Sentenza n. 176 del 1972

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 SENTENZA N. 176

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

  composta dai signori:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 36, 48, 50, 52 e 54 del codice della navigazione, nonché dei così detti privilegi aragonesi, promosso con ordinanza emessa il 28 ottobre 1969 dal pretore d’Ischia nel procedimento penale a carico di Lauro Eugenio ed altri, iscritta al n. 357 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 324 del 23 dicembre 1970.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 novembre 1972 il Giudice relatore Paolo Rossi;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un procedimento penale a carico di Lauro Eugenio ed altri, imputati delle contravvenzioni previste e punite dagli artt. 1161 e 1163 del codice della navigazione, 2 della legge 25 settembre 1940, n. 1424, e 734 del codice penale, per aver abusivamente installato stabilimenti balneari con alterazione delle bellezze naturali, il pretore d’Ischia ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 23 e 41 della Costituzione, di "un rescritto del 1301 del Re Ferdinando II d'Aragona (1296- 1336)" - invocato dagli imputati a sostegno della liceità della loro condotta - secondo cui le comunità isolane prima, ed i Comuni dell'Isola oggi, avrebbero il potere di disciplinare e godere in esclusiva i lidi marittimi ischitani. Prosegue il giudice a quo osservando che dell'esistenza di tale privilegio - confermato da Federico d'Aragona il 10 luglio 1458; il 15 agosto 1501 e poi da successivi re di Napoli - é stato possibile rintracciare un cenno in qualche pubblicazione di storia locale, anche se non é stato possibile far riferimento alle originali pandette aragonesi o ad altre raccolte autentiche di fonti.

Si osserva nell'ordinanza di remissione che l'attuale vigore di simili rescritti, prima facie in contrasto con l'art. 822 del codice civile e con gli artt. 26, 36 e 39 del codice della navigazione, é stato negato dal Consiglio di Stato, ma é stato affermato da talune sentenze della magistratura napoletana (trib. Napoli 30 aprile 1888 e 16 aprile 1969), sicché quest'ultima interpretazione farebbe rivivere una norma assai remota, in palese contrasto "con principi codificati e valevoli per tutto il territorio dello Stato" oltre che con le norme costituzionali invocate.

Ha ritenuto infine il giudice a quo di poter sollevare altresì questione di legittimità costituzionale degli artt. 36, 48, 50, 52 e 54 del codice della navigazione, che attribuiscono all'Amministrazione della marina mercantile il potere di dare in concessione le spiagge, nella parte in cui escludono la corrispondente potestà dei Comuni dell'Isola in ordine ai lidi marini ischitani, in riferimento all'art. 128 della Costituzione, secondo cui "i Comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni"

Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto d’intervento depositato il 23 giugno del 1970, chiedendo dichiararsi la inammissibilità e l'infondatezza delle questioni sollevate.

Rileva l'Avvocatura dello Stato che l'esame della legittimità costituzionale dei supposti privilegi aragonesi é precluso alla Corte sia perché ne é incerta l'esistenza anche sul piano documentale, sia perché, a tutto concedere, essi potrebbero valere - secondo l'interpretazione ottocentesca della magistratura napoletana - soltanto come concessioni. Ossia atti amministrativi privi della qualificazione giuridico-formale necessaria per un giudizio di legittimità costituzionale.

Osserva inoltre la difesa dello Stato che la pretesa illegittimità, per violazione dell'art. 128 della Costituzione, degli artt. 36, 48, 50, 52 e 54 del codice di navigazione - per la parte in cui negano la supposta corrispondente potestà dei Comuni d’Ischia - appare in contrasto con le argomentazioni svolte nella prima parte dell'ordinanza (diretta a dimostrare l'invalidità dei c.d. privilegi), ed é comunque infondata perché la mancata previsione del potere dei Comuni di dare in concessione le spiagge dell'Isola trova fondamento e disciplina proprio in norme generali, contenute nel codice della navigazione e nel codice civile, cosi come richiesto dal principio costituzionale invocato.

 

Considerato in diritto

 

Il pretore d’Ischia ha sottoposto all'esame della Corte costituzionale il quesito se contrastino o meno con gli artt. 3, 23 e 41 della Costituzione taluni privilegi, che si suppongono concessi dai re aragonesi, secondo cui le comunità isolane prima, ed i Comuni dell'Isola oggi, avrebbero il potere di disciplinare e godere in esclusiva i lidi marittimi ischitani. Il giudice a quo ha pure prospettato l'illegittimità costituzionale degli artt. 36, 48, 50, 52 e 54 del codice della navigazione, per la parte in cui non contemplano detti privilegi. in riferimento all'art. 128 della Costituzione.

L'ordinanza di remissione non é idonea a promuovere un giudizio di legittimità costituzionale. Sorgono, anzitutto, gravi dubbi sull'esistenza materiale dei cosi detti privilegi aragonesi cui il giudice a quo fa riferimento. Non può sussistere un "rescritto del 1301 del re Ferdinando II d'Aragona (1296/1336)", perché in quel tempo il regno era tenuto dagli Angiò, mentre gli aragonesi ascesero al trono di Napoli solo nel 1442 con Alfonso il Magnanimo, quarto d'Aragona, e primo di Napoli; nemmeno può invocarsi una conferma del rescritto ad opera di Federico d'Aragona il 10 luglio 1458 e quindi il 15 agosto 1501, perché nel 1458 il re non era Federico ma Ferdinando I e il 15 agosto 1501 regnava in Napoli Luigi XII d'Orleans.

Secondo l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (contenente norme sul funzionamento della Corte costituzionale), incombe al giudice a quo l'onere di specificare quali sono le disposizioni di legge che si vogliono sottoporre all'esame della Corte, mentre nell'ordinanza di remissione viene riconosciuto che non é stato possibile rintracciare le raccolte autentiche dei rescritti aragonesi.

L'incertezza assoluta in ordine alla originaria formulazione della norma impugnata rende impossibile qualsiasi valutazione della natura giuridico-formale della stessa, costituendo ulteriore motivo d’inammissibilità del giudizio di legittimità costituzionale, che può aver ad oggetto soltanto le leggi e gli atti aventi forza di legge (legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1).

Non può tacersi infine che nella stessa ordinanza di remissione sono ravvisabili seri dubbi in ordine all'attuale vigore dei così detti privilegi aragonesi, sicché la stessa questione di legittimità costituzionale appare sollevata con riferimento ad una interpretazione della norma che il pretore non mostra di condividere, e che viene quindi sostanzialmente prospettata in via ipotetica. Ulteriori aspetti di tale incertezza possono ravvisarsi in una certa alternatività tra le questioni proposte: incostituzionalità dei cosi detti privilegi per violazione del principio d’uguaglianza, e, nel contempo, eventuale illegittimità delle norme generali del codice della navigazione proprio nella parte in cui non contemplano i privilegi stessi.

Gli elementi d’indeterminatezza che caratterizzerebbero detti privilegi si estendono necessariamente alla questione prospettata in ordine alle impugnate norme del codice della navigazione, attesa l'intrinseca connessione tra le due questioni.

Tutto ciò non permette di considerare sufficientemente delimitato, nei suoi vari aspetti, l'oggetto del giudizio e pertanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la questione prospettata va dichiarata inammissibile.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dei cosi detti privilegi aragonesi e degli artt. 36, 48, 50, 52 e 54 del codice della navigazione, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 23, 41 e 128 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe indicata.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Paolo ROSSI

Depositata in cancelleria il 12 dicembre 1972.