Sentenza n. 131 del 1972

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 SENTENZA N. 131

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, del r.d. 21 settembre 1896, n. 457 (regolamento sul personale dei laboratori chimici delle gabelle) e dell'art. 3, secondo comma, del r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334 (istituzione di un'imposta di fabbricazione sugli oli minerali e sui prodotti della loro lavorazione), promosso con ordinanza emessa il 18 marzo 1970 dal tribunale di Bergamo nel procedimento penale a carico di Lodigiani Sandro, iscritta al n. 227 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 222 del 2 settembre 1970.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 1972 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale a carico di Lodigiani Sandro, imputato del reato previsto dall'art. 9 della legge 2 luglio 1957, n. 474, per aver sottratto al pagamento dell'imposta di fabbricazione kg. 18.323 di benzina speciale, il tribunale di Bergamo ha sollevato, con ordinanza del 18 marzo 1970, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma secondo, del r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334, e dell'art. 3, comma primo, del r.d. 21 settembre 1896, n. 457, in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

Precisa il tribunale, in punto di fatto, che il rinvio a giudizio dell'imputato é stato disposto sulla scorta della sola prova costituita dall'analisi del prodotto eseguita dal laboratorio chimico compartimentale delle dogane ed imposte indirette di Milano.

Secondo l'ordinanza, quando gli organi di vigilanza e controllo hanno motivo di ritenere che un prodotto sia stato sottratto all'imposta, procedono all'accertamento della qualità facendone effettuare l'analisi dai laboratori chimici compartamentali. Ciò dà luogo ad un giudizio penale, ove si accerti una qualità difforme da quella dichiarata; giudizio nel quale il risultato dell'analisi rappresenta l'unica prova del reato. Per conseguenza nessun ricorso in via amministrativa può essere esperito avverso l'analisi, né l'organo che deve comunicare l'accertamento all'autorità giudiziaria é obbligato a tener conto di un’eventuale istanza di revisione dell'analisi avanzata dall'interessato. L'accertamento é pertanto eseguito senza alcun contraddittorio, mentre l'inquisito, sulla base di esso, é sempre rinviato a giudizio.

In considerazione di ciò, il tribunale ritiene che le disposizioni impugnate violino il principio del diritto alla difesa enunciato dall'art. 24 della Costituzione quanto meno nelle parti in cui non riconoscono all'interessato il diritto di richiedere la revisione delle analisi con l'obbligo, per l'organo procedente, di osservare le disposizioni previste dagli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale relative alla nomina del difensore, agli atti cui lo stesso può assistere, all'avviso al medesimo delle operazioni che il giudice deve effettuare, al deposito degli atti cui il difensore ha diritto di assistere.

Si aggiunge, infine, nell'ordinanza che la raccolta della prova mediante l'accertamento demandato ai laboratori chimici compartimentali delle dogane rientra nelle funzioni di polizia giudiziaria, in quelle funzioni cioé che l'art. 223, comma primo, del codice di procedura penale considera come relative alle funzioni dell'organo procedente; conseguirebbe da ciò che anche tale accertamento dovrebbe essere effettuato con l'osservanza delle norme poste a tutela della difesa.

Nel presente giudizio la parte privata non si é costituita. É, invece, intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato deduzioni in cancelleria in data 15 settembre 1970.

Osserva preliminarmente l'Avvocatura che delle due eccezioni di incostituzionalità sollevate con l'ordinanza di rimessione va dichiarata inammissibile quella avente ad oggetto l'art. 3, comma primo, del r.d. 21 settembre 1896, n. 457 (che approva il regolamento sul personale dei laboratori chimici delle gabelle), trattandosi di norma contenuta in un atto avente natura regolamentare, sia sotto l'aspetto formale che sostanziale.

In ordine all’eccezione di incostituzionalità formulata nei riguardi dell'art. 3, comma secondo, del r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334, la difesa ercourier newe osserva che dalla stessa ordinanza del tribunale risulta come le doglianze prospettate non sono rivolte alla disposizione indicata, bensì ad una prassi che si ritiene seguita dalla Finanza nell'applicazione della norma in questione.

Secondo l'art. 3 del r.d.l. n. 334 del 1939, le controversie sulla qualificazione dei prodotti sono definite seguendo la procedura stabilita per la risoluzione delle controversie per l'applicazione dei dazi doganali. La procedura in questione, dettata dal t.u. approvato col r.d. 9 aprile 1911, n. 330, offre al contribuente ampie garanzie del suo diritto di difesa, sia in via amministrativa che giurisdizionale.

Ricorda, infine, l'Avvocatura che il giudice ordinario può sempre conoscere della controversia sulla qualificazione dei prodotti quando la controversia stessa non tocchi il potere discrezionale dell'autorità amministrativa e conclude chiedendo che la Corte voglia dichiarare non fondata la proposta questione di legittimità costituzionale.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione di legittimità costituzionale proposta dal tribunale di Bergamo nei riguardi dell'art. 3, comma primo, del r.d. 21 settembre 1896, n. 457, deve essere dichiarata inammissibile poiché ha per oggetto una disposizione contenuta in un atto privo di forza di legge e quindi non soggetto a controllo di costituzionalità. La norma impugnata é infatti contenuta in un regio decreto - emanato su proposta del Ministro per le finanze, udito il parere del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri - che ha natura regolamentare e che come "regolamento sul personale dei laboratori chimici delle gabelle" é qualificato nel suo stesso titolo.

2. - Del pari inammissibile, ma per difetto di rilevanza ai fini della decisione della causa dibattuta dinanzi al tribunale, deve essere dichiarata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma secondo, del r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334 (convertito in legge 2 giugno 1939, n. 739), sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

Erroneo é infatti il presupposto dal quale il giudice a quo muove nel sollevare detta questione e cioé che nel caso sottoposto al suo giudizio - in cui occorre statuire in ordine al reato di sottrazione al pagamento dell'imposta di fabbricazione sugli oli minerali previsto e punito dall'art. 9 della legge 2 luglio 1957, n. 474 (che modifica l'art. 23 del citato r.d. n. 334 del 1939) - trovi applicazione la norma denunciata la quale, ai fini della definizione delle controversie sulla qualificazione dei prodotti da assoggettare all'imposta di fabbricazione, richiama la procedura per la risoluzione delle controversie sull'applicazione dei dazi doganali.

Tale procedura, già disciplinata dal t.u. approvato con r.d. 9 aprile 1911, n. 330, ed ora dal decreto legislativo 18 febbraio 1971, n. 18, é un mezzo amministrativo apprestato dal legislatore per addivenire all'accertamento dell'obbligazione tributaria in contraddittorio fra il contribuente e l'Amministrazione. Il presupposto di tale procedimento é la divergenza manifestatasi tra contribuente e ufficio impositore in ordine alla qualificazione della merce da assoggettare all'imposta; allorché infatti il proprietario ritiene che la classificazione richiesta dall'ufficio non sia rispondente alla natura della merce presentata alla verifica e sostiene per contro che essa, per le sue caratteristiche, debba essere compresa sotto una diversa denominazione della tariffa doganale, può promuovere la controversia per la qualificazione.

Secondo le disposizioni contenute nel t.u. del 1911, il contribuente poteva chiedere che la controversia fosse decisa dalla Camera di commercio, la quale di regola sentiva una commissione di periti da essa nominata. Qualora il contribuente non avesse chiesto il giudizio della Camera di commercio ovvero la dogana o il contribuente non ritenessero di accettare il giudizio emesso dalla Camera, la decisione veniva emessa dal Ministro per le finanze, il quale normalmente sentiva il parere del Collegio consultivo dei periti doganali.

Secondo le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 18 del 1971, la controversia é invece decisa in prima istanza dal capo del Compartimento doganale previo parere del Collegio consultivo compartimentale dei periti doganali e, in seconda istanza, dal Ministro per le finanze, previo parere del Collegio consultivo centrale dei periti doganali. Con la decisione del Ministro l'accertamento si intende definito.

Alla stregua di siffatta disciplina é quindi evidente che il procedimento di cui trattasi può promuoversi quando la merce oggetto di accertamento si trovi sugli spazi doganali e che non possa quindi sollevarsi controversia di qualità per merce già ritirata dalla dogana.

Queste precisazioni valgono a chiarire le modalità e il momento di applicazione di siffatta procedura in tema di risoluzione delle controversie sulla qualificazione dei prodotti da assoggettare ad imposta di fabbricazione. Poiché oggetto di questa imposta é la fabbricazione del prodotto, l'accertamento della qualità e quantità di esso e la conseguente liquidazione del tributo avvengono di regola una volta ultimato il processo di produzione e prima che il prodotto esca dallo stabilimento o dai depositi per essere immesso al consumo. Ora é chiaro che anche nel caso in esame le controversie sulla qualificazione assolvono il compito di comporre amministrativamente dissidi tra produttore e uffici fiscali, ineriscono alla fase di accertamento del tributo e riguardano merce ancora presente nel luogo di produzione.

La controversia di qualificazione del prodotto non può essere sollevata in un momento diverso da quello attinente alla fase di accertamento.

Nel caso sottoposto all'esame del tribunale, in cui occorre pronunciare sulla sussistenza o meno di una frode fiscale, ossia sulla evasione dell'imposta di fabbricazione su un prodotto già uscito dal luogo di produzione e immesso al consumo, non può quindi in alcun modo trovare applicazione la disposizione denunciata.

La questione proposta non ha pertanto carattere di pregiudizialità rispetto alla definizione del giudizio di merito e deve quindi essere dichiarata inammissibile.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma primo, del r.d. 21 settembre 1896, n. 457, contenente il "regolamento sul personale dei laboratori chimici delle gabelle", proposta dall'ordinanza del tribunale di Bergamo in riferimento all'art. 24 della Costituzione;

dichiara inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma secondo, del r.d.l. 28 febbraio 1939, n. 334, concernente l'istituzione di un'imposta di fabbricazione sugli oli minerali e sui prodotti della loro lavorazione, sollevata dalla medesima ordinanza in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 1972.

Michele FRAGALI – Giovanni Battista BENEDETTI

Depositata in cancelleria il 12 luglio 1972.