Sentenza n. 202 del 1972

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 SENTENZA N. 202

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Costantino MORTATI, Presidente

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittmità costituzionale dell'art. 6, terzo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), promosso con ordinanza emessa il 27 febbraio 1971 dalla Corte dei conti - sezione III pensioni civili - sul ricorso di Ravenna Alfredo, iscritta al n. 446 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16 del 19 gennaio 1972.

Udito nella camera di consiglio del 23 novembre 1972 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi.

 

Ritenuto in fatto

 

Alfredo Ravenna, coniuge superstite d’Elena Scazzocchio, pensionata della Cassa per le pensioni agli insegnanti d’asilo e di scuole elementari parificate, facente parte degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro, e deceduta il 14 agosto 1967, ricorreva davanti alla Corte dei conti avverso il provvedimento del 28 luglio 1969 del Direttore generale degli Istituti di previdenza con cui gli era stato negato, perché non a carico della moglie alla data della di lei morte, il trattamento pensionistico di riversibilità.

La Corte dei conti, in accoglimento dell'eccezione proposta dal pubblico ministero, considerava rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma terzo, ultima parte, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, che "per il conferimento della pensione di riversibilità al vedovo d’ex amministrata dagli Istituti di previdenza, pone, fra l'altro, la condizione dell'a carico della dante causa, all'epoca della morte di quest'ultima", in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

A proposito della rilevanza, la Corte dei conti accertava che il ricorrente, alla data di morte della moglie, era in una situazione economica tale da escludere che potesse essere considerato a di lei carico.

E circa la non manifesta infondatezza, osservava che la detta condizione non era richiesta per la vedova dagli artt. 37 e 38 del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, e dalle successive disposizioni intervenute in merito, e che perciò la norma denunciata sanciva, ai fini della pensione di riversibilità, una palese disparità di trattamento fra il vedovo e la vedova, basandola unicamente sulla differenza di sesso; e, concludendo, metteva in rilievo che, in pratica da tale disparità poteva discendere il riconoscimento del diritto alla pensione di riversibilità in favore di una vedova anche se fornita di cospicui redditi.

L'ordinanza veniva regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 19 gennaio 1972.

Davanti a questa Corte non si costituiva alcuna delle parti, né spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

La causa, pertanto, ai sensi dell'art. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, viene decisa con la procedura di camera di consiglio.

 

Considerato in diritto

 

1. - Secondo la Corte dei conti, che ha sollevato la questione con l'ordinanza indicata in epigrafe, sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, l'art. 6, comma terzo, ultima parte, della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), che "per il conferimento della pensione di riversibilità al vedovo di ex amministrata dagli Istituti di previdenza, pone, fra l'altro, la condizione dell'a carico della dante causa, all'epoca della morte di quest'ultima".

2. - La questione non é fondata.

In effetti, dalle norme relative al trattamento pensionistico del coniuge superstite di un amministrato dai detti Istituti di previdenza, risulta che codesto trattamento é differente a seconda che si tratti di vedovo o di vedova. Come ha esattamente osservato la Corte dei conti, per la vedova, dagli artt. 37 e 38 del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680, e dalle successive disposizioni intervenute in merito, non é richiesta, perché essa possa conseguire il ripetuto trattamento, la condizione che, alla data della morte del marito, risulti a suo carico; e la norma denunciata, invece, dispone espressamente, che al vedovo spetti la pensione indiretta e di riversibilità solo se esso risulti essere stato, alla data di morte della moglie, a di lei carico.

Ma ciò evidentemente non basta perché la norma de qua possa dirsi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Non si ha, infatti, una disciplina differente di situazioni eguali o ritenute tali, in modo razionale, dal legislatore. E quindi non si può dedurre che il differenziato trattamento del coniuge superstite, nell'ipotesi in esame, sia da ricollegare unicamente alla distinzione di sesso.

Va al riguardo considerato quel che questa Corte ha già avuto occasione e modo di rilevare con la sentenza n. 119 del corrente anno, e cioé che, nonostante l'esistenza di un'ampia e articolata normativa (soprattutto costituzionale) diretta a rendere possibile e realizzare l’eguaglianza, morale e giuridica dei cittadini, senza distinzione di sesso, é avvertita nella realtà sociale la minore probabilità che sia il marito anziché la moglie a dipendere economicamente dal coniuge.

Non può perciò ritenersi che il legislatore, nel dettare le disposizioni sopra richiamate, si sia trovato a dover disciplinare un'unica situazione di fatto e di diritto o situazioni suscettibili d'essere considerate eguali o equivalenti.

E appare del tutto razionale che l'accertamento in concreto dello stato di bisogno sia richiesto solo per il vedovo e non anche per la vedova.

La norma in esame, di conseguenza, trova nella notata peculiarità la sua logica ragione di essere.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma terzo, della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (modifica agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), nella parte in cui dispone che nel caso di decesso di un'amministrata dalle Casse pensioni facenti parte dei detti Istituti, la pensione indiretta e di riversibilità spetta al marito quando risulti che questi, alla data di morte della moglie, fosse a di lei carico.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1972.

Costantino MORTATI – Vincenzo Michele TRIMARCHI

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1972.