Sentenza n. 189 del 1972

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 SENTENZA N. 189

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

  composta dai signori:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 509 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 17 febbraio 1972 dal pretore di Bassano del Grappa nel procedimento penale a carico di Meneghetti Gioacchino, iscritta al n. 159 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 del 21 giugno 1972.

Udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1972 il Giudice relatore Giuseppe Verzì.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale a carico di Meneghetti Gioacchino, imputato del delitto d’emissione continuata d’assegni a vuoto, il pretore di Bassano del Grappa, accogliendo l'eccezione della difesa e su conforme parere del pubblico ministero, con ordinanza 17 febbraio 1972, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 509 del codice di procedura penale in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione per quanto riguarda l'assistenza del difensore nell'opposizione a decreto penale.

Nel presente giudizio non vi é stata costituzione di parte né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

L'ordinanza del pretore di Bassano del Grappa denuncia la norma dell'art. 509 del codice di procedura penale, in quanto omette di disporre la nomina di un difensore d’ufficio all'opponente al decreto di condanna, ove manchi quello di fiducia. E rileva in proposito che: 1) l'atto d’opposizione costituisce un’impugnazione speciale, unico mezzo formale per far valere le proprie ragioni, la cui proposizione esige un'alta preparazione tecnica; 2) la legge richiede, a pena d’inammissibilità, che i motivi siano specificamente indicati, e ciò può essere assicurato soltanto mediante l'assistenza del difensore. La mancanza di tale assistenza nel primo atto del procedimento monitorio al quale interviene l'interessato, sarebbe quindi lesiva del diritto di difesa.

La questione non é fondata.

La Corte ritiene che, attesa la particolare struttura del procedimento per decreto penale, già messa in evidenza da altre precedenti sentenze, e riconosciuta dalla stessa ordinanza rispetto all'atto d’opposizione, definito una "impugnazione speciale", il diritto di difesa é assicurato anche se nella proposizione dell'opposizione al decreto, in mancanza di un difensore di fiducia, non ve ne sia uno d’ufficio.

L'opposizione, infatti, si risolve in una richiesta di dibattimento, sul presupposto della ritenuta ingiustizia della condanna, richiesta resa agevole ed alla portata anche di persona priva di cognizioni tecniche in quanto può concretarsi nella mera contestazione degli elementi risultanti dal decreto penale. Ed ovviamente potrà essere sviluppata e dettagliata nella sede dibattimentale, ove é assicurato l'intervento del difensore.

É esatto che la norma impugnata prescrive la specificazione dei motivi d’opposizione a pena d’inammissibilità, ma, secondo la corrente interpretazione giurisprudenziale, il concetto di specificità non deve essere ispirato ad un criterio di rigore perché le censure dell'opponente, pur dovendo nella sostanza indicare univocamente la ragione per cui si chiede il dibattimento, non possono non essere proporzionate alla motivazione necessariamente sommaria del provvedimento. E la Corte ritiene che, alla stregua di quest’interpretazione, la norma denunciata non contrasta col principio sancito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 509 del codice di procedura penale, proposta dal pretore di Bassano del Grappa in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, con ordinanza 17 febbraio 1972.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazo della Consulta, il 13 dicembre 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ

Depositata in cancelleria il 21 dicembre 1972.