Sentenza n. 201 del 1971
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SENTENZA N. 201

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 707, comma primo, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 2 febbraio 1971 dal tribunale di Napoli nel procedimento civile vertente tra Cerotto Mario e Ghilleri Nicoletta, iscritta al n. 251 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 233 del 15 settembre 1971.

Udito nella camera di consiglio del 28 ottobre 1971 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi.

Ritenuto in fatto 

Con ordinanza del 2 febbraio 1971, emessa nel procedimento civile per separazione personale dei coniugi Mario Cerotto e Nicoletta Ghilleri, il tribunale di Napoli sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 707, comma primo, del codice di procedura civile, nella parte in cui dispone che i coniugi in sede di comparizione personale davanti al presidente del tribunale, non possano essere assistiti dal difensore, per contrasto con l'art. 24 della Costituzione.

Premetteva che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il diritto di difesa é garanzia di contraddittorio e di assistenza tecnico-professionale e che, quindi, l'esclusione dell'assistenza del difensore non rende pienamente realizzabile un'effettiva dialettica processuale; e rilevava, peraltro, che il rispetto dell'art. 24 non comporta necessariamente che in ogni momento ed atto processuale debbano essere garantiti il contraddittorio e la presenza del difensore, ma che tuttavia di volta in volta si debba accertare se l'assenza del difensore e la conseguente minore ampiezza del contraddittorio si traducano in una effettiva lesione del diritto di difesa.

Nella specie, secondo il tribunale, il divieto per i coniugi di far valere le proprie ragioni a mezzo di un legale, si risolverebbe in una illegittima menomazione del detto diritto di difesa, a causa della natura giurisdizionale dell'attività del presidente. Questi, infatti, tra l'altro, deve valutare, sia pure in via di mera deliberazione, se esista o meno la giurisdizione della autorità giudiziaria ordinaria, nonché la competenza per territorio del tribunale adito, ed esaminare la natura dell'impedimento alla comparizione del coniuge ricorrente ai fini dell'applicabilità dell'art. 707, comma secondo, del codice di procedura civile; ed ha il potere di emettere i provvedimenti temporanei ed urgenti nell'interesse dei coniugi e della prole e quelli relativi al proseguimento del giudizio.

E non rileva in contrario, secondo il tribunale, che il presidente, nell'ascoltare i coniugi, prima separatamente, e, poi, congiuntamente, nel tentativo di addivenire ad una conciliazione, agisce per la tutela dell'interesse, anche di natura pubblica, ad una pacifica convivenza tra i coniugi, e che per ciò "appare opportuno, anzi necessario, che in questa opera meta giuridica, il presidente sia solo con le parti per esplicare meglio e con maggiore facilità la sua delicata funzione", perché queste ragioni, in quanto implicano sfiducia nell'opera del difensore, si pongono in netto contrasto con il precetto costituzionale per cui il diritto di difesa si armonizza perfettamente con i fini di giustizia, e perché d'altra parte, dovendo alcuni dei poteri sopra indicati essere esercitati dal presidente prima dell'udienza di comparizione personale dei coniugi, tale udienza fa parte del procedimento di separazione e quindi anche durante tale fase la partecipazione del difensore non può essere esclusa.

Il tribunale, infine, osservava che l'art. 4 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, non contiene per le parti del giudizio di scioglimento del matrimonio il divieto di farsi assistere dal difensore in sede di comparizione personale.

L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata.

Davanti a questa Corte non vi é stata costituzione di parti, né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

La causa pertanto viene decisa, ai sensi dell'art. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, con la procedura di camera di consiglio.  

Considerato in diritto 

1. - Il tribunale di Napoli, con l'ordinanza indicata in epigrafe, solleva la questione di legittimità costituzionale dell'art. 707, comma primo, del codice di procedura civile, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, assumendo che sarebbe in contrasto con il diritto di difesa, spettante ai coniugi nel procedimento di separazione personale, il divieto di essere assistiti da difensore durante l'intera fase presidenziale.

2. - Con sentenza n. 151 del 1971 questa Corte ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale degli artt. 707, comma primo, e 708 del codice di procedura civile nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale, e in caso di mancata conciliazione, é inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori".

La pronuncia ha riguardo alla seconda parte della fase presidenziale e precisamente alle attività ed agli atti successivi alla constatazione che i coniugi, parti del procedimento di separazione personale, non intendono porre fine alla controversia mediante conciliazione.

Da codesta decisione discende, pertanto, la manifesta infondatezza della questione, come sopra sollevata dal tribunale di Napoli, per quanto concerne il divieto di assistenza a mezzo di difensori, relativamente a quella parte della ripetuta fase del procedimento che é successiva alla mancata conciliazione.

3. - Rimane quindi da accertare se sia violato il diritto di difesa dei coniugi per il fatto che ad essi é inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori in sede di comparizione personale e nel tempo in cui il presidente del tribunale sente "i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, procurando di conciliarli".

La questione, contenuta entro questi limiti, non é fondata.

Ai fini dell'accertamento dell'asserito contrasto della norma in esame con l'art. 24 della Costituzione, non dovrebbe aver peso la spettanza, per altro non da tutti ammessa, di poteri al presidente circa la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria e circa la competenza per territorio del tribunale adito. Trattasi, infatti, di poteri che il presidente può esercitare in limine, prima dell'udienza di comparizione. Ad ogni modo, poi, a proposito di essi e dei concreti atti di esercizio, durante il corso del procedimento si instaura il contraddittorio con pienezza di assistenza tecnico-professionale per le parti.

Non rileva neppure il fatto che risulta senza immediata difesa il coniuge che non compare, per ciò che spetta al presidente di esaminare la natura dell'impedimento alla comparizione del coniuge ricorrente onde valutarne la rilevanza ai fini dell'applicazione dell'art. 707, comma secondo, del codice di procedura civile, e del coniuge convenuto, a sensi e per gli effetti di cui al terzo comma dello stesso articolo. Per i coniugi, a seguito della mancata comparizione, non si verificano, infatti, preclusioni o decadenze: il ricorrente, la cui domanda dovesse divenire inefficace, ha sempre il modo ed il tempo di rinnovarla e per le medesime ragioni, ed il coniuge convenuto, che avesse interesse allo svolgimento del tentativo di conciliazione, vede tutelato tale interesse nell'attività processuale cui doverosamente, data la natura della causa, é chiamato il giudice istruttore a sensi dell'art. 185 del codice di procedura civile.

E non é infine ed in sostanza decisivo o importante per la fondatezza della prospettata questione dell'art. 24 l'assenza del difensore durante l'audizione, prima separata e poi congiunta, delle parti e per il tentativo di conciliazione.

Il relativo divieto, operante in questo periodo di tempo, non vuole e non può significare sfiducia nell'opera del difensore.

Si vuole, invece, dal legislatore, nel concorso e nel gioco degli interessi che stanno a base della norma, tutelare in modo preminente l'interesse, di natura pubblica, ad una pacifica continuazione della convivenza tra i coniugi in modo tale che il bene del matrimonio sia permanentemente ed integralmente assicurato. E si reputa sufficiente che alla concreta attuazione di quell'interesse mirino (personalmente) i coniugi ed il presidente del tribunale che non potrà non far valere il prestigio derivantegli dalla sua funzione.

La difesa tecnico-professionale delle parti, per altro, anche in questa fase del procedimento de quo é assicurata. I coniugi, a mezzo dei loro procuratori e difensori, fanno valere le loro ragioni ed avanzano le loro richieste, rispettivamente con il ricorso introduttivo e con memorie difensive che possono produrre prima dell'udienza di comparizione; e sono assistiti dai rispettivi difensori nella seconda parte della fase presidenziale, mancato che sia il tentativo di conciliazione (giusta la citata sentenza n. 151 del 1971).  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata dal tribunale di Napoli con l'ordinanza del 2 febbraio 1971, dell'art. 707, comma primo, del codice di procedura civile, già dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 151 del 18 giugno 1971, nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale ed in caso di mancata conciliazione, é inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori;

dichiara non fondata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale, come sopra sollevata, dell'art. 707, comma primo, del codice di procedura civile, nella parte in cui vieta ai coniugi comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale, per essere sentiti prima separatamente e poi congiuntamente e per il tentativo di conciliazione, di essere assistiti dai rispettivi difensori.  

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1971.

Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 16 dicembre 1971.