Sentenza n. 132 del 1971
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SENTENZA N. 132

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 5, primo comma, del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 (proroga dei termini per l'applicazione delle agevolazioni tributarie in materia edilizia), convertito con modificazioni nella legge 7 febbraio 1968, n. 26, promossi con ordinanze emesse il 28 aprile, il 13 giugno ed il 16 ottobre 1969 dalla Corte d'appello di Genova nei procedimenti civili vertenti tra l'Amministrazione finanziaria dello Stato e Pesce Gabbiani Melchiorre, la società A. Carena e figli e la società Teriche, iscritte rispettivamente ai nn. 338 e 349 del registro ordinanze 1969 ed al n. 13 del registro ordinanze 1970 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 256 dell'8 ottobre 1969, n. 269 del 22 ottobre 1969 e n. 50 del 25 febbraio 1970.

Visti gli atti di costituzione delle società Carena e Teriche e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 marzo 1971 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;

uditi l'avv. Ignazio Granelli, per la società Teriche, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

Con tre ordinanze (del 28 aprile 1969, 13 giugno 1969 e 16 ottobre 1969), di identico contenuto, emesse nei procedimenti civili vertenti rispettivamente fra Pesce Gabbiani Melchiorre, la società A. Carena e figli, la società Teriche e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, la Corte di appello di Genova ha denunziato per violazione dell'art. 3 della Costituzione la norma contenuta nell'art. 5, primo comma, del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, convertito con modificazioni nella legge 7 febbraio 1968, n. 26, limitatamente alla statuizione che l'obbligo di ultimare il fabbricato entro il biennio dall'inizio dei lavori, di cui agli artt. 13 e seguenti della legge 2 luglio 1949, n. 408, deve intendersi abolito, anche ai fini dell'applicazione dei benefici tributari in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari, con l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35, cioè dall'8 marzo 1960.

Secondo le ordinanze, il suindicato art. 5, limitando alla data dell'8 marzo 1960 l'effetto retroattivo dell'abolizione del termine biennale ai fini dell'applicazione dei benefici tributari in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari, avrebbe determinato una disparità di trattamento fra contribuenti che si trovano nelle stesse condizioni soggettive: a) di avere precedentemente acquistato nello stesso momento aree per erigere fabbricati non di lusso e godere così delle agevolazioni della legge 2 luglio 1949, n. 408, sempre prorogata; b) di non avere terminato le relative costruzioni entro il biennio. Ed invero, coloro che hanno terminato le costruzioni in ritardo, ma prima dell'8 marzo 1960, non beneficiano dell'abolizione del termine biennale e delle agevolazioni tributarie, mentre coloro che non abbiano ultimato le costruzioni alla ripetuta data, o addirittura non le abbiano neppure iniziate, trovandosi sotto l'impero della nuova legge, godono della abolizione del termine e delle agevolazioni tributarie.

Nei giudizi davanti a questa Corte si sono costituite le società A. Carena e Teriche, ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

Secondo la difesa della società Carena, l'art. 3 della legge n. 35 del 1960 fissava per le agevolazioni previste in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari una proroga pura e semplice al 31 dicembre 1967 (proroga successivamente rinviata al 31 dicembre 1970) del requisito della data di inizio dei lavori, stabilita, dalla legge n. 408 del 1949, al 31 dicembre 1953. Relativamente a detto requisito, la disciplina della agevolazione tributaria si presenta con carattere di continuità dal 31 dicembre 1953 al 31 dicembre 1970. Con la norma impugnata é stato abolito retroattivamente l'altro requisito temporale richiesto per la concessione dei benefici; cioè la ultimazione della costruzione entro un biennio dall'inizio dei lavori. Consegue che di tale abolizione si avvantaggiano soltanto i fabbricati ai quali é applicabile la legge n. 35 del 1960, e cioè quelli iniziati dopo la sua entrata in vigore (8 marzo 1960). Ne é derivato il diverso non giustificato trattamento rilevato dalle ordinanze di rimessione.

La difesa della società Teriche osserva che l'accoglimento della dedotta questione potrebbe concretarsi esclusivamente nella dichiarazione di illegittimità dell'inciso "con l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35", di cui all'art. 5 sopraindicato. Ciò determinerebbe il ripristino del termine biennale rispetto alle costruzioni iniziate dopo l'8 marzo 1960, ma prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 1150 del 1967 e non dispiegherebbe alcun effetto per le ipotesi (come nella specie) in cui l'inizio della costruzione risalga ad epoca anteriore all'8 marzo 1960. Conseguentemente la risoluzione della questione di legittimità costituzionale diventerebbe irrilevante per la definizione del giudizio principale.

Occorrerebbe, invece, dichiarare viziati di illegittimità non soltanto l'art. 5 impugnato ma anche gli artt. 13 e 14 della legge n. 408 del 1949, perché solo dal combinato disposto delle tre norme emergerebbe la violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, con la legge n. 35 del 1960 si é inteso stabilire la graduale soppressione delle agevolazioni in materia di imposta sui fabbricati e di imposta di consumo sui materiali da costruzione, previste dalla legge del 1949. Gli artt. 1 e 5 pertanto abolirono l'onere di condurre a termine la costruzione entro un biennio dall'inizio dell'opera e fissarono, per contro, come termine di riferimento, l'anno della ultimazione dei lavori. In tema di imposte indirette sugli affari, la legge stessa, all'art. 3, prorogava al 31 dicembre 1967 i termini per le agevolazioni fiscali. Sennonché la formula di detto articolo dava luogo a varie interpretazioni, non essendo chiaro se l'onere di condurre a termine la costruzione entro un biennio dall'inizio fosse stato abolito anche per le imposte indirette.

Con la norma dell'art. 5 del d.l. 1150 del 1967, il legislatore ha inteso interpretare autenticamente la ripetuta disposizione, stabilendo che il requisito della ultimazione della costruzione entro il biennio deve intendersi abolito, anche ai fini dell'applicazione dei benefici tributari in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari, con l'entrata in vigore della legge n. 35 del 1960.

Ciò posto, consegue che la decorrenza della ripetuta abolizione é soltanto apparentemente retroattiva, coincidendo con il momento nel quale é entrata in vigore la norma autenticamente interpretata. Con che risulterebbe dimostrata l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale.

Osserva inoltre la stessa Avvocatura che la Corte d'appello di Genova avrebbe dovuto, se mai, denunziare la disparità di trattamento creata dalla legge n. 35 del 1960, perché é stata questa ad abolire il requisito del biennio dall'inizio della costruzione. Comunque, sia la legge n. 408 del 1949, sia quella n. 35 del 1960, siccome recanti agevolazioni tributarie, sono leggi eccezionali, determinate dalla eccezionalità di situazioni da fronteggiare. E la valutazione di dette situazioni é atto di politica legislativa che ha dato luogo, nel tempo, alla successione delle due ripetute leggi, successione che anche se relativamente alla cronologia può avere inciso su posizioni soggettive, ha comunque inciso su posizioni di fatto; ove non voglia ritenersi - come sembra evidente - che é diversa la posizione dei destinatari delle due norme. Onde la inesistenza della violazione dell'art. 3 della Costituzione.

La società A. Carena e la società Teriche hanno presentato memorie nelle quali, sostanzialmente, ribadiscono le argomentazioni svolte in precedenza.  

Considerato in diritto 

1. - Le tre ordinanze di rimessione prospettano una identica questione di legittimità costituzionale, che può quindi essere decisa con unica sentenza, previa riunione dei procedimenti.

2. - Secondo tali ordinanze, la norma dell'art. 5, primo comma, del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, convertito con modificazioni nella legge 7 febbraio 1968, n. 26 - disponendo che l'obbligo di ultimare la costruzione entro il biennio dall'inizio dei lavori deve intendersi abolito, anche ai fini dell'applicazione dei benefici tributari in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari, con l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35 (8 marzo 1960) - avrebbe creato una ingiustificata disparità di trattamento fra i contribuenti che hanno acquistato aree edificabili nello stesso tempo e nelle stesse condizioni: coloro che alla data dell'8 marzo 1960 hanno ultimato la costruzione, sia pure con ritardo avendo lasciato trascorrere il biennio, vengono esclusi dai benefici tributari; mentre coloro che, alla stessa data, non abbiano ultimato la costruzione, oppure non l'abbiano neppure iniziata, godono delle agevolazioni fiscali. L'avere stabilito una data fissa per l'abolizione del biennio avrebbe cagionato la suindicata disparità, che non si sarebbe invece verificata se la norma impugnata avesse semplicemente abolito l'onere del biennio, senza alcuna data di decorrenza.

3. - Occorre premettere che le due agevolazioni tributarie per l'incremento delle costruzioni edilizie, previste dalla legge 2 luglio 1949, n. 408 (sia la esenzione venticinquennale della imposta sui fabbricati e la esenzione dal pagamento della imposta sui materiali da costruzione, sia la riduzione della imposta di registro e della imposta ipotecaria sugli acquisti di aree fabbricabili), venivano concesse a coloro che iniziavano la nuova costruzione entro l'anno e la ultimavano entro il biennio dall'inizio dei lavori. Negli anni successivi i termini suindicati di inizio e di fine della costruzione vennero prorogati numerose volte, fino a quando la legge 2 febbraio 1960, n. 35, ha mutato la precedente disciplina, eliminando il requisito del biennio e concedendo l'esenzione della imposta erariale sui fabbricati e delle relative sovraimposte comunali e provinciali alle nuove costruzioni, se ultimate entro il 31 dicembre di ciascuno degli anni dal 1961 al 1969, in modo da ridurre gradualmente la durata della esenzione fino a cinque anni per i fabbricati ultimati nel 1969 e negli anni successivi. Per le agevolazioni in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari, invece, non ha seguito, come per il passato, i medesimi criteri della imposta sui fabbricati, ma ha disposto soltanto che "i termini... sono prorogati dal 1 gennaio 1960 al 31 dicembre 1967" (art. 3). Essendo sorti dei dubbi di interpretazione di questa norma, il d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, ha chiarito che l'obbligo del biennio "deve intendersi abolito, anche ai fini della applicazione dei benefici tributari in materia di tasse ed imposte indirette sugli affari, con l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35" (8 marzo 1960).

4. - La questione é infondata.

Il legislatore, quando ad una norma voglia dare effetti anteriori alla sua pubblicazione, si richiama o genericamente ad una data come puro e semplice momento del tempo o a un avvenimento particolare che può anche consistere nella precedente emanazione di una legge; ed allora potrà discutersi se quella norma abbia effetto innovativo - retroattivo o piuttosto dichiarativo - interpretativo della legge precedente, ma é indiscutibile che essa coglierà situazioni quali erano al momento dell'entrata in vigore di quest'ultima. Dimodoché, anche se (anzi proprio perché ) la legge successiva é dichiarativa di quella anteriore, l'eventuale illegittimità della seconda, non espressamente denunciata, indurrebbe pur sempre a dichiarare illegittima la prima. Perciò il risultato dell'indagine sul valore retroattivo o dichiarativo della norma posteriore non sarebbe di per sé decisivo.

Nel caso sottoposto al giudizio della Corte, la legge del 1967 ha negato l'obbligo di compiere la costruzione entro due anni dall'inizio e perciò ha riconosciuto l'esenzione dalla tassa sugli affari anche a coloro che non abbiano adempiuto a questo obbligo dopo 1'8 marzo 1960. Avrebbe potuto rifarsi ad una data precedente, per esempio a quella con cui si é introdotta l'esenzione fiscale a favore di chi compisse la costruzione entro il biennio; ma non lo ha fatto per ragioni di politica legislativa che sono, qui, insindacabili. Ora, l'8 marzo 1960, giorno in cui si era rinnovato il beneficio d'esenzione preesistente, alcuni ne avevano perduto il diritto per non aver ultimato la loro costruzione entro due anni, altri non l'avevano perduto dato che non era trascorso il biennio dall'inizio della loro edificazione o perché non si era neanche iniziata.

Ma chi non l'aveva ancora cominciata né l'8 marzo 1960 né prima della legge del 1967 non ha contravvenuto ad alcun precetto legislativo e perciò la sua posizione é diversa da quella di chi vi aveva contravvenuto lasciando decorrere inutilmente il biennio prima dell'8 marzo 1960. Dunque per lui la discriminazione é più che giustificata.

Restano coloro che, dopo l'8 marzo 1960 e anteriormente all'11 dicembre 1967, abbiano lasciato decorrere i due anni senza compiere la costruzione iniziata. Costoro beneficiano dell'esenzione per effetto della legge 11 dicembre 1967 nonostante che abbiano contravvenuto a un obbligo (rectius, non adempiuto ad un onere) posto da una legge precedente. Non ci si nasconde che il loro contegno sia stato analogo a quello di chi era caduto nello stesso inadempimento avanti l'8 marzo 1960; ma si deve rilevare, nel contempo, che ciò non basta ad imporre, a livello costituzionale, un'eguale disciplina nei due casi. Infatti, da un canto c'é una differenza temporale fra chi non ha adempiuto prima di quel giorno e chi non ha adempiuto dopo quel giorno; dall'altro, la data dell'8 marzo 1960 non era stata scelta a caso, ma era quella d'una legge di proroga dell'esenzione: sicché il legislatore ha ritenuto, nella sua discrezionalità, di negare il beneficio a chi in quel momento non potesse vantare più pretese e lo ha ritenuto probabilmente perché, a suo giudizio, solo a datare dal 1960 le esigenze dell'edilizia consigliassero l'esenzione in tutti i casi; questa sembra proprio la ragione per cui la legge del 1960 é apparsa già innovativa al legislatore del 1967, che, perciò, togliendo l'onere dell'edificazione nel biennio ha inteso interpretare la normazione del 1960, non di modificarla (v. relazione al disegno di legge: "l'art. 5 con interpretazione autentica..."). Se ciò é vero, estendere l'esenzione anche a chi aveva perduto il diritto prima dell'8 marzo 1960 non sarebbe stato giusto: infatti avrebbe esteso, molto all'indietro nel tempo, cioè agli anni 50, un beneficio che il legislatore dell'epoca aveva espressamente negato.

In conclusione anche se c'é stato diverso trattamento di situazioni analoghe esso non appare aberrante rispetto a quanto accade di norma con la successione temporale di leggi: fenomeno, questo, che, fatalmente e proprio per differenze di tempo, porta spesso al sacrificio di interessi simili a quelli favoriti dalla norma posteriore.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, primo comma, del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 (proroga dei termini per l'applicazione delle agevolazioni tributarie in materia edilizia, convertito con modificazioni nella legge 7 febbraio 1968, n. 26, questione sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione dalle ordinanze indicate in epigrafe.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 giugno 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 22 giugno 1971.