Sentenza n. 16 del 1972

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       SENTENZA N. 16

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 29 maggio 1939, n. 1208 (approvazione del piano generale di massima edilizio della città di Napoli e delle relative norme d’attuazione), promosso con ordinanza emessa l'11 giugno 1968 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - sezione V - sul ricorso di D'Acierno Antonio ed altri contro il Comune di Napoli e la società Sepe-Costruzioni, iscritta al n. 213 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 165 del 2 luglio 1969.

Visti gli atti di costituzione di D'Acierno Antonio ed altri e del Comune di Napoli;

udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1971 il Giudice relatore Francesco Paolo Bonifacio;

udito l'avv. Amedeo Gleijeses, per il Comune di Napoli.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza dell'11 giugno 1968 (pervenuta alla Corte il 21 maggio 1969) la V sezione del Consiglio di Stato ha sollevato una questione di legittimità costituzionale concernente la legge 29 maggio 1939, n. 1208, che approva il "piano generale di massima edilizio" della città di Napoli, limitatamente alla parte in cui tale piano prevede le c.d. "zone grigie".

Nel provvedimento di rimessione il Consiglio premette che, secondo il suo costante indirizzo giurisprudenziale, nella "zona grigia" é permessa la sola ricostruzione degli edifici già esistenti con la conseguenza che le aree libere di quella zona sono "radicalmente sottratte ad ogni attività edificatoria"; premette ancora, in tema di preliminare esame della rilevanza, che solo la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di siffatto vincolo renderebbe applicabile, nel caso concreto sottoposto al suo esame, la disposizione del regolamento edilizio del 1935 relativa all'altezza massima degli edifici.

Ciò posto, il giudice a quo ritiene non manifestamente infondato il dubbio che la disposizione impugnata, imponendo un vincolo che si risolve "in un sostanziale svuotamento del diritto di proprietà", violi l'art. 42 della Costituzione per la mancata previsione di un indennizzo.

2. - Innanzi a questa Corte si sono costituiti i ricorrenti D'Acierno (atto depositato il 22 luglio 1969) ed il Comune di Napoli (atto depositato il 14 giugno 1969). Non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

3. - La difesa dei D'Acierno rileva che, posto che sia esatta l’interpretazione data dal giudice a quo alla disposizione impugnata, bisogna tener conto del fatto che il piano regolatore generale di Napoli é anteriore non solo alla Costituzione, ma anche alla legge urbanistica di Napoli; osserva altresì che il vincolo all'edilizia preesistente mira alla conservazione delle caratteristiche di certe zone o quartieri e che pertanto la relativa prescrizione può considerarsi come una limitazione generale del modo di godimento della proprietà privata. La stessa difesa accenna, tuttavia, alla possibilità che sia disattesa l'interpretazione che costituisce la premessa dalla quale il Consiglio di Stato é partito: a tal proposito essa fa rilevare che nessuna norma scritta del piano regolatore generale detta prescrizioni sulla c.d. zona grigia, giacché questa é definita graficamente solo sulle tavole annesse al piano, e che la legenda ad essa relativa parla di zona "esistente" e non di zona "preesistente" (constatazione che potrebbe avvalorare l'ipotesi di un suo significato meramente descrittivo).

4. - La difesa del Comune di Napoli, nell'atto di costituzione ed in una successiva memoria depositata il 24 novembre 1971, dopo aver osservato che in via preliminare occorre accertare la natura dell'indicazione ("zona esistente") relativa alla "zona grigia", contenuta nelle tavole annesse al piano regolatore, per stabilire, ai fini dell'ammissibilità della questione, se si tratti di atto avente forza di legge, contesta l'esattezza dell'interpretazione data dal Consiglio di Stato alla disposizione de qua e a tal proposito richiama: a) l'indirizzo giurisprudenziale dello stesso Consiglio, secondo il quale i vincoli che comportino gravi limitazioni al diritto di proprietà devono essere imposti con norme chiare e precise; b) l'affermazione fatta dal Consiglio in una decisione del 1962, con la quale la qualificazione "zona esistente" venne intesa nel senso che si tratta di zona per la quale il piano non volle dettare alcuna disciplina; c) le decisioni, nello stesso senso, adottate dal giudice ordinario, penale e civile. Ma se pur si dovesse accedere all'interpretazione dalla quale muove l'attuale ordinanza di rimessione, la questione - così prosegue la difesa - dovrebbe essere dichiarata infondata per effetto della sopravvenuta legge 19 novembre 1968, n. 1887, in forza della quale le indicazioni dei piani regolatori, nelle parti in cui incidono su beni determinati, perdono ogni efficacia se entro cinque anni non siano approvati i relativi piani particolareggiati: e proprio in considerazione di tale ius superveniens la medesima questione di legittimità costituzionale é stata ritenuta manifestamente infondata dal Consiglio di Stato in un’ ordinanza del 9 dicembre 1970, pronunziata in altro giudizio.

5. - Nella discussione orale la difesa del Comune di Napoli, oltre che riportarsi alle tesi ed alle conclusioni contenute negli scritti difensivi innanzi riassunti, ha richiamato l'attenzione della Corte sulla circostanza che le tavole annesse al piano regolatore sono attualmente sottoposte a sequestro penale disposto dal giudice istruttore del tribunale di Napoli ed ha invitato la Corte a valutare le conseguenze che vanno tratte dalla non disponibilità dell'atto sul quale il sindacato di legittimità dovrebbe essere esercitato.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione di legittimità costituzionale promossa dall'ordinanza di rimessione ha ad oggetto il piano regolatore generale di Napoli, approvato con la legge 29 maggio 1939, n. 1208, limitatamente alle prescrizioni concernenti la c.d. "zona grigia". Nel sollevare tale questione il Consiglio di Stato muove dal presupposto che le aree pertinenti a siffatta zona, che fossero libere al momento dell'entrata in vigore della legge, risultano gravate da un vincolo di inedificabilità assoluta, risolventesi in un sostanziale svuotamento del diritto di proprietà "senza corresponsione di indennizzo": dal che deriverebbe il contrasto fra la disposizione impugnata e l'articolo 42 della Costituzione.

2. - Posto che il giudice a quo trae la norma oggetto del presente giudizio dalle tavole planimetriche annesse al piano e dalla legenda "zona esistente" apposta alle c.d. "zone grigie", occorre valutare le tesi difensive preliminari sostenute dalla difesa del Comune di Napoli: a) in ordine alla circostanza che la Corte non dispone del testo delle tavole, attualmente sequestrate a seguito di provvedimento del giudice istruttore presso il tribunale di Napoli; b) in ordine al dubbio che non si tratti di atto avente forza di legge.

Per quanto riguarda il primo punto la Corte osserva che - mentre ricade nell'esclusiva competenza del giudice a quo accertare se l'edificio intorno al quale si controverte é costruito in "zona grigia" - risulta superfluo disporre l'acquisizione al presente giudizio delle tavole originali annesse al piano regolatore, dal momento che nessun dubbio investe l'esistenza, in tali tavole, di "zone grigie" e della relativa legenda "zona esistente"; essa non é contestata neppure dallo stesso Comune, dal quale, anzi, proviene una copia ufficiale di stralcio dalla tavola n. 25, contenente la predetta colorazione e qualificazione, esibita negli atti del giudizio di merito.

Deve essere disattesa anche la seconda eccezione, giacché, ai sensi del secondo comma dell'art. 1 della legge in esame, il piano che viene legislativamente approvato é costituito non solo dalle "norme generali e prescrizioni tecniche" ma, altresì, dalle "trentatré tavole planimetriche": sicché la norma che da queste trae il Consiglio di Stato é indubbiamente contenuta in un atto che per relationem fa parte del testo legislativo e, quindi, ha forza di legge.

3. - La rilevanza della questione viene giustificata dal Consiglio di Stato con l'affermazione che, annullata la disciplina concernente le "zone grigie" (vale a dire, il divieto assoluto di edificazione sulle aree libere in esse comprese), debbano trovare applicazione le norme regolamentari del 1935 concernenti l'altezza massima degli edifici.

La Corte ritiene che, senza esercitare nella specie alcun sindacato sulla valutazione del giudice a quo in ordine alla individuazione della norma applicabile al caso concreto una volta che fosse accertata e dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma impugnata, la questione debba essere pur tuttavia, sotto altro profilo, dichiarata inammissibile per difetto assoluto di rilevanza.

A tal proposito giova mettere in evidenza che in tema di limitazioni urbanistiche questa Corte dichiarò (sent. n. 55 del 1968) l'illegittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, non già nella parte in cui la disposizione consente l'imposizione a tempo indeterminato di vincoli di zona aventi sostanziale contenuto espropriativo, sibbene nella sola parte in cui tale disposizione "non prevede un indennizzo". Nel caso ora in esame - così come nei giudizi definiti in pari data con sentenza n. 15 - la Corte ritiene superfluo accertare se il vincolo discendente dalla norma impugnata sia a tempo indeterminato (e quale influenza abbia spiegato, su questo punto, la legge 19 novembre 1968, n.1187); se esso abbia contenuto sostanzialmente espropriativo; quale incidenza sulla questione possa avere la circostanza che la supposta espropriazione, in quanto immediatamente discendente dalla legge, si sarebbe in effetti verificata prima della entrata in vigore della Costituzione. Ed infatti, posto che ne ricorressero tutte le premesse, l'illegittimità costituzionale colpirebbe la denunziata disposizione solo nella parte in cui non é previsto un indennizzo: ferma restando ogni altra sua parte (divieto di edificare sulle aree libere) non si verificherebbe, per quanto riguarda il piano regolatore approvato dalla legge in esame, quella mancanza di normativa che, a giudizio dello stesso Consiglio di Stato, consentirebbe di applicare al caso concreto, oggetto della controversia, le disposizioni del regolamento del 1935.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale della legge 29 maggio 1939, n. 1208 (avente ad oggetto l'"approvazione del piano generale di massima edilizio della città di Napoli e delle relative norme di attuazione"), sollevata dall'ordinanza indicata in epigrafe limitatamente alle prescrizioni riguardanti la c.d. "zona grigia" ed in riferimento all'art. 42, comma terzo della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 1972.

Giuseppe CHIARELLI – Francesco Paolo BONIFACIO

Depositata in cancelleria il 2 febbraio 1972.