Sentenza n. 199 del 1971
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SENTENZA N. 199

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 49, terzo comma, e allegata tabella B, del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, sul perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale, convertito con modificazioni nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, promosso con ordinanza emessa il 9 maggio 1969 dal tribunale di Parma nel procedimento civile vertente tra Nugara Rosalia, Curli Romilda e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 363 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 269 del 22 ottobre 1969.

Visto l'atto di costituzione di Nugara Rosalia;

udito nell'udienza pubblica del 27 ottobre 1971 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;

uditi gli avvocati Paolo Barile e Franco Agostini, per la Nugara.  

Ritenuto in fatto 

Nugara Rosalia, premesso:

a) di aver prestato lavoro quale domestica per non meno di quattro ore giornaliere alle dipendenze di Curli Romilda e che questa non aveva adempiuto agli obblighi contributivi omettendo di applicare le marche previdenziali sulla tessera assicurativa;

b) che sia l'I.N.P.S., sia, successivamente, il Comitato esecutivo del medesimo, avevano respinto la denuncia e il ricorso presentato da essa Nugara contro la datrice di lavoro, rilevando la insussistenza, nella specie, "di un rapporto di lavoro domestico con caratteristiche di orario e di disciplina tali da renderlo soggetto all'obbligo assicurativo di legge";

citava in giudizio avanti il tribunale di Parma sia la Curli, sia l'I.N.P.S. chiedendo che fosse dichiarato intercorso un siffatto rapporto con la conseguente condanna della Curli al versamento dei contributi e dell'I.N.P.S. all'accreditamento dei medesimi.

Subordinatamente, sollevava la questione di legittimità costituzionale dell'art. 37, primo comma, del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Carta, "per la parte in cui, secondo l'interpretazione della Corte di cassazione, esclude i domestici ad ore dalla assicurazione obbligatoria".

Il tribunale, con ordinanza 9 maggio 1969, ritenuta intercorsa tra l'attrice e la Curli una prestazione di lavoro inferiore a quattro ore giornaliere, condividendo, nella sostanza, l'assunto di illegittimità costituzionale della Nugara, ma individuando non già nell'art. 37, ma nell'art. 49 dello stesso decreto n. 1827 e nella tabella B ad esso allegata le disposizioni che, consentendo la suddetta esclusione, sarebbero in contrasto con i ripetuti articoli della Carta, ha per queste sollevato la questione di legittimità costituzionale, sotto il profilo prospettato dall'attrice.

Nel presente giudizio si é costituita la Nugara. Non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Considerato in diritto 

1. - La questione di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Parma riguarda la tutela previdenziale dei prestatori di lavoro domestico continuativo di durata inferiore alle quattro ore giornaliere. Costoro sono esclusi dalla assicurazione generale obbligatoria contro l'invalidità e la vecchiaia perché l'art. 49, terzo comma, del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, determina, nella tabella B ad esso aIlegata, i contributi per i domestici "a servizio intero" e per quelli "a mezzo servizio", e la Corte di cassazione ha interpretato l'espressione "servizio intero" come servizio di otto o più ore giornaliere, e "mezzo servizio" come servizio dalle quattro alle otto ore al giorno; deducendo altresì, in base ad argomentazioni tratte dalle leggi 18 gennaio 1952, n. 35, e 2 aprile 1958, n. 339, che, per quanto concerne l'obbligo delle assicurazioni previdenziali ed il regolamento del rapporto stesso, il legislatore ha voluto tutelare soltanto i lavoratori domestici che prestino non meno di quattro ore di lavoro al giorno.

Secondo l'ordinanza di rimessione, la norma dell'art. 49 sopraindicata, così come é stata interpretata, sarebbe in contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, in quanto la esclusione si baserebbe soltanto su una diversità di condizioni personali e sociali, e con l'art. 38, secondo comma, per il quale tutti i lavoratori hanno diritto a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria.

2. - La questione é inammissibile.

L'art. 49, terzo comma, del r.d.l. n. 1827 del 1935, e la relativa tabella B sono stati abrogati espressamente dall'art. 6 del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636. Pertanto, non é consentito proporre alcuna questione di legittimità costituzionale per fatti verificatisi - come nella specie - successivamente alla data in cui tale norma ha cessato di avere vigore.

Dopo l'abrogazione della norma legislativa é subentrata, per il personale addetto ai lavori familiari, una nuova disciplina, atteso che il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, può - con propri decreti - per particolari categorie di lavoratori ed anche per limitate zone del territorio nazionale, stabilire le tabelle di retribuzioni medie agli effetti del calcolo del contributo, e fissare altresì i periodi medi di attività lavorativa (art. 6 del r.d.l. n. 636 del 1939, modificato dalla legge 4 aprile 1952, n. 218). E dal 1939 ad oggi si sono succeduti vari decreti del genere.

In considerazione di siffatti poteri del Ministro, si dimostrano prive di consistenza le affermazioni della ordinanza di rimessione che l'opera dello stesso risulti limitata "all'adeguamento dei criteri di determinazione del contributo", e che la norma di legge impugnata sia rimasta in vigore, malgrado l'espressa abrogazione, per quanto riguarda la distinzione fra domestici a "servizio intero" e "domestici a mezzo servizio". E, per questa ultima parte, é da notare in modo particolare che, allorché si debbano stabilire retribuzioni medie, si deve necessariamente tenere conto della differenza di salario a seconda che si tratti di servizio intero o di mezzo servizio, sicché la distinzione in esame deriva da una realtà di fatto e non dalla norma di legge abrogata.

Ciò posto, non può disconoscersi che l'asserita disparità di trattamento e la connessa mancanza di assistenza previdenziale dipendono se mai dalla disciplina disposta con i sopracennati decreti ministeriali. E poiché questi non sono atti aventi forza di legge sfuggono al sindacato di questa Corte.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 49, terzo comma, (e della allegata tabella B) del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (sul perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), convertito con modificazioni nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, questione sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione con ordinanza del tribunale di Parma del 9 maggio 1969.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1971.

Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 16 dicembre 1971.