Sentenza n. 170 del 1972

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 SENTENZA N. 170

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 composta dai signori:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

Avv. LEONETTO AMADEI

Prof. GIULIO GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge 2 ottobre 1967, n. 895 (disposizioni per il controllo delle armi), promosso con ordinanza emessa il 29 ottobre 1971 dal tribunale di Pisa nel procedimento penale a carico di Maffei Raffaello e Corbara Alessandro, iscritta al n. 481 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37 del 9 febbraio 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 25 ottobre 1972 il Giudice relatore Francesco Paolo Bonifacio;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza del 29 ottobre 1971 il tribunale di Pisa, in parziale accoglimento delle eccezioni sollevate dalla difesa degli imputati, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 9 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, sul "controllo delle armi".

Premesso che la disposizione impugnata stabilisce che per i reati previsti dalla citata legge si procede col giudizio direttissimo e ritenuto che la validità di tale giudizio non é condizionata al rispetto del termine di cinque giorni previsto dall'art. 502 cod. proc. pen. per il comune rito direttissimo, il giudice a quo sostiene che il pubblico ministero gode, nella scelta della sezione del tribunale o del collegio giudicante, di una libertà così ampia da contrastare col principio del giudice naturale sancito dall'art. 25 della Costituzione. Né tale contrasto potrebbe esser ritenuto insussistente in base alla considerazione che i turni giudicanti non sono, a loro volta, precostituiti per legge, ma vengono disposti e possono esser modificati dal presidente del tribunale: rilevante, secondo l'ordinanza, é la circostanza che nell'ipotesi de qua la scelta viene in concreto operata dall'esterno, e cioé dall'ufficio del pubblico ministero.

2. - L'Avvocatura generale dello Stato, costituitasi in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri (atto del 20 gennaio 1972), ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata, riportandosi ai principi costantemente affermati da questa Corte nella giurisprudenza in materia e, in particolare, nella sentenza n. 146 del 1969.

 

Considerato in diritto

 

Nel proporre l'attuale questione di legittimità costituzionale il tribunale di Pisa sostiene che il pubblico ministero, quando promuova il giudizio direttissimo previsto dall'art. 9 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, sul "controllo delle armi", é svincolato dal rispetto del termine di cinque giorni previsto dall'art. 502 del codice di procedura penale per il comune rito direttissimo e di conseguenza ha una facoltà di scelta della sezione del tribunale o del collegio giudicante, che sarebbe incompatibile col principio secondo il quale l'imputato non può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge (art. 25, primo comma, Cost.).

La questione non é sostanzialmente diversa da quella decisa da questa Corte a proposito dell'art. 502 c.p.p., nel senso dell'infondatezza, con la sentenza n. 146 del 1969. I principi allora affermati - e dai quali non c'é ragione di discostarsi - valgono anche per l'attuale questione, giacché questa non presenta particolari profili per il solo fatto che la validità del giudizio direttissimo previsto dalla norma impugnata non é condizionata dal rispetto del termine previsto dall'art. 502 c.p.p. Si deve convenire che la disposizione concernente tale termine non é applicabile quando, come nel caso in esame, il legislatore preveda che per certi reati si proceda obbligatoriamente col rito direttissimo e si può anche convenire, col giudice a quo, che la non operatività di quel termine comporti la possibilità che il pubblico ministero venga a fruire di una maggiore libertà nella scelta della sezione o del collegio giudicante. Ma questa particolarità non sposta i termini della questione, perché - anche se non si vuol considerare rilevante, a causa della mancanza di sanzione, l'obbligo, certamente desumibile dall'ordinamento e coerente con la natura e le finalità del giudizio direttissimo, di investire immediatamente il giudice - la maggior ampiezza temporale in cui di fatto può spaziare l'esercizio dell'azione penale non incide in alcun modo sulla validità delle ragioni che, nella ricordata decisione, indussero questa Corte ad escludere che la scelta della sezione o del collegio giudicante da parte dell'organo requirente comportasse la violazione del principio secondo il quale il giudice deve esser precostituito per legge.

La questione deve pertanto essere dichiarata non fondata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, contenente "disposizioni per il controllo delle armi", proposta dall'ordinanza indicata in, epigrafe in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Francesco Paolo BONIFACIO

Depositata in cancelleria il 12 dicembre 1972.