Sentenza n. 114 del 1972

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 SENTENZA N. 114

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7, secondo, terzo e quarto comma, del r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436 (disciplina dei contratti di compra-vendita degli autoveicoli ed istituzione del pubblico registro automobilistico presso le sedi dell'Automobile club d'Italia), convertito nella legge 19 febbraio 1928, n. 510, promosso con ordinanza emessa il 31 marzo 1970 dal pretore di Recanati nel procedimento civile vertente tra la Società commerciale finanziaria di Milano e Rossini Franco, iscritta al n. 202 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 184 del 22 luglio 1970.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e di costituzione della Società commerciale finanziaria;

udito nell'udienza pubblica del 26 aprile 1972 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

uditi l'avv. Carlo Napolitano, per la Società commerciale finanziaria, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

A seguito di vendita di un autoveicolo, effettuata dalla Società commerciale finanziaria di Milano a Rossini Franco di Recanati per il prezzo di lire 1.420.000, il Rossini, a garanzia del pagamento del prezzo pattuito, rilasciava alla società 29 effetti cambiari, di cui due, per l'importo di lire 840.668, rimasti insoluti e protestati. Stante il privilegio legale sull'autoveicolo e la debita iscrizione presso il pubblico registro automobilistico ai sensi dell'art. 2 del r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436, convertito in legge 19 febbraio 1928, n. 510, la società chiedeva al pretore di Recanati, in base all'art. 7 della legge ora citata, l'emissione di decreto con l'ordine di sequestro dell'autoveicolo, la nomina del custode e l’indicazione delle modalità e del giorno della vendita.

Il pretore, con ordinanza 31 marzo 1970, sollevava d’ufficio questione di legittimità costituzionale del predetto articolo 7, commi secondo, terzo e quarto, in relazione agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione.

Con l'ordinanza ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità del secondo comma citato, affermando che il principio d’eguaglianza e la garanzia di difesa sarebbero violati in quanto:

1) l'immediato sequestro e la vendita, con decadenza dal beneficio del termine, sarebbero disposti indipendentemente dalla gravità dell’inadempienza e dallo stato d’insolvenza del debitore stesso. Ciò in difformità da quanto disposto, in generale, per le obbligazioni dell'art. 1186 del codice civile;

2) l'esclusione di qualsiasi termine dilatorio fra il sequestro e la vendita, non consentirebbe una reale possibilità di difesa contro l'espropriazione, che seguirebbe immediatamente alla prima notizia che il debitore ha della procedura con la notifica del sequestro;

3) verrebbe negata al debitore la possibilità di interloquire in ordine alle modalità di vendita dell'autoveicolo sequestrato, a differenza di quanto avverrebbe nelle altre forme d’esproprio previste dal codice di procedura civile e particolarmente a norma degli artt. 529 e seguenti e 569 e seguenti.

Per quanto riguarda il terzo comma, e, implicitamente, il quarto, il pretore osserva che il termine di 10 giorni sarebbe incongruo e sostanzialmente lesivo della garanzia di difesa, perché notevolmente inferiore a quelli stabiliti dall'art. 641 c.p.c. per l'ordinario procedimento d'ingiunzione, e certamente inadeguato a garantire all'interessato la predisposizione di un'efficace difesa.

L'ordinanza, debitamente notificata, e comunicata, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 184 del 22 luglio 1970. Nel presente giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato tempestivamente le proprie deduzioni.

L'Avvocatura rileva, preliminarmente, che nella motivazione dell'ordinanza si fa riferimento, per l'impugnativa, ai commi secondo e terzo del citato art. 7, mentre nel dispositivo testualmente risultano denunziati i commi terzo e quarto.

Per l'ipotesi che nonostante tale discordanza la Corte ritenga ammissibile la questione, identificandone l'oggetto nei commi secondo e terzo dell'art. 7 citato, l'Avvocatura, passando a trattare il merito, richiama anzitutto i particolari fini che avrebbero dettato la disciplina della vendita degli autoveicoli disposta con il r.d. in esame, cioé lo stimolo della motorizzazione mediante l'agevolazione dei crediti in materia, garantiti dal privilegio per il venditore e da una rapida e agile procedura per il recupero, procedura che si concreterebbe in una forma speciale d’esecuzione forzata, di cui il decreto pretorile, tipicamente esecutivo, sarebbe il primo atto.

Ciò premesso in linea generale, l'Avvocatura contesta che l'azione esperita a norma del secondo comma dell'art. 7 in esame comporti la decadenza del debitore dal termine, la quale si verificherebbe solo nell'ipotesi di cui al primo comma (alienazione del veicolo o diminuzione delle garanzie) e non per il caso d’inadempienza nel pagamento delle rate di prezzo.

Inoltre non sarebbe pertinente il confronto con i termini previsti dall'art. 641 c.p.c. essendo questi riferiti ad una procedura che, in via normale, é di cognizione, mentre la disciplina impugnata riguarderebbe una procedura d’esecuzione coattiva e, comunque, rifletterebbe un termine perentorio solo rispetto alla sospensione dell'esecuzione o ad un’eventuale opposizione agli atti esecutivi (per cui il termine previsto dall'art 617 c.p.c. é, fra l'altro, di soli cinque giorni) ma non già rispetto all'esame del merito dell'opposizione, il quale sarebbe ammissibile finché l'esecuzione é in corso.

Infine, per quanto riguarda la contestualità dei provvedimenti di sequestro e di vendita, e la mancanza della possibilità, da parte del debitore, di interloquire circa le modalità della vendita, l'Avvocatura osserva che la peculiarità della situazione in esame, in cui l'acquirente ha usato la macchina, é debitore del prezzo ed é sottoposto a privilegio in virtù d’atto scritto, così come riconosciuto con la sentenza n. 59 del 1967 della Corte, legittimerebbe la pur singolare rapidità della procedura.

Si é anche costituita la società Co.Fi., in persona del presidente dott. Igino Allorsio, rappresentata e difesa dall'avvocato prof. Alberto Montel e dall'avv. Cristoforo Barberio Corsetti, che hanno tempestivamente depositato le deduzioni.

La difesa, nel contestare la fondatezza dei singoli profili delle questioni sollevate nell'ordinanza, osserva che le peculiari caratteristiche della fattispecie ed i fini cui risponde la normativa in esame giustificherebbero ampiamente sia la disposizione che consente di procedere esecutivamente sull'autoveicolo per qualsiasi inadempienza, sia la sanzione della decadenza dal beneficio del termine senza che occorra accertare una vera e propria insolvenza, prevista oltre tutto in conformità d’altre disposizioni del codice civile (artt. 1525, 1819, 1845) che prevedono analoga sanzione per particolari situazioni. E allo stesso modo si giustificherebbe anche la previsione di un'unica attività del pretore diretta al sequestro ed all’autorizzazione alla vendita.

D'altra parte, la previsione di un’opposizione alla vendita escluderebbe la lamentata carenza di qualsiasi termine dilatorio fra la notifica del decreto pretorile e la vendita, perché non dovrebbe confondersi l'autorizzazione alla vendita con l'esecuzione della stessa, che non potrebbe effettuarsi se non dopo trascorso il termine per l'opposizione.

La validità di tale termine ai fini dell’esecuzione della vendita, inoltre, consentirebbe all'interessato di interloquire, sia pure in sede d’opposizione, anche riguardo alle modalità della vendita stessa, onde dovrebbe escludersi in fatto la censura sollevata al riguardo.

E ciò senza affermare che, comunque, tale intervento non risponderebbe ad un principio generale dell'ordinamento, potendosi rinvenire numerose ipotesi in cui esso non é previsto (arte. 1515, 1536, 1551, 2727, 2797 c.c.), mentre la scelta del legislatore tra l'un sistema e l'altro risponderebbe alle peculiarità delle relative fattispecie, per cui non potrebbe parlarsi di disparità di trattamento e violazione della garanzia di difesa.

Infine la difesa nega la consistenza della censura d’incongruità del termine di 10 giorni per l'opposizione, ricordando l'esistenza di numerosi termini simili o più ristretti, anche in materie d’impegno maggiore, come ad esempio, nelle ipotesi previste dagli artt. 178, 190, 313, 617, 739 c.p.c., nonché nei procedimenti per denunzia di nuova opera e danno temuto, d'urgenza, possessori ed, in genere, per tutti i procedimenti speciali.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7, secondo, terzo e quarto comma, del r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436, convertito in legge 19 febbraio 1928, n. 510, sulla disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli, viene sollevata dal pretore di Recanati per i seguenti motivi:

a) perché, qualora il compratore venga meno al puntuale adempimento della sua obbligazione di pagamento del prezzo, é assoggettato automaticamente, a termini del comma secondo, alla decadenza del beneficio del termine di dilazione del pagamento anche per fatti che, per la loro entità' non costituiscono prova d’insolvenza o di diminuzione di garanzie, quali invece considerati dalla legge ordinaria (articolo 1186 cod. civ.): ciò anche con menomazione dei diritti di difesa utilizzabili in proposito e con disparità di trattamento;

b) perché, a termini del secondo comma, il decreto del pretore sul ricorso del creditore, dispone cumulativamente, con successione immediata, il sequestro dell'autoveicolo, la nomina del custode, le modalità e il giorno della vendita, senza un apprezzabile intervallo tra sequestro e vendita: menomando, di conseguenza, il diritto di difesa;

c) perché, sempre a termini del secondo comma, le modalità della vendita sono stabilite autoritativamente, senza che il debitore sia sentito in proposito, con divergenza dal sistema della legge ordinaria (artt. 530 e 569 cod. prov. civ. per le espropriazioni mobiliari e immobiliari) e con violazione della parità di trattamento e del diritto di difesa;

d) perché il termine di dieci giorni, per sollevare opposizione al decreto del pretore, ai sensi dei commi terzo e quarto, sarebbe incongruo per la sua ristrettezza e violerebbe il diritto di difesa, sia in relazione all'obbligo di produzione, non oltre la prima udienza, dei documenti comprovanti l'avvenuto pagamento delle somme dovute, sia in confronto con la legge ordinaria (art. 641 cod. proc. civ.) che per l'opposizione a decreto d'ingiunzione stabilisce termine maggiore.

2. - L'Avvocatura dello Stato preliminarmente sostiene, ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953, l'inammissibilità delle questioni come sopra proposte alle lettere a), b) e c) in relazione al comma secondo dell'articolo impugnato, comma che non figura riprodotto nel dispositivo dell'ordinanza al rinvio.

L'assunto non é fondato.

Dalla motivazione dell'ordinanza di rinvio, nelle parti in cui si divide e nel complesso, risulta delineato l'oggetto di tutte le questioni che si sono intese sollevare, comprese univocamente quelle di cui al comma secondo. La casuale non menzione di questo comma nel dispositivo non altera né riduce la materia sottoposta ad esame: sicché, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, deve intendersi ugualmente rispettata la finalità di cui al citato art. 23.

3. - Nel merito va, anzitutto, rilevato che premessa delle norme denunciate é l'art. 2 della stessa legge speciale, che accorda al venditore d’autoveicoli un privilegio legale mobiliare, iscritto e certificato dal pubblico registro automobilistico, per il prezzo o per la parte di prezzo pattuito e non corrisposto interamente all'atto della vendita.

Anche il codice civile testualmente dà atto di tale privilegio all'art. 2810, ultimo comma, aggiungendo che esso debba più propriamente "essere considerato come ipoteca mobiliare, rimandando per il resto alla legge speciale. Il che si riannoda alla finalità che con questa legge si é inteso conseguire, nel senso di agevolare la diffusione degli autoveicoli, garantendo e moralizzando il loro commercio.

É in dipendenza di tutto ciò, che, con eccezione ai principi generali in tema d’esecuzione, richiedenti la previa formazione di un titolo esecutivo, interviene il decreto del pretore, che non é, in se stesso, titolo esecutivo, ma ne anticipa gli effetti.

Coerentemente, l'opposizione al decreto, prevista nel denunciato art. 7, assume natura d’opposizione, pertinente allo svolgersi di un procedimento tipicamente esecutivo.

Stante questi rilievi, che sono conformi a dottrina e giurisprudenza, va ovviamente escluso da questo procedimento ogni carattere monitorio, per mancanza dei requisiti di cognizione di un rapporto obbligatorio nonché di conseguente ingiunzione e condanna.

Chiusa questa fase processuale, rimangono pur sempre "salvi i diritti del debitore in prosieguo di giudizio" (art. 7, quarto comma).

4. - Secondo l'ordinanza di rinvio, la decadenza dal beneficio del termine di dilazione, comminata dall'art. 7, primo comma, ed operante, a detta dell'ordinanza, anche nella ipotesi di cui al comma secondo, sarebbe costituzionalmente illegittima perché collegata a singoli inadempimenti, anziché alla constatazione di uno stato di "insolvenza", ossia di uno stato generale d’incapacità economica, richiesto, invece, dalla legge ordinaria (art. 1186 cod. civ.).

La questione non é fondata.

La sanzione, a carico del compratore, della decadenza dal beneficio del termine rateale di pagamento, é stabilita nell'articolo 7 solo in relazione alla ipotesi di cui al primo comma, che riguarda l'alienazione non consentita dell'autoveicolo o di parti di lui, ovvero la diminuzione delle garanzie a favore del venditore.

Diversa é l'ipotesi del secondo comma, che riguarda il mancato pagamento di singole rate scadute. Qui l'inadempimento autorizza il ricorso del creditore alla procedura esecutiva, della quale il debitore può evitare gli effetti, pagando non l'intero prezzo residuo ma soltanto le rate scadute. Tale limitata conseguenza é stata espressamente riconosciuta da questa Corte con sentenza n. 59 del 1967, in via d’interpretazione e chiarimento del sistema creato dall'art. 7.

Pertanto, viene, nel caso, a mancare la premessa della decadenza di termine, su cui é basata la questione d’illegittimità costituzionale, come sopra sollevata in relazione al secondo comma dell'art. 7.

5. - L'ordinanza solleva altra questione, basata sulla violazione dei diritti di difesa del debitore, che deriverebbe dal fatto che il decreto del pretore, emesso ai sensi dell'art. 7, comma secondo, disponendo contestualmente il sequestro e la vendita dell'autoveicolo, verrebbe ad eliminare "un apprezzabile intervallo" fra l'uno e l'altro atto.

La questione é parimenti non fondata.

Va ricordato, anzitutto, che con la già citata sentenza n. 59 del 1967 la Corte ha posto in rilievo che il fatto che l'acquirente d’autoveicolo normalmente ne ha usato, che é debitore del prezzo ed é sottoposto a privilegio su di lui veicolo in virtù d’atto scritto e registrato, legittima "la singolare rapidità degli atti processuali di sequestro e vendita forzata".

A parte tale considerazione d'ordine sistematico, la Corte ora osserva che tra sequestro e vendita non v'é quella immediatezza supposta in ordinanza. Infatti, giusta il secondo comma dell'art. 7, il decreto del pretore dispone soltanto i preliminari dell'ancora eventuale vendita, tra cui, con suo discrezionale apprezzamento, il giorno a ciò destinato.

Ma l'ordine d’esecuzione del decreto di vendita rimane distanziato dal sequestro per tutto l'intervallo di tempo corrente tra l'opposizione consentita al debitore dopo la notifica del decreto, e l'udienza che fa seguito alla opposizione, lo svolgimento in essa della prova del pagamento delle rate scadute e, solo nel caso di prova negativa, l’emanazione, da parte del pretore, dell'ordine d’esecuzione, ai sensi del quarto comma dell'art. 7.

L'esercizio del diritto di difesa, pertanto non risulta né eluso né menomato.

6. - Successiva questione é proposta dall'ordinanza in relazione al punto dell'art. 7, secondo comma, che conferisce al pretore la determinazione delle modalità della vendita. Si assume che, non essendo prescritta in proposito l'audizione del debitore per consentirgli le eventuali "osservazioni", diversamente dalla legge ordinaria (artt. 530 e 569 cod. proc. civ.), si darebbe luogo a disparità di trattamento ed a violazione dei diritti di difesa.

La questione non é fondata.

La specialità della normativa in esame e le sue particolari finalità non comportano identificazione di situazioni non omogenee. D'altra parte, le disposizioni d’attuazione (r.d. n. 1814 del 1927) puntualizzano all'art. 27 le due alternative modali della vendita (trattative private o pubblici incanti) affidate alla scelta del pretore, con provvedimento motivato "tenuto conto delle circostanze che possono assicurare il maggiore rendimento col minor costo". Mentre, poi, per la vendita a trattative private si dettano dettagliate formalità, per la vendita ai pubblici incanti, si rimanda "alle disposizioni al riguardo stabilite dal codice di procedura civile". Ciò senza contare che, in sede di giudizio d'opposizione, nulla vieta che il debitore, qualora non dia dimostrazione del suo adempimento in sanatoria, possa esporre, in subordine, le sue "osservazioni" circa le modalità della vendita.

7. - Infine, l'ordinanza solleva questione d’incongruità del termine (perentorio) di dieci giorni dalla notifica del decreto pretorile, assegnato al debitore per proporre opposizione.

La questione é parimenti non fondata.

In primo luogo, il confronto con il maggior termine di venti giorni assegnato all'opponente in procedimento ordinario d’ingiunzione (art. 641 c.p.c.) non é pertinente, poiché, a parte che detto termine, quando concorrano giusti motivi, é riducibile dal giudice sino a cinque giorni (secondo comma detto articolo) il procedimento qui in esame si differenzia dal monitorio, come spiegato al precedente n. 3.

In secondo luogo, in conformità della giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, sentenza n. 159 del 1969), la congruità di un termine va valutata, non solo in rapporto all'interesse di chi é obbligato a rispettarlo, ma anche in rapporto alla funzione, assegnata a questo o quel termine nell'ordinamento giuridico.

Nel caso in esame, come già precisato nella citata sentenza n. 59 del 1967, il termine é stabilito in funzione di un rapido svolgimento degli atti processuali, anche per evitare che l'opposizione formi pretesto per evitare il pagamento del prezzo: nonché, é da aggiungere, in funzione d’esigenze di difesa, che ben possono essere soddisfatte in modo non complesso, mediante la prova documentale (art. 7 quarto comma) del pagamento, anche in via di sanatoria, della somma dovuta.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 7, secondo, terzo e quarto comma, del r.d.l. 15 marzo 1927, n. 436, sulla disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli e l'istituzione del pubblico registro automobilistico, convertito in legge 19 febbraio 1928, n. 510, sollevate, con l'ordinanza in epigrafe, dal pretore di Recanati, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Luigi OGGIONI

Depositata in cancelleria il 27 giugno 1972.