Sentenza n. 196 del 1972

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 SENTENZA N. 196

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 392, primo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa l'11 novembre 1971 dal tribunale di Ferrara nel procedimento penale a carico di Fabbri Mario ed altri, iscritta al n. 10 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50 del 23 febbraio 1972.

Udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 1972 il Giudice relatore Ercole Rocchetti.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza 11 novembre 1971, il tribunale di Ferrara ha proposto, con riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 392 del codice di procedura penale, nella parte in cui, richiamando solo "in quanto applicabili" le norme sulla istruzione formale, consente che l'istruzione sommaria possa concludersi con richiesta di citazione a giudizio senza il previo deposito degli atti prescritti dall'art. 372 dello stesso codice.

 

Considerato in diritto

 

1. - Dispone l'art. 392, primo comma, del codice di procedura penale, che nell'istruzione sommaria si osservano le norme stabilite per l'istruzione formale, ma solo in quanto siano ad essa applicabili. Ed in base a tale latitudine di riferimento, tenuto conto della struttura e degli scopi dell'istruzione sommaria, comunemente si ritiene non applicabile ad essa la disposizione dell'art. 372 dello stesso codice che, per quella formale, prescrive debbano, prima della chiusura di tale fase del giudizio, essere depositati gli atti e notificati gli avvisi di deposito ai difensori, cui é data anche facoltà di presentare istanze e memorie.

Tale difformità, relativa alla normativa che concerne il deposito degli atti, é sembrata non legittima al tribunale di Ferrara, il quale ha ritenuto che l'art. 392 già citato, e che la rende possibile, violi il principio d’eguaglianza e il diritto di difesa, rispettivamente tutelati dagli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione.

2. - La questione non é fondata.

Il giudice a quo ripropone censure che questa Corte ebbe già a respingere, in riferimento al solo art. 24 Cost., con la sentenza n. 127 del 1966.

E la decisione allora assunta va mantenuta, nonostante la più ampia denuncia ed i nuovi profili proposti.

Deve infatti osservarsi che la diversità di regolamentazione per quanto concerne il deposito degli atti - che, del resto, nell'istruzione sommaria non manca, benché sia successiva e non anteriore alla chiusura di quella fase del processo (art.397 c.p.p.) - non viola il principio d’eguaglianza, perché é giustificata dalla diversa natura dei due tipi d’istruzione che comporta, per quella sommaria, più rapido procedimento e minori formalità.

3. - Quanto alla tutela del diritto di difesa, va innanzi tutto ricordato come esso sia, anche nella istruzione sommaria, ampiamente tutelato dall'obbligo della notifica dell'avviso di procedimento, da quello dell'interrogatorio con l'assistenza del difensore e da tutte le altre garanzie previste negli artt. 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale.

Né può rinvenirsi causa di menomazione di quel diritto nella rilevata omissione, anteriormente alla chiusura dell'istruzione sommaria, del deposito degli atti che, per la maggior parte almeno, sono stati peraltro già depositati in ottemperanza all'art. 304 quater del codice di procedura penale.

Non ha infatti alcun pregio l'assunto dell'ordinanza di rinvio, che coordina il diritto di difesa, e una sua possibile violazione, all'interesse dell'imputato alla eventuale risoluzione del processo in fase istruttoria; risoluzione che suoi più informati e tempestivi interventi difensivi potrebbero rendere più probabile.

Benché, infatti, non possa negarsi un simile interesse dell'imputato, deve però osservarsi che esiste anche un suo opposto interesse a conseguire nella risonanza di un pubblico dibattimento un'assoluzione definitiva con importanza ed effetti ben diversi da un semplice proscioglimento istruttorio.

Dal che consegue che l'interesse dell'imputato ad evitare il dibattimento, appunto perché contrastante con altro suo, non meno apprezzabile interesse, a desiderarne la celebrazione, non può ritenersi giuridicamente rilevante e, tanto meno, costituzionalmente protetto (sent. n. 172 del 1972).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 392 del codice di procedura penale, proposta dall'ordinanza in epigrafe con riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione.

 Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Ercole ROCCHETTI

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1972.