Sentenza n. 112 del 1971
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SENTENZA N. 112

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18, comma secondo, del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, in materia di pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia), promosso con ordinanza emessa il 16 maggio 1969 dal tribunale di Trieste nel procedimento civile vertente tra Gressan Mario e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 14 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50 del 25 febbraio 1970.

Visti gli atti di costituzione dell'INPS e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1971 il Giudice relatore Angelo De Marco;

uditi l'avv. Arturo Pittoni, per l'INPS, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

Con atto notificato il 16 novembre 1966, Mario Gressan conveniva davanti al tribunale di Trieste l'INPS, chiedendo che la pensione di vecchiaia, che gli era stata liquidata con decorrenza 1 ottobre 1959, ossia dal primo giorno del mese successivo alla sua domanda, in applicazione dell'art. 18, comma secondo, del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, in materia di pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia) gli venisse, invece, liquidata con decorrenza dal 1 ottobre 1953, ossia dal primo del mese successivo al compimento del 60 anno di età, come disposto dall'art. 9 del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272.

Nel corso del giudizio il Gressan sollevava questione di legittimità costituzionale, per eccesso di delega (art. 76 della Costituzione), del citato art. 18, secondo comma, del d.P.R. n. 818 del 1957.

Il tribunale adito, con ordinanza 16 maggio 1969, dichiarava rilevante e non manifestamente infondata tale questione, osservando che, mentre l'art. 9 del r.d.l. n. 636 del 1939 dispone che la pensione di vecchiaia decorre dal giorno successivo a quello del compimento, da parte dell'assicurato, del 60 anno di età e che "la successiva legge 4 aprile 1952, n. 218, niente ha innovato su tal punto", con il contestato art. 18, comma secondo, del d.P.R. del 1957, n. 818, si dispone che "qualora la domanda sia presentata dopo trascorso un anno dal raggiungimento del diritto alla liquidazione della pensione, la decorrenza della pensione é differita di tanti anni interi quanti sono quelli trascorsi tra la data suddetta e quella di presentazione della domanda", venendosi così ad imporre una limitazione della decorrenza della pensione, non preveduta dalle leggi precedenti, con evidente eccesso rispetto alla delega contenuta nell'art. 37 della legge n. 218 del 1952, limitata alle sole norme di attuazione e di coordinamento "in conformità dei principi e dei criteri direttivi cui si informa" detta legge n. 218.

Dopo gli adempimenti di legge, la questione così prospettata viene ora alla cognizione di questa Corte.

É intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato e si é costituito l'INPS.

Sia l'Avvocatura generale dello Stato, con la memoria d'intervento, sia il patrocinio dell'INPS con la memoria conclusionale, chiedono che la questione venga dichiarata infondata, in quanto proprio la legge n. 218 del 1952, coll'art. 2, modificando in tal senso l'art. 12 del r.d.l. n. 636 del 1939, afferma il principio che "la pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale é presentata la domanda".

Con altra memoria, depositata il 14 aprile 1971, il patrocinio dell'INPS insiste nel chiedere che la questione sollevata con l'ordinanza di rinvio venga dichiarata infondata, in quanto il presupposto che la legge delegante (n. 218 del 1952) "niente ha innovato" sul punto che la pensione di vecchiaia (o di anzianità) decorra dal giorno successivo al compimento del limite di età o al verificarsi delle altre condizioni prevedute dalla legge per il conseguimento del relativo diritto, sul quale poggia la motivazione di detta ordinanza, risulta smentito dall'art. 12, sub 2, della citata legge delegante, in forza del quale la pensione stessa decorre, invece "dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale é presentata la domanda".  

Considerato in diritto 

L'art. 91, comma primo, del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, sulla previdenza sociale, convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, disponeva che la pensione di vecchiaia dovesse decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello del compimento del limite di età o dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si fosse perfezionato il diritto alla pensione.

Nulla disponeva per l'ipotesi che la domanda di liquidazione venisse presentata con ritardo, salva, beninteso, la prescrizione quinquennale preveduta dall'art. 129 del r.d.l. n. 1827 del 1935.

Con l'art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218, tra l'altro, l'art. 12 del r.d.l. n. 636 del 1939 veniva sostituito da un altro testo che, per la parte riguardante la questione in esame, al secondo comma dispone testualmente: "La pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale é presentata la domanda.

Qualora la domanda sia presentata dopo trascorso almeno un anno dalla data del raggiungimento del diritto alla liquidazione della pensione, la pensione medesima sarà maggiorata come segue:... omissis".

Vengono, poi, fissate le percentuali di maggiorazione che, per gli uomini, vanno dal 6 per cento per il primo anno al 40 per cento per il quinto anno di differimento.

L'art. 37 della stessa legge n. 218 del 1952 delegava al Governo la potestà di emanare "in conformità dei principi e dei criteri direttivi cui si informa la presente legge le disposizioni transitorie e di attuazione".

In forza di tale delegazione, con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818, venivano emanate Norme di attuazione e di coordinamento della detta legge 4 aprile 1952, n. 218, l'art. 18 delle quali dispone testualmente: "La pensione di vecchiaia é liquidata in base a domanda dell'assicurato, con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale l'assicurato stesso compie il 60 anno se uomo od il 55 se donna o, se le altre condizioni previste dall'art. 9, sub art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218, sono raggiunte dopo il compimento delle dette età, dal primo giorno del mese successivo a quello in cui é perfezionato il diritto alla pensione.

Qualora la domanda sia presentata dopo trascorso un anno dalla data di raggiungimento del diritto alla liquidazione della pensione, la decorrenza della pensione é differita di tanti anni interi quanti sono quelli trascorsi tra la data anzidetta e quella di presentazione della domanda, e la pensione é maggiorata nelle misure previste dall'art. 12, sub art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218".

Il giudice a quo ritiene che il secondo comma del testé riportato art. 18 sarebbe illegittimo costituzionalmente, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, in quanto "impone una limitazione alla decorrenza della pensione non prevista in alcun modo dall'art. 9 della legge 6 luglio 1939, n. 1272, e, con ciò, eccede i limiti posti dall'art. 37 della legge delega 4 aprile 1952, n. 218".

Ma, come risulta dal sopra riportato testo dell'art. 12, comma secondo, sub art. 2 della legge di delegazione n. 218 del 1952, é proprio questa legge che statuisce il principio della decorrenza della pensione di vecchiaia (o, più propriamente, di anzianità) dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale é presentata la domanda.

Basta questo rilievo per dimostrare che, in conformità con quanto deducono sia l'Avvocatura generale dello Stato sia il patrocinio dell'INPS, deve ritenersi insussistente il presupposto sul quale, come sopra si é esposto, poggia la motivazione della ordinanza di rinvio.

La conseguenza é che la questione, con tale ordinanza prospettata, si deve dichiarare non fondata.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, secondo comma, del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, recante "Norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti" promossa dal tribunale di Trieste, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 76 della Costituzione e in relazione alla legge di delega 4 aprile 1952, n. 218.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 26 maggio 1971.