Sentenza n. 90 del 1972

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 SENTENZA N. 90

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, della legge 2 luglio 1952, n. 703 (disposizioni in materia di finanza locale), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 30 ottobre 1970 dalla Corte d'appello di Milano nel procedimento civile vertente tra il Comune di Sesto Calende e l'Ente nazionale per l'energia elettrica, iscritta al n. 4 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49 del 24 febbraio 1971;

2) ordinanza emessa il 16 aprile 1971 dal tribunale di Busto Arsizio nel procedimento civile vertente tra il Comune di Somma Lombardo e l'Ente nazionale per l'energia elettrica, iscritta al n. 287 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 240 del 22 settembre 1971.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e di costituzione dell'ENEL;

udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 1972 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;

uditi l'avv. Marcello Cogliati Dezza, per l'ENEL, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa il 30 ottobre 1970, nel corso del procedimento civile tra il Comune di Sesto Calende e l'ENEL, la Corte d'appello di Milano ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 23 e 53 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, secondo comma, della legge 2 luglio 1952, n. 703, nella parte in cui recepisce il decreto ministeriale 26 febbraio 1933 che stabilisce i criteri di commisurazione della tassa comunale della occupazione del suolo pubblico con linee aeree.

Secondo il giudice a quo, il "criterio della tassazione per unità di lunghezza", che dalla giurisprudenza é stata interpretata nel senso che ogni frazione di chilometro va arrotondata per eccesso, sulla base della unità minima fissata dal legislatore nella misura di un chilometro, risulta viziato da illegittimità costituzionale perché si risolve in un criterio d’imposizione meramente fittizio e inutilmente rigido che porta a creare una inaccettabile sfasatura tra situazione di fatto e imposizione fiscale: donde la violazione non solo dell'art. 3 della Costituzione, per la configurabilità di due identiche imposizioni per situazioni di fatto del tutto diseguali (linea di pochi metri e linea di quasi un chilometro), ma anche dell'art. 53 della Costituzione che si ispira al principio della proporzionalità della contribuzione alla capacità contributiva.

Ritiene, inoltre, la Corte d'appello che nella specie possa ipotizzarsi anche la violazione dell'art. 23 della Costituzione, dato che attraverso il gioco della imposizione fittizia l'imposta in esame si trasforma da oggettiva in soggettiva realizzando così una prestazione personale che non corrisponde alla volontà del legislatore.

L'ordinanza é stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata.

2. - Negli stessi termini, la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d'appello di Milano é stata proposta dal tribunale di Busto Arsizio, con ordinanza emessa il 16 aprile 1971, nel procedimento civile vertente tra il Comune di Somma Lombardo e l'ENEL.

Anche tale ordinanza é stata notificata, comunicata e pubblicata a termini di legge.

3. - Nel giudizio promosso dalla Corte d'appello di Milano, si é costituito, dinanzi a questa Corte, l'Ente nazionale per l'energia elettrica, che, con deduzioni depositate in cancelleria il 16 marzo 1971, chiede che la dedotta questione di legittimità costituzionale sia dichiarata infondata.

Secondo la difesa dell'ente, il criterio di tassazione degli spazi ed aree pubbliche stabilito dal d.m. del 1933 e recepito dalla norma impugnata, può essere interpretato in modo da non creare alcuno degli inconvenienti che hanno indotto il giudice a quo a dubitare della sua legittimità costituzionale: basterebbe infatti sostituire al principio della cosiddetta infrazionabilità chilometrica (che, tra l'altro, non troverebbe alcuna base testuale nella normativa in esame), quello della proporzionalità della imposizione all'effettivo percorso delle linee elettriche, per rendere inutili tutte le censure prospettate nella ordinanza di rinvio e per realizzare la volontà del legislatore che ha voluto istituire una imposta ragguagliata alla effettiva entità dell'occupazione.

Comunque, anche nel caso in cui si volesse considerare infrazionabile la tariffa chilometrica, l'ENEL ritiene che il decreto in esame consenta una interpretazione idonea ad evitare la violazione dei principi costituzionali indicati dal giudice a quo: posto che il criterio fissato dal legislatore é quello della unità di lunghezza di linea, intesa quest'ultima in senso tecnico, e cioé come conduttore di corrente che, nell'ambito dell'abitato, fuoriesce dalla cabina di trasformazione e serve un gruppo d’utenti, é evidente che non possono essere autonomamente tassati ciascuno in base alla tariffa ragguagliata al chilometro, i "tratti", i "segmenti" o le "diramazioni" di pochi metri che sono molto numerosi nei centri abitati.

4. - Nello stesso giudizio, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, la quale, con deduzioni del 9 marzo 1971, ha chiesto che la Corte dichiari infondate le questioni di legittimità costituzionale proposte dalla Corte d'appello di Milano.

Secondo la difesa dello Stato, anche se si volesse aderire alla più rigorosa interpretazione delle norme impugnate, non sussisterebbe alcuna violazione dei precetti costituzionali indicati dalla Corte milanese perché la scelta del criterio della tassazione per unità di lunghezza di linea ragguagliata al chilometro, in quanto attiene ad un campo squisitamente tecnico e alla tutela dell'interesse fiscale, rientra nella sfera di discrezionalità del legislatore.

Sotto questo profilo, le norme impugnate non contrasterebbero con il principio d’eguaglianza, in quanto l'arrotondamento per eccesso della frazione di chilometro costituirebbe la conseguenza inevitabile della rigidità del criterio adottato; neppure risulterebbe violato il principio della capacità contributiva, perché il riferimento ad un indice effettivo e concreto, quale quello della unità di lunghezza, non potrebbe considerarsi alterato dal calcolo degli arrotondamenti che incide unicamente sul quantum dell'imposta.

Infine, sarebbe del tutto inconferente il richiamo all'art. 23 della Costituzione, dal momento che tale norma, intesa a determinare a quali condizioni una prestazione personale e patrimoniale può essere legittimamente imposta, non troverebbe alcun riscontro nella normativa impugnata.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le ordinanze della Corte d'appello di Milano e del tribunale di Busto Arsizio, indicate in epigrafe, propongono la stessa questione di legittimità costituzionale. I relativi giudizi vengono pertanto riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Si sostiene nelle dette ordinanze che l'art. 39, secondo comma, della legge 2 luglio 1952, n. 703, in materia di finanza locale, integrato dalle disposizioni del d.m. 26 febbraio 1933, cui fa riferimento, applicherebbe alle condutture elettriche aeree il tributo d’occupazione di spazi ed aree pubbliche in base ad un criterio palesemente irrazionale, in quanto basato su di un'aliquota che, per essere ragguagliata alla unità di lunghezza di linea di un chilometro, colpirebbe nella stessa misura sia le linee che raggiungono come quelle che non raggiungono la detta lunghezza. Ne risulterebbero in conseguenza violati il principio d’eguaglianza (art. 3 Cost.), quello della proporzionalità del tributo alla capacità contributiva (art. 53) ed infine anche quello della riserva di legge in materia di prestazioni personali o patrimoniali (art. 23), giacché, al di là delle intenzioni del legislatore, la prestazione relativa al tributo in esame, per essere distaccato da ogni accertamento oggettivo e razionale, si trasformerebbe in una prestazione personale.

3. - La questione non é fondata.

É innanzi tutto da rilevare come, in entrambe le ordinanze errato sia il richiamo all'art. 39, secondo comma, della legge n. 703 del 1952, giacché tutto il contesto delle deduzioni, su cui si vorrebbe fondare la dedotta illegittimità, si riferisce inequivocabilmente al primo comma di quell'articolo, che, richiamandosi al d.m. 26 febbraio 1933, stabilisce i criteri di applicazione della tassa sui quali si appuntano le censure.

Così identificato l'oggetto del giudizio, osserva la Corte che sussisterebbero seri dubbi sulla legittimità costituzionale della norma impugnata se essa potesse essere interpretata soltanto nel senso che ciascuno dei tratti di linea (compresi quelli assai numerosi ma di brevissimo percorso che, per inserto sulla linea principale portano la corrente ai singoli utenti, e sono perciò indicati col nome di linea di utenza) dovesse considerarsi come autonomo ed essere quindi tassato per un intero chilometro, secondo il criterio dell'arrotondamento per eccesso che si vuole connaturale al sistema.

Deve tuttavia ritenersi che l'art. 39 della legge 2 luglio 1952, n. 703, nella parte in cui recepisce il d.m. 26 febbraio 1933, consenta interpretazioni conformi ai precetti costituzionali, perché il criterio della infrazionabilità della misura base della tassa ragguagliata al chilometro lineare, non esclude che i singoli tratti di linea, di cui si sostiene la autonoma tassabilità, possano, anzi debbano, essere conglobati, mediante la somma delle relative lunghezze. Il che, eliminando tutta una serie di assurdi arrotondamenti delle minori lunghezze a quella di un chilometro, esclude ogni esosità nell'applicazione del tributo.

Questa interpretazione, fondata sulla ratio desumibile dal complesso delle disposizioni di cui al d.m. del 1933, recepito dall'art. 39 impugnato, é stata già fatta propria dalla Corte di cassazione, almeno per quanto concerne il caso sinora pervenuto al suo esame, che é quello relativo ai singoli attraversamenti stradali di una stessa linea che, per deviazioni, uscita e rientro dall'area pubblica, o per altre accidentalità del suo sviluppo, presenti variazioni di percorso o soluzioni di continuità fra suolo pubblico e suolo privato.

Ma il principio su cui quella interpretazione si fonda é suscettibile di applicazioni più generali ed ha valore anche nel caso delle così dette linee di utenza, rispetto alle quali, secondo risulta dalle ordinanze di rimessione e dagli atti dei relativi giudizi, resta aperto e vivo il contrasto interpretativo.

Per tutte le linee, infatti, il presupposto del tributo é unico ed é costituito dalla occupazione dell'area pubblica nella sua effettiva consistenza.

Da ciò consegue che i tratti di linea, ai fini della tassabilità, andrebbero in teoria tutti conglobati, e cioé sommati fra loro.

Poiché però il conglobamento é ottenuto mediante un'operazione aritmetica, quale la somma dei singoli tratti di linea, é ovvio che esso possa essere operato soltanto fra quantità omogenee.

Il criterio della omogeneità o eterogeneità di quei tratti, ai fini della applicazione del tributo, non può però essere ricercato in base a dati, anche se tecnicamente rilevanti, ma cui le norme che disciplinano l'applicazione del tributo non fanno alcun riferimento.

Al riguardo va osservato che il decreto ministeriale del 1933 cui l'art. 39 si riporta, contempla vari tipi di linee elettriche e le differenzia tra loro, ma le individua soltanto con riferimento alla zona in cui sono situate, alla composizione di esse con meno di cinque o con cinque o più fili e alla portata delle stesse con tensioni inferiori a 250 Volt o superiori a tale valore.

Solo queste distinzioni, fra le linee componenti una stessa rete, la legge conosce ai fini dell'applicazione del tributo, ed é ovvio perciò che solo esse, creando una eterogeneità fra i vari tratti di linea, possono impedire che essi siano insieme addizionati e che si effettui, nei loro confronti, la così detta operazione di conglobamento. Al contrario, le linee omogenee, che, per chiarezza, può aggiungersi, sono tutte quelle colpite con la stessa aliquota, vanno ovviamente sommate fra loro.

Secondo questa interpretazione, già autorevolmente emersa, nell'applicazione della norma di cui all'art. 39, comma primo, della legge n. 703 del 1952, risulta escluso ogni elemento di casualità, e quindi di arbitrarietà, nell'applicazione del tributo.

Ne consegue perciò che l'anzidetta norma non può essere ritenuta in contrasto con i principi costituzionali invocati nelle ordinanze di rinvio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, della legge 2 luglio 1952, n. 703, contenente disposizioni in materia di finanza locale, questione proposta, dalle ordinanze indicate in epigrafe, con riferimento agli artt. 3, 23 e 53 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 maggio 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Ercole ROCCHETTI

Depositata in cancelleria il 18 maggio 1972.