Sentenza n. 204 del 1971
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SENTENZA N. 204

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 2120, primo comma, del codice civile, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 9 gennaio 1970 dal pretore di Bergamo nel procedimento civile vertente tra Carrara Giambattista e la società Sacelit, iscritta al n. 51 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 57 del 4 marzo 1970;

2) ordinanza emessa il 30 maggio 1970 dal pretore di Venezia nel procedimento civile vertente tra Bassetto Renzo e la società Cantieri Navali e Officine Meccaniche di Venezia, iscritta al n. 312 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 286 dell'11 novembre 1970.

Visto l'atto di costituzione di Bassetto Renzo;

udito nell'udienza pubblica del 27 ottobre 1971 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

udito l'avv. Luciano Ventura, per il Bassetto.  

Ritenuto in fatto 

1. - Nel procedimento civile vertente tra Giambattista Carrara e la S.p.A. Sacelit, il pretore di Bergamo, con ordinanza emessa il 9 gennaio 1970, sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 2120, comma primo, del codice civile, "nella parte in cui subordina il diritto all'indennità di anzianità al fatto che il rapporto di lavoro abbia avuto almeno la durata di un anno", in riferimento all'art. 36, comma primo, della Costituzione.

Premetteva il pretore che il Carrara, dopo aver lavorato quale operaio alle dipendenze della società convenuta dal 4 marzo 1968 al 14 febbraio 1969, aveva richiesto la somma di lire 22.402, a titolo di indennità di anzianità ma la società aveva contestato l'esistenza del diritto per il fatto che il rapporto di lavoro era durato meno di un anno.

Ciò premesso, il pretore osservava che la norma denunciata, che prevede la corresponsione dell'indennità di anzianità in misura proporzionale agli anni di servizio, non era stata modificata sul punto dall'art. 9 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e andava interpretata, secondo la giurisprudenza della Cassazione, "nel senso che per avere diritto all'indennità di anzianità é richiesto che il rapporto abbia avuto almeno la durata di un anno".

Osservava altresì che l'art. 2120, comma primo, atteso il carattere retributivo riconosciuto all'indennità di anzianità da questa Corte, "confisca legislativamente al lavoratore che abbia lavorato alle dipendenze di terzi per un periodo inferiore all'anno una parte della retribuzione".

E concludeva, ritenendo che ciò fosse in contrasto con il disposto dell'art. 36, comma primo, della Costituzione e senza che detta normativa potesse essere giustificata dalla "particolare minore durata del rapporto di lavoro".

L'ordinanza veniva ritualmente notificata, comunicata e pubblicata.

Davanti a questa Corte non si costituiva nessuna delle parti e non spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

2. - Nel procedimento civile vertente tra Renzo Bassetto e la società Cantieri Navali e Officine Meccaniche di Venezia, il pretore di Venezia, con ordinanza emessa il 30 maggio 1970 sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 2120, comma primo, del codice civile, "nella parte in cui può interpretarsi nel senso che l'indennità di anzianità competa al prestatore di lavoro nella sola ipotesi di servizio di durata non inferiore ad un anno", per contrasto con l'art. 36 della Costituzione.

Secondo il pretore la questione non appariva manifestamente infondata, perché per la detta interpretazione restrittiva della norma si era pronunciata la Cassazione, perché con l'articolo 1 della legge 18 febbraio 1960, n. 1561 era stato sancito un conteggio in dodicesimi per l'indennità di anzianità dovuta agli impiegati privati, ed in base all'art. 9 della citata legge n. 604 del 1966 il diritto all'indennità di anzianità spettava al lavoratore in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro, e perché all'indennità in oggetto é concordemente riconosciuto il carattere di retribuzione differita.

L'ordinanza veniva ritualmente notificata, comunicata e pubblicata.

Davanti a questa Corte si costituiva soltanto il Bassetto, con atto depositato il 18 novembre 1970.

Il Bassetto, riportandosi all'orientamento giurisprudenziale di questa Corte in ordine alla natura retributiva dell'indennità di anzianità, chiedeva che la questione fosse dichiarata fondata.

Negava che il superamento dell'anno di servizio possa essere necessario per consolidare e rendere effettivi i diritti del lavoratore costituzionalmente garantiti. E sosteneva che sotto questo profilo la questione si ricollegasse anche all'indirizzo espresso da questa Corte nella sentenza n. 66 del 1963 in materia di ferie.

Non spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

3. - All'udienza del 27 ottobre 1971, l'avv. Luciano Ventura, per il Bassetto, insisteva nelle precedenti ragioni e richieste.  

Considerato in diritto 

1. - Con le due ordinanze indicate in epigrafe del pretore di Bergamo e del pretore di Venezia é sollevata la stessa questione: se l'art. 2120, comma primo, del codice civile nella parte in cui esclude il diritto del lavoratore subordinato alla indennità di anzianità qualora il rapporto di lavoro a tempo indeterminato sia durato meno di un anno, sia in contrasto con l'art. 36, comma primo, della Costituzione.

I due giudizi vanno, pertanto, riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Nonostante che, in tema di indennità di anzianità, il legislatore, con l'art. 9 della legge 15 luglio 1966, n. 604, abbia dettato disposizioni a quel tempo innovative nei confronti dell'ultima parte del detto primo comma dell'art. 2120 (così come la Corte non ha mancato di rilevare con la sentenza n. 75 del 1968), non può non ritenersi tuttavia in vigore la restante parte della relativa norma e precisamente quella oggetto della presente denunzia.

Il citato art. 9, infatti, si limita a prescrivere che "l'indennità di anzianità é dovuta al prestatore di lavoro in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro", ed il primo comma dell'art. 2120, in conseguenza dell'entrata in vigore di quella legge, non avente per altro portata generale, ed a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale di cui alla citata sentenza n. 75 del 1968, viene a disporre che "in caso di cessazione del contratto a tempo indeterminato, é dovuta al prestatore di lavoro un'indennità proporzionale agli anni di servizio".

Questa norma, in tal modo, fissando il criterio da osservarsi ai fini della determinazione e liquidazione dell'indennità de qua, che per ciò deve essere proporzionata agli anni di servizio, e facendo, allo scopo, riferimento all'anno quale unità di tempo, secondo la giurisprudenza prevalente considera il servizio prestato per un periodo di tempo inferiore ad un anno condizione non sufficiente perché il lavoratore abbia diritto alla detta indennità.

3. - Così interpretata, la norma risulta in contrasto con il disposto dell'art. 36, comma primo, della Costituzione.

L'indennità di anzianità, ad avviso della Corte (citata sentenza n. 75 del 1968), "riveste carattere retributivo, costituendo parte del compenso dovuto pel lavoro prestato".

Data la sua portata complementare nei confronti della retribuzione in senso stretto, deve riconoscersi ad essa la tutela costituzionale propria di quest'ultima: ed in particolare, il relativo diritto discende dai principi consacrati nell'art. 36 della Costituzione e si informa ad essi.

Nella specie, escludendo implicitamente l'art. 2120, comma primo, che il diritto all'indennità spetti al lavoratore che abbia una anzianità di servizio inferiore all'anno, il legislatore viene a negare al lavoratore un diritto che costituzionalmente gli é assicurato.

Il criterio per cui in dipendenza della durata (annuale o superiore all'anno, ovvero inferiore all'anno) del servizio, il ripetuto diritto spetta o meno al lavoratore, non é qui valutato direttamente e in riferimento al principio di eguaglianza, sebbene per la conseguenza della sua applicazione e cioè per il fatto che, in caso di servizio di durata inferiore all'anno, al lavoratore non compete l'indennità.

Non può venire, così, in considerazione la ragione che avrà determinato il legislatore a ricollegare al detto limite di tempo un trattamento differenziato; e senza, per altro, doversi escludere a priori che la previsione di un periodo minimo di servizio possa apparire razionalmente giustificata.

Rileva qui in modo obiettivo la violazione del principio di proporzionalità quantitativa che l'art. 36 pone inderogabilmente a disciplina del rapporto tra retribuzione e prestazione di lavoro, e di conseguenza é illegittima costituzionalmente la norma denunziata nella parte in cui esclude che l'indennità di anzianità spetti al prestatore di lavoro il quale abbia prestato servizio per un periodo di tempo inferiore all'anno.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2120, comma primo, del codice civile nella parte in cui esclude che l'indennità di anzianità sia dovuta al prestatore di lavoro, il cui servizio abbia avuto una durata inferiore all'anno.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1971.

Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1971.