Sentenza n. 180 del 1971
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SENTENZA N. 180

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11, terzo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195, recante norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, promosso con ordinanza emessa il 7 novembre 1969 dal tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Borlenghi Giuseppe, iscritta al n. 20 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetfa Ufficiale della Repubblica n. 50 del 25 febbraio 1970.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 13 ottobre 1971 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

Il tribunale di Milano, sezione III penale, nel decidere il giudizio a carico di Borlenghi Giuseppe, contumace, ha pronunziato l'ordinanza in data 7 novembre 1969, con la quale, visto che per comporre il Collegio era stato ad esso applicato, con provvedimento del Presidente, un giudice di altra sezione, ha ritenuto necessario verificare preliminarmente se l'applicazione fosse legittima ai sensi delle norme dell'ordinamento giudiziario relative alla nomina e alla capacità del giudice, stante che alla violazione di esse consegue, per l'art. 185 del codice di procedura penale, la nullità degli atti. Nel compiere tale verifica il tribunale ha ritenuto che le dette norme erano state nel caso rispettate, ma che tuttavia l'applicazione non potesse considerarsi legittima, in quanto non legittima appariva la nomina del Presidente che l'aveva disposta. E ciò perché egli era stato nominato dal Consiglio superiore della magistratura, previo concerto col Ministro di grazia e giustizia, in conformità dell'art. 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, laddove tale disposizione sarebbe da ritenere contrastante con gli artt. 104, primo comma, 105 e 110 della Costituzione, che assegnano tutte le nomine dei magistrati alla competenza del Consiglio ed attribuiscono al Ministro la sola competenza in ordine all'organizzazione dei servizi relativi alla giustizia. In tali sensi il tribunale sollevava questione di legittimità costituzionale, rimettendo gli atti a questa Corte.

Nel giudizio avanti la stessa si costituiva per il Presidente del Consiglio dei ministri l'Avvocatura generale dello Stato che concludeva, in via preliminare per la irrilevanza, e nel merito per la infondatezza della proposta questione di costituzionalità.

Considerato in diritto 

La III sezione penale del tribunale di Milano, essendo stato il Collegio costituito con l'applicazione, disposta dal Presidente, di un giudice di altra sezione, prima di procedere all'esame del merito del processo ha ritenuto di dover verificare la legittimità della sua composizione in ordine al rispetto delle norme sulla "nomina e la capacità del giudice, stabilite dalle leggi di ordinamento giudiziario", stante che la loro violazione produce, ai sensi dell'art. 185 del codice di procedura penale, la nullità degli atti. E, pur constatando che l'applicazione era stata disposta dall'organo indicato nell'esercizio dei poteri e nell'ambito dei casi fissati dalla legge, ha tuttavia concluso di dover almeno dubitare della legittimità della propria composizione per il motivo che il provvedimento di applicazione era stato adottato dal Presidente, la cui nomina poteva ritenersi illegittima. E ciò in quanto essa era stata deliberata dal Consiglio superiore della magistratura a seguito del concerto col Ministro di grazia e giustizia, e cioè col procedimento stabilito dall'art. 11 della legge 24 marzo 1958, n. 195, la cui disposizione sembrerebbe contrastare con gli artt. 104, primo comma, 105 e 110 della Costituzione.

Dal che la dedotta questione di costituzionalità, in ordine alla quale la Corte, nel confermare la propria giurisprudenza sull'appartenenza al giudice a quo del giudizio di rilevanza, purché sufficientemente e non contradittoriamente motivato, constata come il giudizio espresso nel caso dal tribunale in ordine alla rilevanza si manifesti prima facie errato, non essendovi logica connessione tra il presunto vizio di legittimità costituzionale delle norme denunziate e l'oggetto della indagine che il tribunale, per non incorrere in eventuali nullità dei suoi atti, si era proposta in ordine alla regolarità della propria composizione.

É ovvio infatti che, una volta acclarato che il provvedimento di applicazione del giudice era stato adottato dal Presidente, e cioè dall'organo competente ed in conformità delle norme che regolano quell'istituto, nessun'altra indagine il tribunale aveva a compiere, perché la regolarità della sua composizione risultava già certa ed ogni temuta irregolarità degli atti esclusa.

Ultronea risultava, in particolare, l'indagine sulla regolarità del procedimento di nomina dell'organo che aveva emanato il provvedimento, perché, essendo stata quella nomina formalmente assunta, gli atti compiuti e i provvedimenti emanati dall'organo resterebbero efficaci anche nel caso che essa venisse in prosieguo, nelle forme stabilite ed in sede competente, ritenuta invalida ed annullata.

Ed essendo quindi fuori discussione la efficacia del provvedimento di applicazione del giudice alla sezione, ogni questione, compresa quella di costituzionalità, sulla regolarità della nomina del Presidente che quel provvedimento aveva adottato, restava del tutto priva di interesse ai fini del giudizio e, rispetto ad esso, irrilevante.

Le questioni proposte devono essere pertanto dichiarate inammissibili per difetto di rilevanza.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 11, terzo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195, istitutiva del Consiglio superiore della magistratura, proposta dal tribunale di Milano, sezione III penale, in riferimento agli artt. 104, primo comma, 105 e 110 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 novembre 1971.

Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 17 novembre 1971.