Sentenza n. 138 del 1971

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SENTENZA N. 138

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione siciliana, notificato il 27 novembre 1970, depositato in cancelleria il 4 dicembre successivo ed iscritto al n. 25 del registro ricorsi 1970, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota 4 agosto 1970 con la quale il Ministero delle finanze ha negato che spettino alla Regione le tasse automobilistiche per i veicoli immatricolati in Sicilia, riscosse dal 1 giugno 1947 al 31 dicembre 1965.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1971 il Giudice relatore Francesco Paolo Bonifacio;

uditi gli avvocati Antonio Sorrentino e Pietro Virga, per la Regione siciliana, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

1. - Con ricorso del 26 novembre 1970, notificato il 27 novembre 1970, il Presidente della Regione siciliana ha chiesto la risoluzione del conflitto di attribuzione fra la Regione e lo Stato sorto per effetto della nota del 4 agosto 1970, diretta all'assessorato regionale per le finanze e da questo trasmessa alla presidenza il successivo 1 ottobre, con la quale il Ministero delle finanze ha negato che spettino alla Regione le tasse automobilistiche per i veicoli immatricolati in Sicilia, riscosse dal 1 giugno 1947 al 31 dicembre 1965.

Dopo aver ricordato che la materia é stata regolata, ma con effetto non retroattivo, dalle norme di attuazione emanate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, in forza delle quali le predette tasse sono state riconosciute di spettanza regionale, il ricorrente osserva che per quanto riguarda il regime giuridico relativo alle tasse automobilistiche riscosse negli esercizi anteriori al 1966 occorre far capo al d.l. 12 aprile 1948, n. 507, che assegnò alla Regione le entrate elencate nel bilancio regionale di previsione del 1947-48. Ciò precisato, la Regione contesta la fondatezza dell'atteggiamento negativo che lo Stato ha assunto sul presupposto che il tributo de quo non figurerebbe fra le entrate previste nel suddetto bilancio e rileva che un'attenta lettura sia di questo che del quadro di classificazione delle entrate che lo integrava deve indurre a ben diversa conclusione. Ed infatti - prosegue il ricorso - dal confronto fra lo schema del bilancio statale e quello del bilancio regionale risulta che la sottorubrica "tasse ed imposte indirette sugli affari", articolata in 27 capitoli nel primo, é nel secondo suddivisa in 15 capitoli, dei quali l'ultimo (capitolo 32) é intitolato "tasse ed imposte indirette sugli affari di qualsiasi natura non specificamente elencate", fra le quali, secondo la usuale classificazione amministrativa, rientrano appunto le tasse automobilistiche: e ciò trova conferma nel quadro di classificazione delle entrate, nel quale, specificandosi in articoli il generico cap. 32 del bilancio, si menzionano espressamente (artt. 4 e 5) le tasse automobilistiche nella stessa dizione usata nei capitoli 56 e 57 del bilancio statale.

Dopo aver sottolineato che il predetto quadro di classificazione era ben noto alla commissione paritetica che compilò le norme poi emanate col decreto del 1948 e che altri tributi, pur essi ricompresi nel generico cap. 32, furono riconosciuti di spettanza regionale, il ricorrente chiede che il provvedimento impugnato - emesso in violazione dell'art. 36 dello Statuto ed in violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del d.l. 12 aprile 1948, n. 507, e degli artt. 2 e 11 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 - venga annullato e che siano dichiarate di spettanza della Regione le tasse automobilistiche relative al periodo 1 giugno 1947-31 dicembre 1965.

2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi in giudizio con atto dell'Avvocatura generale dello Stato depositato il 17 dicembre 1970, chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile o venga rigettato nel merito.

Per quanto riguarda l'eccezione preliminare, l'Avvocatura rileva che, essendo il ricorso diretto a contestare non già la legittimazione ad emanare la nota dalla quale il conflitto é sorto, ma il suo contenuto, occorre accertare se in relazione a questo sia decorso il termine perentorio fissato dall'art. 39 della legge n. 87 del 1953. A tal proposito, secondo la difesa dello Stato, sarebbe rilevante la circostanza che già in un giudizio svoltosi innanzi all'Alta Corte per la Regione siciliana, conclusosi con una decisione (n. 47 del 1951) che riconobbe la competenza dello Stato in ordine alla riscossione delle tasse automobilistiche e lasciò impregiudicata la questione della loro spettanza, lo Stato sostenne la propria pretesa a ritenere tutto l'ammontare del tributo, fondandola sul presupposto che questo, siccome non elencato nel bilancio regionale 1947-48, non spettasse alla Regione: sicché la nota del Ministero delle finanze ora impugnata non é che ulteriore estrinsecazione di una volontà dello Stato già manifestata in quella circostanza e poi costantemente confermata in occasione delle ripetute richieste in proposito avanzate dalla Regione negli anni successivi.

Nel merito l'Avvocatura, premesso che proprio la circostanza che il decreto del 1965 ha attribuito alla Regione il tributo in esame dimostra che questo non era di sua spettanza per il periodo anteriore, sostiene che alla stessa conclusione si perviene anche se la questione viene esaminata solo alla stregua della normativa provvisoria contenuta nel decreto del 1948, il cui art. 2 deve essere interpretato tenendo presente che l'art. 36 dello Statuto riserva alla Regione i tributi "deliberati dalla medesima": l'allargamento di questa sfera di spettanza ai tributi erariali deve trovare il suo fondamento in una espressa previsione normativa omnicomprensiva, quale é quella contenuta nell'art. 2 del decreto del 1965, ovvero in una indicazione tassativa delle singole imposte, quale risulta dal rinvio alle entrate previste nel bilancio 1947-48 operato dal decreto del 1948. E poiché in quel bilancio le tasse automobilistiche non erano espressamente previste, bisogna riconoscere - così conclude l'Avvocatura - che la pretesa della Regione é infondata.

3. - Le tesi sostenute dallo Stato vengono contraddette dalla Regione in un atto di deduzioni depositato il 22 aprile 1971.

All'eccezione di inammissibilità la difesa regionale replica, in primo luogo, osservando che non può certo parlarsi di una acquiescenza derivante da un giudizio svoltosi nel 1951 innanzi all'Alta Corte, nel quale si controverteva intorno alla legittimazione dello Stato a disporre in materia di riscossione delle tasse automobilistiche e che si concluse con una sentenza che espressamente fece salva la questione concernente la spettanza di siffatti tributi. In secondo luogo, l'eccezione di inammissibilità, infondata anche se andasse valutata alla stregua dei principi che regolano l'ordinario processo amministrativo (manca un precedente atto amministrativo che avrebbe dovuto essere impugnato e la nota ministeriale ora impugnata dovrebbe comunque essere considerata come un atto nuovo perché emanato a seguito di nuove valutazioni), é a maggior ragione da giudicare infondata se si tien presente che nei giudizi costituzionali, nei quali non si controverte su interessi legittimi ma su potestà o diritti costituzionalmente garantiti, non hanno rilievo istituti, quale quello delle inammissibilità per acquiescenza o per il carattere confermativo dell'atto, elaborati dalla giurisprudenza amministrativa.

Nel merito la Regione contesta che dalla non retroattività del decreto del 1965 si possa trarre la conseguenza che le entrate riconosciute di spettanza regionale non fossero di pertinenza della Regione anche per il periodo anteriore: poiché il detto decreto ha in massima parte carattere ricognitivo, valida dovrebbe essere, invece, l'opposta conclusione. Per quanto riguarda l'interpretazione del regime provvisorio introdotto dal decreto del 1948 la difesa regionale sviluppa e conferma le tesi già svolte nel ricorso.

4. - Nella discussione orale la difesa della Regione e l'Avvocatura dello Stato hanno ampiamente illustrato le loro tesi ed hanno insistito nelle rispettive conclusioni.  

Considerato in diritto 

1. - La Corte é chiamata a decidere se la nota del 4 agosto 1970 (prot. 501871/70), con la quale il Ministero delle finanze ha affermato che il gettito delle tasse automobilistiche relative agli autoveicoli immatricolati in Sicilia e concernenti il periodo 1 giugno 1947-31 dicembre 1965 "resta definitivamente acquisito allo Stato", violi la competenza della Regione siciliana in materia tributaria e debba essere conseguentemente annullata.

2. - Secondo la tesi pregiudiziale sostenuta dall'Avvocatura dello Stato, il ricorso del Presidente della Regione siciliana dovrebbe essere dichiarato inammissibile, per decorso del termine perentorio stabilito nell'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, in base alla circostanza che la volontà dello Stato di trattenere il gettito tributario in questione fu già inequivocabilmente manifestata nel 1951 in occasione di un giudizio svoltosi innanzi all'Alta Corte per la Regione siciliana e venne poi confermata negli anni successivi in relazione alle reiterate richieste avanzate dalla Regione.

L'eccezione é infondata. Nel valutare l'argomento principale svolto dall'Avvocatura giova tener presente che con la decisione n. 47 del 1951 l'Alta Corte, dovendosi pronunziare sulla legittimità costituzionale della legge 7 marzo 1951, n. 206 (che approvava la convenzione fra l'Amministrazione finanziaria dello Stato e l'Automobil club d'Italia per la riscossione delle tasse automobilistiche), ritenne che l'oggetto del giudizio dovesse esser considerato strettamente limitato alla titolarità del potere di riscossione ed espressamente fece salva la diversa questione concernente la spettanza del tributo. Vero é che in quel giudizio la difesa dello Stato contrastò l'impugnativa della Regione sostenendo in via principale che la riscossione spettava allo Stato in quanto a questo spettavano le tasse riscosse: ma questa circostanza appare del tutto ininfluente, giacché l'enunciazione di una tesi difensiva non può esser ritenuta equivalente all'"atto" imputabile allo Stato, nei confronti del quale la Regione avrebbe potuto proporre un ricorso per conflitto di attribuzione allo scopo di ottenerne la rimozione con pronuncia giurisdizionale.

Quanto al successivo comportamento delle autorità statali, é sufficiente la constatazione che non risulta che prima del provvedimento ora impugnato l'Amministrazione finanziaria abbia manifestato la volontà di trattenere definitivamente le tasse di cui si discorre. In base agli atti esibiti risulta, al contrario, che solo con la nota del 4 agosto 1970 il Ministero delle finanze, in risposta alla lettera del 29 ottobre 1969 dell'assessore per le finanze e dopo una specifica istruttoria (pareri della Ragioneria generale, della Direzione generale dei servizi per la finanza locale e dell'Avvocatura generale dello Stato, tutti espressamente ricordati nella nota), ha negato che le tasse automobilistiche del periodo in contestazione spettino alla Regione. Ed é decisivo, ai fini che qui interessano, il fatto che la nota si chiuda esprimendo la determinazione che il relativo gettito "resta definitivamente acquisito allo Stato": in tale testuale conclusione é la prova che prima dell'atto dal quale é sorto l'attuale conflitto lo Stato non aveva adottato alcun provvedimento definitivo contro il quale la Regione potesse insorgere sollevando un conflitto di attribuzione.

3. - Passando al merito del ricorso, si deve preliminarmente escludere che per la decisione della presente controversia possano trarsi validi argomenti dalla circostanza che per effetto del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, e a decorrere dall'esercizio finanziario 1966, le tasse automobilistiche relative agli autoveicoli immatricolati in Sicilia spettano alla Regione, salva la percentuale destinata alle province. Ed invero quel decreto, nel dettare le norme di attuazione dello Statuto in materia finanziaria, ha espressamente statuito (art. 11) che solo a partire dall'esercizio 1966 abbia a cessare "di avere effetto" l'art. 2 del decreto legislativo 12 aprile 1948, n. 507. Il nuovo provvedimento legislativo, dunque, non ha effetto retroattivo (cfr. sent. n. 2 del 1967), ma dalla sua non retroattività non si può dedurre che le entrate da esso attribuite alla Regione non spettassero a questa per il passato, ma solo che per gli esercizi finanziari fino a tutto il 1965 i rapporti fra Stato e Regione continuano ad essere disciplinati dalle disposizioni del decreto del 1948. É a queste, dunque, che occorre far capo per decidere la questione in esame, la quale, più precisamente, rende necessario accertare se l'art. 2, comma secondo, di quel decreto legislativo - in forza del quale sono di spettanza della Regione le "entrate elencate nel bilancio di previsione predisposto dalla stessa per l'esercizio finanziario 1947-48" - debba essere interpretato, come sostiene la difesa regionale, nel senso che esso attribuisse alla Regione anche tutte le tasse ed imposte indirette (e fra queste le c.d. tasse automobilistiche, alle quali l'attuale controversia é limitata) che, ancorché non specificamente menzionate nel suddetto bilancio, erano tuttavia comprese nel generico capitolo 32, intitolato, appunto, "tasse ed imposte indirette sugli affari di qualsiasi natura, non specificamente elencate", ed iscritto "per memoria".

4. - Così precisata la questione da decidere, la Corte ritiene, anzitutto, che in favore della tesi sostenuta dalla Regione non possa invocarsi né il disposto dell'art. 36 dello Statuto né la circostanza che le tasse automobilistiche risultano specificamente iscritte - artt. 4 e 5 del capitolo 32 - nel quadro di classificazione delle entrate concernente il bilancio regionale 1947-48; così come ritiene che non corrobori l'opposta tesi dello Stato il fatto che, come si é già detto, il capitolo 32di quel bilancio é iscritto "per memoria".

Per quanto riguarda il primo punto, é certamente vero che le disposizioni di attuazione, sussistendo dubbi sul loro contenuto, devono essere interpretate in un significato che sia coerente con la norma costituzionale che esse mirano ad attuare. É altrettanto vero, tuttavia, che l'art. 36 dello Statuto siciliano non attribuisce alla Regione tutte le entrate erariali ad eccezione di quelle testualmente riservate allo Stato, ma va interpretato - come questa Corte ha accertato nella sua più recente giurisprudenza (sent. n. 146 del 1967; cfr. anche sent. n. 47 del 1968) - nel senso che, indicati i proventi che non possono essere attribuiti alla Regione (imposte di produzione, entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto), si affida alle norme di attuazione di stabilire, rispettato quel limite negativo, quali entrate siano di spettanza della Regione, quali, invece, debbano restare allo Stato. E perciò il regime provvisorio dettato dal decreto n. 507 del 1948 (e lo stesso é a dirsi del regime definitivo introdotto dal d.P.R. n. 1074 del 1965) trova, certo, il suo fondamento nell'art. 36 dello Statuto, ma é espressione di una scelta discrezionale: sicché nell'interpretazione del suo contenuto non si può tener conto di un insussistente obbligo costituzionale dello Stato di assegnare alla Regione, con le sole già richiamate eccezioni, tutti i proventi erariali.

In secondo luogo, nessun rilievo può darsi, ai fini della questione in esame, al modo in cui venne redatto ed articolato il c.d. quadro di classificazione delle entrate relative al bilancio regionale 1947-48. Considerata la funzione che tale quadro svolge secondo la legislazione sulla contabilità (artt. 220 e 226 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827), e che é quella di assegnare le entrate alle diverse amministrazioni con i conseguenti obblighi ricadenti su queste, si deve recisamente escludere che esso costituisca parte integrante del bilancio di previsione: e poiché solo alle entrate indicate in quest'ultimo testualmente si riferisce l'art. 2 del decreto, il contenuto del quadro di classificazione é irrilevante. Né vale addurre, come fa la difesa regionale, che quel quadro era a conoscenza della commissione paritetica che elaborò il provvedimento legislativo del 1948, essendo agevole obiettare che, se così fosse, l'essersi il legislatore riferito al bilancio di previsione e non anche al quadro di classificazione dovrebbe essere assunto, invero, come indice di una volontà di escludere quelle entrate che, non specificamente menzionate nel primo, fossero invece elencate nel secondo.

Nessuna importanza, infine, può annettersi - questa volta in funzione della tesi restrittiva sostenuta dallo Stato - alla circostanza che il capitolo 32 fu iscritto "per memoria". Di tale forma di iscrizione é a dirsi, ai fini che qui interessano, che essa non esclude, di per sé, che il bilancio regionale prevedesse anche entrate inerenti a tasse ed imposte indirette non specificamente menzionate negli altri capitoli né che la Regione si proponesse di farne proprio il gettito. Ma ciò, ovviamente, non incide sulla soluzione dell'attuale controversia, che rende necessario accertare quali tributi siano stati concretamente assegnati alla Regione dal decreto legislativo del 1948.

5. - Dimostrata la non validità delle suddette argomentazioni, valore decisivo deve essere riconosciuto alla formulazione del secondo comma dell'art. 2 di tale decreto che, come si é detto, testualmente assegna alla Regione "le entrate elencate nel bilancio di previsione predisposto dalla stessa per l'esercizio finanziario 1947-48". Premesso, come la Corte ha più volte accertato (cfr. sentenze nn. 5 del 1958, 34 del 1961 e 2 del 1967), che tale statuizione ha valore non meramente indicativo, ma tassativo, si deve rilevare che l'espressione "entrate elencate" é già di per sé indizio notevole della volontà della legge di far riferimento solo alle entrate nominativamente indicate nel bilancio e non anche a quelle genericamente comprese nel capitolo 32. Questo indizio acquista maggior consistenza se si tiene presente che in siffatto capitolo le "tasse ed imposte indirette sugli affari di qualsiasi natura" vengono qualificate come "non specificamente elencate" negli altri capitoli e che identica qualificazione vien fatta per le "imposte dirette di qualsiasi natura" iscritte nel capitolo 17 a chiusura della voce concernente, appunto, le imposte dirette.

É, dunque, lo stesso bilancio regionale che distingue fra "imposte specificamente elencate" ed "imposte non specificamente elencate", ed é quindi agevole dedurne che quando il decreto legislativo ha attribuito alla Regione le "entrate elencate" ha inteso attribuirle le prime, non anche le seconde.

Tale conclusione trova conferma nella considerazione che la tesi della Regione, nonostante la limitazione dell'attuale controversia alle sole tasse automobilistiche, presuppone che, nel periodo di vigenza del regime provvisorio (1 giugno 1947 - 31 dicembre 1965), ad essa spettassero tutte le tasse ed imposte indirette di qualsiasi natura e, poiché ciò che varrebbe per il capitolo 32 dovrebbe egualmente valere per il capitolo 17 relativo alle imposte dirette di qualsiasi natura, bisognerebbe inevitabilmente interpretare il decreto n. 507 del 1948 nel senso dell'attribuzione alla Regione di tutte le entrate tributarie erariali, con le sole, note eccezioni previste nell'art. 36 dello Statuto. Ma se così fosse il riferimento al bilancio regionale 1947-48 resterebbe privo di ogni valore e la statuizione del decreto legislativo, nonostante la sua formulazione nettamente differente, verrebbe ricondotta a quella formula generica ed omnicomprensiva "tutte le entrate tributarie erariali, dirette ed indirette" che é stata invece adottata solo dal successivo d.P.R. n. 1074 del 1965. Di fronte a questa assurda conseguenza, il fatto che il decreto n. 507 del 1948 si sia riferito alle entrate elencate nel bilancio regionale non può essere inteso se non nel senso limitativo innanzi illustrato. E giova aggiungere che quel riferimento acquista ancor più decisiva importanza se si tien presente che la legge regionale 1 luglio 1947, n. 2, aveva considerato - nell'art. 3 - di spettanza della Regione tutti i tributi e tutte le entrate dello Stato riscosse in Sicilia: se il legislatore statale, successivamente a quella legge regionale e nel disciplinare la stessa materia, ha usato una formula diversa, ciò vuol dire che diversa é la disciplina che fu adottata - in via provvisoria, fino all'emanazione delle norme definitive di attuazione - per regolare i rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione siciliana.

E poiché, per le ragioni esposte, nessun dubbio residua sulla esatta interpretazione dell'art. 2, comma secondo, del decreto legislativo 12 aprile 1948, n. 507, é irrilevante (ed é superfluo disporre accertamenti in proposito) che lo Stato, secondo quanto assume il ricorrente, non abbia contestato il diritto della Regione di ritenere il gettito di imposte indirette o tasse ancorché queste non fossero specificamente elencate nel bilancio di previsione 1947-48.

6. - Il ricorso del Presidente della Regione siciliana deve essere pertanto respinto e si deve dichiarare che spettano allo Stato e non alla Regione siciliana le tasse automobilistiche riscosse nel periodo 1 giugno 1947-31 dicembre 1965 per gli autoveicoli immatricolati in Sicilia.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

respinge il ricorso del Presidente della Regione siciliana, indicato in epigrafe;

dichiara che spettano allo Stato, per il periodo 1 giugno 1947-31 dicembre 1965, le tasse automobilistiche di circolazione relative agli autoveicoli immatricolati in Sicilia.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 giugno 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 22 giugno 1971.