Sentenza n. 170 del 1971
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 170

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 63 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (testo unico delle leggi sull'ordinamento della Corte dei conti), promossi con due ordinanze emesse il 23 aprile 1969 dalla Corte dei conti - sezione IV giurisdizionale ordinaria - sui ricorsi di Antonaroli Angelo e di Testini Michele, iscritte ai nn. 18 e 19 del registro ordinanze 1970 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50 del 25 febbraio 1970.

Udito nella camera di consiglio del 17 giugno 1971 il Giudice relatore Nicola Reale.  

Ritenuto in fatto 

Con due ordinanze emesse il 23 aprile 1969, nei procedimenti in materia di pensioni ordinarie promossi con ricorsi di Antonaroli Angelo e Testini Michele, la IV sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha sollevato di ufficio, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 63 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, nella parte in cui dispone che i ricorsi contro i provvedimenti definitivi di liquidazione di pensioni a carico dello Stato devono essere "presentati" alla Corte medesima nel termine di 90 giorni, decorrente dalla data della comunicazione o notificazione del provvedimento di concessione o di rifiuto della pensione.

In base a questa disposizione, nel caso in cui l'interessato per la presentazione del ricorso si avvalga del servizio postale, egli ha l'onere di spedire l'atto con anticipo rispetto al giorno di scadenza del termine predetto, affinché il recapito avvenga non oltre il novantesimo giorno, sotto pena di decadenza dall'impugnazione e irricevibilità del ricorso.

Diversamente da tale disciplina, in materia di pensioni di guerra l'art. 109, terzo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313 (come già l'art. 114 della precedente legge 10 agosto 1950, n. 648) prevede essere sufficiente, ai fini della tempestiva proposizione del ricorso contro il decreto del Ministro del tesoro, che nel termine sopra ricordato avvenga soltanto la spedizione del plico postale.

In materie pensionistiche analoghe, quindi, si osserva nelle ordinanze, sussisterebbe una disparità di trattamento contrastante con il principio costituzionale di uguaglianza, giacché sostanzialmente non diverse sarebbero le fattispecie concernenti rispettivamente l'impugnazione relativa a pensione ordinaria e quella dell'analogo provvedimento di concessione o rifiuto di una pensione di guerra. Né avrebbe rilievo in proposito la diversità di fondamento giuridico fra le predette cause di attribuzione della pensione. E tuttavia gli aventi diritto a quest'ultimo beneficio disporrebbero, per la spedizione del ricorso, di un termine certo di scadenza, mentre tale non risulterebbe quello preveduto per la presentazione del ricorso per pensioni ordinarie, essendo questo reso incerto, quanto alla sua durata, dal tempo occorrente per il recapito postale.

Davanti a questa Corte non si é costituita alcuna delle parti, né é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri; pertanto, ai sensi dell'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e dell'art. 9, primo comma, delle Norme integrative 16 marzo 1956, le due cause sono state fissate, per la decisione, in camera di consiglio.  

Considerato in diritto 

1. - I due giudizi, per l'identità della questione proposta, devono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Entrambe le ordinanze prospettano la questione circa la legittimità costituzionale dell'art. 63 del testo unico delle leggi sull'ordinamento della Corte dei conti (approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214), in riferimento al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.

Il primo comma di detto articolo si limita a prescrivere che il termine di novanta giorni per la presentazione alla Corte dei ricorsi menzionati nel precedente art. 62 (compresi quelli avverso i provvedimenti definitivi di liquidazione di pensioni ordinarie a carico totale o parziale dello Stato), decorre dalla data di comunicazione o notificazione del provvedimento.

Orbene se il ricorrente, anziché depositare o far depositare direttamente l'atto negli uffici della Corte, si avvale del servizio postale (come gli é consentito, ancorché la norma di cui sopra non lo specifichi), la presentazione stessa può considerarsi perfetta solo con l'arrivo del plico raccomandato agli uffici della Corte e non con la consegna di esso all'ufficio postale mittente.

Ne consegue che, se il plico sia recapitato dopo lo spirare del termine, sicuramente perentorio, il ricorso é irricevibile e ciò anche nel caso che la consegna all'ufficio postale mittente sia avvenuta nel termine predetto, come appunto per i due ricorsi che hanno provocato le ordinanze di rimessione.

In queste viene posta a raffronto la detta normativa con l'altra, ben diversa e più favorevole ai ricorrenti, vigente in materia di pensioni di guerra per l'art. 109, legge 18 marzo 1968, n. 313, riproducente con qualche modifica, che qui non interessa, l'art. 114 della precedente legge 10 agosto 1950, n. 648, a sua volta derivato dall'art. 1 del r.d. 6 febbraio 1942, n. 50, che sostituì l'originario art. 86 del t.u. del 1934 sopra citato.

Con l'art. 109, premessa nel primo comma la imposizione di un analogo termine di impugnazione della durata di novanta giorni, si prevede, nel terzo comma, che il ricorso "dev'essere depositato alla segreteria della Corte dei conti o a questa spedito mediante raccomandata".

"In questo secondo caso, della data di spedizione fa fede il bollo dell'ufficio postale mittente e, qualora questo sia illeggibile, la ricevuta della raccomandata".

Il termine, pertanto, si considera osservato anche con la semplice spedizione del plico contenente il ricorso, senza che abbia rilievo pregiudizievole il tardivo ed eventualmente mancato recapito del plico agli uffici della Corte, come invece può accadere in materia di pensioni ordinarie.

Si assume dai giudici di merito, con vari argomenti, che simile diversità di trattamento, riguardo alla determinazione del dies ad quem per ricorrere contro provvedimenti rispettivamente relativi a pensioni ordinarie e a pensioni di guerra, é priva, sul punto, di giustificazione logica e giuridica.

La questione é fondata.

3. - É evidente che la disciplina preveduta dalla norma impugnata importa incertezza, o quanto meno decurtazione, del termine legale in danno degli aventi diritto a richiedere la tutela giurisdizionale contro la liquidazione della pensione di quiescenza o privilegiata che si pretenda illegittima o avverso il rifiuto di essa. E ciò nei confronti di soggetti i quali, per la presentazione del ricorso, si avvalgano del servizio postale, in situazioni non diverse da quelle che legittimano l'uso di tale mezzo nei giudizi concernenti pensioni di guerra, ai sensi delle disposizioni sopra citate.

Va ricordato al riguardo che per la proposizione del ricorso, in entrambe le materie, non é richiesto il patrocinio legale (necessario soltanto per la comparizione in pubblica udienza nei giudizi concernenti pensioni ordinarie, ai sensi dell'art. 3, commi secondo e terzo, della legge 21 marzo 1953, n. 161) e che l'uso del servizio postale si appalesa normalmente mezzo agevole e utile a favore di quanti, quale che sia il titolo onde ripetono il diritto a pensione, si trovino, generalmente per ragioni di età, infermità, invalidità, condizioni economiche od altre, nella impossibilità di recarsi personalmente negli uffici della Corte, talora anche molto lontani dal luogo di loro residenza, e non siano nemmeno in grado di avvalersi di un apposito incaricato.

D'altra parte é indubbio che in entrambe le ipotesi il termine perentorio svolge identica funzione, in quanto preordinato al verificarsi della decadenza dall'esercizio del diritto a ricorrere, al fine generale della certezza degli atti della pubblica amministrazione.

Conseguentemente, ove il termine stesso decorra inutilmente, il ricorso presentato intempestivamente é colpito dalla sanzione della irricevibilità. Ma nei giudizi concernenti pensioni ordinarie, così come in quelli relativi a pensioni di guerra, la presentazione dei ricorsi non incide direttamente sugli oneri processuali di soggetti che abbiano il potere di interloquire nei giudizi medesimi e non ne condiziona l'esercizio.

In particolare, dalla normativa in esame non risulta aver rilevanza alcun interesse che si palesi direttamente subordinato alla ricezione, nel termine di novanta giorni sopra ricordato, del ricorso concernente una pensione ordinaria, e possa giustificare il più rigoroso criterio adottato per l'accertamento della sua decorrenza rispetto all'analogo caso in materia di pensioni di guerra.

Non sembra pertanto essere razionalmente fondata, né rispondente ad esigenze etico sociali, tale diversità, derivante dalla non estensione ai procedimenti per pensioni ordinarie della più favorevole norma che consente agli interessati di osservare il termine di impugnativa con la spedizione del ricorso presso un ufficio postale.

In conclusione la diversa disciplina risultante dall'art. 63 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, non può non ravvisarsi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, che esige pari trattamento normativo per situazioni fra loro non difformi.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 63 del testo unico delle leggi sull'ordinamento della Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, nella parte in cui esclude che il termine stabilito per la presentazione dei ricorsi di cui al precedente art. 62 possa essere osservato anche con la spedizione dei ricorsi stessi mediante raccomandata, e che, in questo caso, della data di spedizione faccia fede il bollo dell'ufficio postale mittente e, qualora il bollo sia illeggibile, la ricevuta della raccomandata.

 Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria l'8 luglio 1971.