Sentenza n. 164 del 1971
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SENTENZA N. 164

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 4 aprile 1964, n. 171, sulla disciplina della vendita delle carni fresche e congelate, promossi con sei ordinanze emesse i1 22 dicembre 1969 dal pretore di Seneghe in altrettanti procedimenti penali rispettivamente a carico di Carta Angelo, Zocheddu Serafino, Fara Franceschino, Pes Giuseppe Maria, Sanna Pietro e Pinna Antonio, iscritte ai nn. 91, 92, 93, 94, 95 e 96 del registro ordinanze 1970 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 82 del 1 aprile 1970.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 16 giugno 1971 il Giudice relatore Enzo Capalozza;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

Nel corso di sei procedimenti penali a carico di macellai imputati, fra l'altro, di violazione dell'art. 5 della legge 4 aprile 1964, n. 171, per aver omesso di esporre nei loro negozi le tabelle indicanti lo stato - fresco o congelato - della carne posta in vendita, il pretore di Seneghe, prima di emettere i decreti penali di condanna a carico dei prevenuti, si poneva il quesito se fosse legittimo l'art. 7 della legge suddetta, il quale é così formulato:

"I contravventori alle norme del precedente articolo" (che riguarda l'obbligo, per gli importatori di carni congelate, di tenere un registro di carico e scarico) "sono puniti con ammenda da lire 500.000 a lire 10.000.000.

In caso di recidiva, il contravventore é cancellato dall'elenco degli importatori di carni.

Chiunque contravviene alle altre disposizioni della presente legge é punito con l'ammenda da lire 500.000 a lire 10.000.000. Pendendo provvedimento penale può essere disposta la sospensione della licenza sino all'esito del giudizio penale.

In caso di recidiva la licenza di vendita é revocata".

Secondo il pretore, non é tanto la misura della pena, per altro di per sé elevata, a far sorgere dubbi di natura costituzionale, quanto il fatto che essa é identica per ipotesi diverse, ossia per quelle indicate, rispettivamente, nel primo e nel terzo comma dell'articolo: omissione del registro di carico e scarico, da parte degli importatori di carni congelate, e mancata apposizione della tabella o insegna con indicazione dello stato (fresco o congelato) della carne, da parte dell'esercente. Non sarebbe giusto, insomma, prevedere reati diversi e sanzionarli in modo identico, tanto più che l'uno appare più grave rispetto all'altro, potendo consistere, il primo, nell'importazione clandestina e fraudolenta di carne congelata, il secondo, nella omessa collocazione, anche solo per distrazione, di un cartello.

Dopo le prescritte notificazioni e comunicazioni, si é costituita dinanzi alla Corte solo la Presidenza del Consiglio dei ministri, con atto del 15 aprile 1970, nel quale si sostiene che la questione é infondata poiché :

a) l'apposizione di cartelli o tabelle di contraddistinzione nell'esercizio commerciale e la tenuta dei registri di carico e scarico di carni congelate importate attengono entrambe a prescrizioni di polizia: l'"importazione clandestina e fraudolenta", cui allude il pretore, é ipotesi diversa, del tutto estranea alla legge del 1964 e da ascrivere ai reati di contrabbando, nel duplice aspetto doganale e sanitario;

b) stante l'identità ontologica delle ipotesi previste nell'art. 7 denunziato, l'identità della pena non é irrazionale;

c) comunque, non compete alla Corte sindacare la congruità o meno della sanzione, né eventuali imperfezioni di tecnica legislativa.

Con memoria in data 3 giugno 1971, l'Avvocatura ha confermato le proprie tesi ed insistito nelle conclusioni prese.  

Considerato in diritto 

1. - Il pretore di Seneghe, con sei ordinanze di identico contenuto, emesse in altrettanti procedimenti penali, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, terzo comma, della legge 4 aprile 1964, n. 171 ("Modificazioni al r.d.l. 26 settembre 1930, n. 1458, sulla disciplina della vendita delle carni fresche e congelate"), in riferimento all'art. 3 della Costituzione, in quanto punisce con la stessa pena (ammenda da lire 500.000 a lire 10.000.000) chi, anche per mera distrazione, ometta di apporre nel suo locale il cartello o la tabella indicante lo stato della carne in vendita - fresca o congelata - (art. 5 della citata legge) e chi la carne congelata importa, magari clandestinamente e fraudolentemente (art. 7, primo comma, in relazione all'art. 6 della stessa legge).

2. - La questione non é fondata.

É da premettere che le rigorose norme penali sono contenute in una legge volta alla liberalizzazione della distribuzione e all'incremento della vendita di tutte le carni negli spacci di macelleria, secondo un indirizzo opposto a quello seguito dal r.d.l. 26 settembre 1930, n. 1458: e sono, tali norme, dirette ad ovviare agli inconvenienti che la nuova disciplina potrebbe determinare.

Non rileva l'imperfetta tecnica legislativa dell'art. 7, che tiene distinta e situa in commi diversi la previsione di sanzioni penali principali qualitativamente e quantitativamente identiche e, per il caso di recidiva, di analoghe sanzioni penali accessorie (cancellazione dall'elenco degli importatori e revoca della licenza di vendita). Qualcuno può criticare il trattamento giuridico - penale indiscriminato per fatti che gli appaiono oggettivamente e, magari, subiettivamente diversi (é facile ipotizzare una semplice dimenticanza nella mancata apposizione dell'insegna o tabella di cui all'art. 5, primo comma, mentre é difficilmente concepibile la non intenzionale trasgressione dell'obbligo, che incombe sull'importatore, di tenere il registro di carico e scarico e di effettuarvi le regolari annotazioni cronologiche, richieste dall'art. 6); ma ciò non basta a che la legge sia dichiarata illegittima; infatti la parità di trattamento di condotte diseguali può non contrastare con quei principi di razionalità oltre i quali non é ammesso il controllo della Corte.

E se é pur vero che la libertà di scelta da parte del legislatore sulla congruità della pena per il fatto di reato trova il suo limite nella ragionevolezza (cfr. sentenze di questa Corte n. 21 del 1957, n. 46 del 1959, n. 67 del 1963, n. 109 del 1968), é altrettanto vero che il giudizio su quest'ultima non può dipendere da astratte simmetrie né da valutazioni tecnico-politiche su quella congruità, bensì va ricondotto in modo unitario allo scopo che la legge si prefigge di raggiungere. E lo scopo, qui, si raggiunge con la imposizione di talune formalità che sono state rese più rigorose, rispetto al disegno di legge governativo originario (Atti della Camera, IV Leg., doc. n. 589) - il quale si limitava a richiamare la pena della ammenda sino a lire 500.000 prevista dall'art. 17 della legge 30 aprile 1962, n. 283 - durante l'iter parlamentare (Atti del Senato, IV Leg., doc. n. 307 A; Res. della IX Comm., 18 marzo 1964); formalità la cui inosservanza realizza contravvenzioni di polizia di sicurezza, in quanto concernono la prevenzione di certi delitti contro la sanità pubblica, l'economia pubblica e, in ispecie, il commercio; contro la regolamentazione delle licenze di importazione; contro gli interessi finanziari dello Stato e di enti pubblici minori.

Sotto l'aspetto della prevenzione, tanto la mancata apposizione del cartello, quanto l'importazione irregolare di carni congelate non appaiono, necessariamente, infrazioni di diversa gravità: infatti, sia l'uno che l'altro comportamento può essere doloso (vedi art. 42, ultimo comma, cod. pen.) e, a parte ciò, favorisce la perpetrazione dei delitti cui sopra si é accennato, rispetto ai quali, dunque, fatti che in sé appaiono assai diversi fra loro possono essere idonei a determinare analoghe situazioni di turbativa o di pericolo, che non é arbitrario reprimere con pena che vada da un minimo a un massimo indifferenziati.

La legge n. 171 del 1964 pone sullo stesso livello non soltanto la mancata o irregolare tenuta del libro di carico e scarico relativo all'importazione di carni congelate (art. 6) e la mancata collocazione di insegne o tabelle di distinzione delle carni (fresche o congelate), ma incrimina tutta una serie di altri fatti, diversi l'uno dall'altro, come la mancata collocazione di insegne o tabelle di distinzione delle specie animali per cui é autorizzata la vendita (art. 5, primo comma, ultima parte); la vendita promiscua nello stesso locale di carni fresche e congelate senza autorizzazione del Consiglio comunale (art. 4); la vendita in giorni diversi da quelli prestabiliti, in accordo con l'autorità comunale competente, di carni congelate negli spacci di carni fresche, che per la loro attrezzatura e dimensione non consentono una netta separazione (art. 5, secondo comma); la vendita di carni congelate a prezzo diverso da quello fissato dal C.I.P. (art. 5, quarto comma), ecc.

Del resto, soccorre il prudente arbitrio del magistrato, nella valutazione del fatto e nell'applicazione in concreto della pena. Nei casi più lievi (indipendentemente dall'accertamento della buona fede, che é scriminante anche in materia contravvenzionale) egli ben può riconoscere la presenza delle circostanze attenuanti generiche (art. 62 bis cod. pen.), che importano la diminuzione della pena in misura non eccedente un terzo (art. 65, n. 3, cod. pen.); mentre, nei casi più gravi, può applicare la pena nel massimo e, allorquando, per le condizioni economiche del reo, l'ammenda stabilita dalla legge é da presumersi inefficace, pur se applicata nel massimo, ha facoltà di aumentarla sino al triplo (art. 26, secondo comma, cod. pen.).  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, terzo comma, della legge 4 aprile 1964, n. 171 ("Modificazioni al r.d.l. 26 settembre 1930, n. 1458, sulla disciplina della vendita delle carni fresche e congelate"), sollevata dal pretore di Seneghe, con le ordinanze in epigrafe, con riferimento all'art. 3 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 6 luglio 1971.