Sentenza n.10 del 1973
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SENTENZA N. 10

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Prof. Paolo  ROSSI        

Prof. Giulio  GIONFRIDA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 del r.d.l. 1 giugno 1946, n. 539 (trattamento economico del personale non di ruolo insegnante e non insegnante nelle scuole e negli istituti d'istruzione media), e dell'art. 1 del d.l.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687 (nuove norme sul trattamento economico del personale non di ruolo degli istituti e delle scuole d'istruzione media), promosso con ordinanza emessa il 2 aprile 1971 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - sezione VI - sul ricorso di Fiorentini Clara contro il Conservatorio femminile San Carlo Borromeo di Pienza, iscritta al n. 123 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 134 del 24 maggio 1972.

Udito nell'udienza pubblica del 10 gennaio 1973 il Giudice relatore Angelo De Marco.

Ritenuto in fatto

Con decisione n. 448 del 1964, il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. VI), accogliendo il ricorso proposto dalla professoressa Clara Fiorentini contro il Conservatorio femminile S. Carlo Borromeo di Pienza, dichiarava spettare alla Fiorentini, per l'incarico d'insegnamento della lingua francese, espletato presso il detto Conservatorio per gli anni scolastici dal 1949-1950 al 1957-1958, il trattamento economico iniziale dei professori delle corrispondenti scuole statali.

In sede di esecuzione di tale decisione, il Conservatorio, assumendo che la Fiorentini, contemporaneamente all'incarico d'insegnamento aveva espletato presso lo stesso Istituto quello di segretaria e che, pertanto, in forza dell'art. 3 del r.d.l. n. 539 del 1946 e successive modificazioni, il compenso orario per l'insegnamento doveva essere corrisposto nella misura ridotta ai 2/3, notificava alla interessata che non solo non le era dovuto in più, ma che risultava debitrice di lire 298.444, che le erano state indebitamente corrisposte, per l'omissione della riduzione dei compensi orari di cui sopra.

In seguito a nuovo ricorso della Fiorentini, con il quale si insisteva per la integrale esecuzione della sopra citata decisione, il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. VI), con ordinanza 2 aprile 1971 (pervenuta a questa Corte il 21 marzo 1972), accogliendo analoga domanda del patrocinio della ricorrente, dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del r.d.l. 1 giugno 1946, n. 539, e dell'art. 1 del d.l.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione.

Ritenuto, infatti, che sussistesse nella specie un cumulo consentito di pubblici impieghi, il Consiglio di Stato, richiamata la sentenza di questa Corte n. 152 del 1970, ravvisava la sussistenza della denunziata violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Ravvisava, altresì, la sussistenza della violazione dell'articolo 36, in quanto, per effetto delle denunziate norme, la retribuzione del professore non di ruolo non risulterebbe stabilita in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, ma sarebbe suscettibile di diminuzione in relazione alla particolare condizione soggettiva di essere titolare di altro rapporto d'impiego.

Dopo gli adempimenti di legge, la questione viene oggi all'esame della Corte.

Non vi é stata costituzione delle parti interessate, né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri. 

Considerato in diritto

Come risulta dall'ordinanza di rinvio, il Consiglio di Stato, con sua sentenza n. 448 del 1964, ha già affermato che ci si trova di fronte ad un cumulo consentito di rapporti di pubblico impiego non di ruolo (incarico di insegnamento ed incarico di segreteria presso il Conservatorio femminile S. Carlo Borromeo di Pienza) ed ha soltanto sollevato il problema circa la disciplina del cumulo delle relative retribuzioni.

Al riguardo, tanto la parte privata interessata, quanto il Consiglio di Stato, richiamando la sentenza di questa Corte n. 152 del 1970, sostengono che al cumulo delle retribuzioni si dovrebbe procedere applicando il principio sancito dall'art. 99 del t.u. approvato con r.d. (legislativo) 30 dicembre 1923, n. 2960, come modificato dall'art. 16 del d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 19, in base al quale, nel caso, come risulta in esame, che le retribuzioni da cumulare superino nel complesso le lire 750.000 annue, si riduce del terzo quella minore o, se eguali, una qualunque delle due, tenendo presente che le riduzioni sono sempre operate a favore dell'erario dello Stato: in conseguenza contestano la legittimità costituzionale della diversa disciplina posta in essere dall'art. 3, primo comma, del r.d.l. 1 giugno 1946, n. 539 e dall'art. 1 del d.l.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione. Siffatto assunto implica che, come già ebbe a verificarsi quando venne pronunziata la sopra citata sentenza di questa Corte, la proposta questione va esaminata soltanto sotto il profilo della violazione dell'art. 3 e non anche sotto quello della violazione dell'art. 36 della Costituzione.

Tanto precisato, si rileva che dagli atti risulta che, mentre con la citata decisione il Consiglio di Stato ha stabilito che per l'incarico di insegnamento alla parte interessata spetta il trattamento economico iniziale dei professori di ruolo delle corrispondenti scuole statali, per l'altro impiego (incarico di segreteria) le é stato attribuito uno stipendio mensile di lire 15.025 (deliberazione 9 settembre 1949, n. 197) poi ridotto a lire 9.000 (deliberazione 23 novembre 1954, n. 29) e soltanto con deliberazione 19 febbraio 1956, n. 6 elevato a lire 37.295 lorde, ossia, in ogni caso, di gran lunga inferiore a quello spettantele per 1 incarico di insegnamento. Ne consegue che anche nel caso in esame, come già in quello che ha formato oggetto della sentenza n. 152 del 1970, può avvenire che per due rapporti d'impiego si venga ad avere diritto ad una retribuzione inferiore a quella spettante per uno solo e ciò ancorché le disposizioni denunziate, a differenza di quelle successive, dichiarate illegittime con detta sentenza, limitino proprio ad un terzo la riduzione dei compensi per gli incarichi di insegnamento, nel caso di cumulo con altro impiego con lo Stato o altri enti pubblici.

Tanto può, evidentemente, avvenire perché la legislazione scolastica non solo disciplina in modo diverso da quanto dispone il richiamato art. 99 del testo unico n. 2960 del 1923 il cumulo delle retribuzioni nel caso di cumulo consentito di rapporti d'impiego per quanto attiene alle percentuali di riduzione, ma anche e soprattutto  perché dispone che la riduzione debba essere applicata alla retribuzione dovuta per l'insegnamento, senza preoccuparsi di stabilire se sia maggiore di quella dovuta per l'altro impiego.

Questa difformità rispetto alla norma generale del ripetuto art. 99 non solo non trova alcuna razionale giustificazione, ma, in quanto può portare alla conseguenza sopra illustrata, risulta sicuramente irrazionale.

Ne consegue una manifesta violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, cosicché la proposta questione risulta fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma primo, del r.d.l. 1 giugno 1946, n. 539, sul trattamento economico del personale non di ruolo insegnante e non insegnante nelle scuole e negli Istituti d'istruzione media, e dell'art. 1 del d.l.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, sul nuovo trattamento economico del personale non di ruolo degli Istituti e delle scuole d'istruzione media, nella parte in cui statuisce che il professore non di ruolo, il quale abbia un impiego alle dipendenze dello Stato o di altri Enti pubblici, é compensato in ragione di due terzi della misura oraria della retribuzione risultante dall'applicazione dell'art. 1 del r.d.l. 10 giugno 1946, n. 539, così come modificato da esso stesso d.l.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, anziché stabilire che venga ridotta del terzo la retribuzione minore.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 1973.

Giuseppe  CHIARELLI – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Francesco  PAOLO BONIFACIO – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Paolo  ROSSI – Giulio  GIONFRIDA.

Arduino Salustri – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 febbraio 1973.