi primo e secondo dello stesso articolo, sui ricorsi e reclami avverso gli atti e le deliberazioni delle Commissioni.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE -  Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 30 aprile 1973.