Sentenza n. 125 del 1971
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SENTENZA N. 125

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 28 della legge 17 ottobre 1967, n. 977, sulla tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti, promosso con ordinanza emessa il 17 giugno 1969 dal pretore di Nicosia nel procedimento penale a carico di Testa Filippa, iscritta al n. 407 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 299 del 26 novembre 1969.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1971 il Giudice relatore Enzo Capalozza;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

Nel corso di un procedimento penale a carico di Filippa Testa, imputata, fra l'altro, della contravvenzione di cui agli artt. 5, lett. a, e 26, primo comma, della legge 17 ottobre 1967, n. 977, per aver adibito un adolescente di anni sedici a lavori pericolosi (trasporto di gas in bombole a spalla) il pretore di Nicosia, con ordinanza del 17 giugno 1969, riteneva rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale di parte dell'art. 28 della citata legge, in riferimento agli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione.

Premesso che, secondo la disposizione denunziata, "fino all'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica previsto dall'art. 6, mentre per le attività industriali restano ferme le tabelle allegate al regio decreto 7 agosto 1936, n. 1720, per le altre attività la valutazione della pericolosità, faticosità e gravosità dei lavori é rimessa temporaneamente all'Ispettorato provinciale del lavoro", il pretore, dopo aver motivato sulla rilevanza, afferma che tale valutazione discrezionale, non potendo non essere differente per i diversi Ispettorati provinciali, determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra i datori di lavoro delle varie province.

Vi sarebbe, altresì, violazione dell'altro precetto costituzionale, in quanto l'imputato dovrebbe rispondere di un reato, il cui elemento costitutivo fondamentale non é stabilito con legge entrata in vigore prima del fatto commesso, in palese contrasto con il principio nullum crimen sine lege.

Nel giudizio innanzi a questa Corte la parte privata non si é costituita.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, é intervenuto con atto depositato l'11 settembre 1969, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Deduce l'Avvocatura che la norma denunziata, la quale é a carattere del tutto temporaneo ed é diretta a colmare una lacuna della legge, obbedisce a criteri di ragionevolezza o forse, meglio, di necessità, poiché mira ad impedire una disapplicazione sostanziale della disciplina legislativa. Inoltre, il potere vicario attribuito agli Ispettori del lavoro, mentre, da un lato, non può estendersi oltre i limiti posti dalla legge al previsto decreto presidenziale, che dovrà tener conto degli sviluppi tecnologici, é, dall'altro, oggetto di direttive uniformemente impartite dal Ministero competente per la valutazione delle condizioni di lavoro dei minorenni. Agli Ispettori provinciali può, del resto, riconoscersi una certa autonoma valutazione relativamente alla "salubrità del lavoro", che é spesso condizionata al luogo dove il lavoro viene svolto: ché, anzi, é proprio questo il mezzo più idoneo a garantire l'osservanza della legge.

D'altronde, con sentenza n. 105 del 1967 della Corte costituzionale, si é ritenuta non contraria al principio di eguaglianza l'analoga facoltà conferita agli Ispettorati del lavoro dall'art. 9 del d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520.

Per quanto, infine, concerne l'assunta violazione della riserva di legge di cui all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, l'Avvocatura ritiene che essa non vada intesa in senso assoluto, di tal che sarebbe costituzionalmente legittima una legge che, nel comminare una sanzione penale, si rimetta, per la specificazione del contenuto dei singoli elementi della fattispecie, ad atti non dotati di valore di legge (sent. n. 26 del 1966 e sent. n. 36 del 1964).

Nella questione in esame, il precetto penalmente sanzionato avrebbe la sua delineazione nell'art. 5 della legge n. 977 del 1967: alla parte extralegislativa sarebbe demandata soltanto l'indicazione delle categorie di lavori pericolosi, faticosi ed insalubri: indicazione che, per un verso, non esaurisce tutta la casistica e, per altro verso, non si sottrae al controllo dell'autorità giudiziaria. Sicché l'intervento dell'autorità amministrativa nell'integrazione della previsione del reato, contenuta nella norma legislativa, non può essere considerato un modo di eludere il principio della riserva di legge, bensì integrazione di carattere tecnico di un dato non definibile a priori dalla legge.

Con memoria depositata il 22 aprile scorso, l'Avvocatura dello Stato fa presente, ai fini della rilevanza della questione, che con d.P.R. 4 gennaio 1971, n. 36 (Gazz. Uff. n. 66 del 15 marzo 1971) sono stati determinati i lavori nei quali possono essere occupati i fanciulli e gli adolescenti, ai sensi dell'art. 6 della legge denunziata.

Nel merito, l'Avvocatura si richiama alla sentenza n. 45 del 1970, che, dichiarando non fondata la questione relativa alla pretesa elevatezza dei minimi edittali della pena per le violazioni della legge de qua, ha posto in rilievo la funzione di quest'ultima di garantire le condizioni di sicurezza e salubrità dell'ambiente di lavoro dei minori, anche in ossequio ad impegni di carattere internazionale.  

                                                                         Considerato in diritto         

1. - Questa Corte é chiamata a pronunziarsi sulla legittimità costituzionale dell'art. 28 della legge 17 ottobre 1967, n. 977 ("Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti").

L'ordinanza di rinvio assume che la norma denunziata possa essere in contrasto con gli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui, sino all'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica previsto dall'art. 6 della citata legge, affida transitoriamente agli Ispettorati del lavoro la valutazione della pericolosità (o faticosità o gravosità) delle prestazioni alle quali i fanciulli e gli adolescenti sono addetti.

2. - La questione non é fondata.

Non può dirsi violato l'art. 3, perché le eventuali diverse valutazioni degli Ispettorati del lavoro provinciali hanno la loro obiettiva giustificazione nella varietà delle particolari situazioni locali e d'ambiente, in cui gli Ispettorati stessi esercitano le loro funzioni.

Né può, d'altronde, parlarsi di disparità di trattamento normativo, bensì, tutt'al più, di diversità di comportamento degli organi amministrativi preposti alla vigilanza del lavoro e alla tutela dei lavoratori: eventualità, questa, che non é evitabile e che, anzi, si riscontra, ovviamente, in qualsiasi operazione di polizia giudiziaria diretta alla investigazione dei fatti di reato.

3. - Non va taciuto, del resto - e lo ha sottolineato l'Avvocatura dello Stato - che la norma denunziata, come quella che mira ad impedire una (parziale) non operatività della legge sino alla data dell'entrata in vigore del decreto presidenziale (che, nel frattempo, é stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 marzo 1971 e che, all'art. 2, n. 2, vieta mansioni di carico e scarico e di trasporto), obbedisce a criteri di necessità e di ragionevolezza. Non operatività - é d'uopo aggiungere - che sarebbe in ispregio anche agli articoli 31, ultimo comma, 32, primo comma, e 37, secondo e terzo comma, della Costituzione.

Quel che é certo si é che, pur se la disposizione denunziata non fosse stata contenuta nella legge, sarebbe pur sempre rimasta affidata agli Ispettorati la competenza a vagliare la pericolosità (o gravosità o faticosità) del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti.

4. - Quanto all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, é sufficiente osservare che, come già questa Corte ha affermato, sia pure per altra specie di reati, con la sentenza n. 191 del 1970, il principio di legalità viene rispettato dal legislatore non solo con la tassativa descrizione dei fatti di reato, ma, altresì, con il ricorso a "nozioni proprie dell'intelligenza comune, che consentono di individuare con certezza il precetto e di giudicare se una condotta lo abbia o meno violato". A questo principio non contraddice, dunque, la norma denunziata, perché - anche qui - la tipizzazione dell'illecito si richiama ad un dato che é di ordinaria esperienza, prima ancora che di esperienza tecnica.

D'altro canto, l'attività dell'Ispettorato del lavoro, organo tecnico qualificato e preposto alla vigilanza nel campo funzionalmente affidatogli, si sostanzia nella denunzia all'autorità giudiziaria, la quale ben può acquisire altri elementi di prova ed é libera nel suo convincimento, in ordine alle complesse questioni che, in tema di protezione sociale del lavoro, vengono, di volta in volta, sottoposte al suo esame.

La norma incriminatrice é perfetta col solo divieto di adibire i fanciulli e gli adolescenti a prestazioni d'opera pericolose (o faticose o gravose): e, a guardar bene, il conferimento (transitorio) di più delicate attribuzioni agli Ispettorati é predisposto a fini processuali, attenendo all'accertamento e alla prova dei reati, mentre, in diritto sostanziale, elemento normativo della fattispecie é la pericolosità (o faticosità o gravosità) del lavoro.

Ed é significativo che, proprio per adeguare i poteri degli organi ispettivi alle situazioni concrete, l'art. 9 del d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520 ("Riorganizzazione centrale e periferica del Ministero del lavoro e della previdenza sociale") - di cui questa Corte, con sentenza n. 105 del 1967, ha escluso la incostituzionalità - abbia riconosciuto legittimo il potere attribuito agli Ispettorati di diffidare il datore di lavoro, con apposite prescrizioni, anziché inoltrare senz'altro il rapporto all'autorità giudiziaria.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 28 della legge 17 ottobre 1967, n. 977 ("Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti"), nella parte in cui affida temporaneamente agli Ispettorati del lavoro la valutazione della pericolosità (o faticosità o gravosità) del lavoro, questione sollevata, con l'ordinanza richiamata in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 9 giugno 1971.