Sentenza n. 90 del 1971
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SENTENZA N. 90

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 52 della legge 27 dicembre 1953, n. 968, concernente il risarcimento dei danni di guerra subiti da cittadini italiani all'estero, promosso con ordinanza emessa il 7 marzo 1969 dal Consiglio di Stato - sezione IV - su ricorsi di Girardi Amedeo contro il Ministero del tesoro, iscritta al n. 251 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 179 del 16 luglio 1969.

Visti gli atti di costituzione di Girardi Amedeo e del Ministero del tesoro e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 1971 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Elio Vitucci, per il Presidente del Consiglio dei ministri e per il Ministero del tesoro  

Ritenuto in fatto 

Con ordinanza emessa il 7 marzo 1969 nei procedimenti riuniti concernenti due ricorsi proposti dal cittadino italiano Girardi Amedeo avverso il provvedimento del Ministero del tesoro con cui era stata respinta la sua richiesta di indennizzo per danni di guerra subiti in Siria, il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 52 della legge 27 dicembre 1953, n. 968, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Si osserva nell'ordinanza che il provvedimento di rigetto della richiesta del Girardi era stato adottato in base alla norma impugnata, secondo cui sono esclusi dal risarcimento per danni subiti all'estero i cittadini che, alla data di entrata in vigore della menzionata legge n. 968, non risultassero domiciliati o residenti in Italia. Ciò posto, e dopo avere rilevato che, nel sistema della legge in esame, sarebbero previste due forme di risarcimento alternative, a scelta dell'interessato, cioè, da un lato, il "contributo", subordinato al ripristino del bene distrutto, e pertanto essenzialmente a fini di utilità economica generale, e, dall'altro, "l'indennizzo", concesso senza condizioni, e pertanto non soltanto in vista di generale vantaggio, ma anche a fine reintegratorio del patrimonio del singolo, il giudice a quo prosegue osservando che l'impugnata disciplina finirebbe col porre in atto una ingiustificata discriminazione fra cittadini. Mal si comprenderebbe, infatti, come, essendo l'indennizzo legato al fatto oggettivo del danno subito, oltre che alla considerazione dell'interesse generale, la condizione, estrinseca e non coerente ai fini della legge, della residenza e del domicilio, possa valere come razionale criterio discriminatore ai fini della corresponsione dell'indennizzo stesso.

Si é costituito tempestivamente il Girardi il quale, nelle sue difese, insiste nel negare la sussistenza di validi motivi logici, economici e giuridici per la discriminazione operata dalla norma impugnata, anche perché il cittadino potrebbe in ogni momento liberamente ritornare all'estero non appena percepito l'indennizzo, frustrando i fini di tutela dell'incremento della economia nazionale che, indirettamente, si volessero ritenere perseguiti attraverso l'impugnata esclusione.

Si é altresì costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso, come per legge, dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale nega la fondatezza della questione, affermando, anzitutto, che il risarcimento dei danni di guerra inciderebbe nella materia degli interessi legittimi, tutelati in modo indiretto ed al solo fine di perseguire il vantaggio pubblico, a differenza dei diritti soggettivi, tutelati invece come tali.

Il legislatore, dettando la complessa disciplina del risarcimento dei danni di guerra, avrebbe appunto perseguito scopi di utilità generale, anche per quanto riguarda, in particolare, la concessione degli indennizzi, perché la disponibilità di circolante che ne deriva avrebbe costituito uno stimolo per la ripresa economica nazionale. Onde chiara apparirebbe la "ratio" della norma impugnata, tendente ad evitare l'esportazione di valuta italiana, che si risolverebbe a tutto beneficio della economia di Stati esteri, in palese difformità quindi dagli scopi della legge.

La norma in esame non sarebbe quindi suscettibile di sindacato in sede di giudizio di legittimità costituzionale per presunta violazione del principio di eguaglianza, essendo sostenuta da motivi evidenti di coerenza logica con i suoi presupposti.

L'Avvocatura osserva altresì che, in ogni caso, l'eventuale rimozione del precetto impugnato finirebbe con il porre in essere una contraddizione nell'ambito della legge giacché prescinderebbe dal raggiungimento dell'interesse pubblico nella sola ipotesi dell'indennizzo, lasciando invece in piedi la disciplina dei contributi, intesa ad agevolare la ripresa economica del Paese, e creerebbe così una ingiustificata disparità di trattamento all'interno della categoria omogenea degli italiani all'estero.

Infine l'Avvocatura richiama la considerazione del caso sull'art. 27, comma quarto, della legge 29 settembre 1967, n. 955, con cui si é ammesso il riesame delle richieste di risarcimento definite negativamente per mancanza del requisito della residenza o del domicilio, riesame da farsi su domanda dell'interessato proponibile entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge stessa.

Pertanto secondo l'Avvocatura, vi sarebbe anche da dubitare, data questa nuova disposizione, della rilevanza della questione.

Conclude chiedendo che la Corte, ove ritenga ammissibile e proponibile la questione, la dichiari non fondata.

Si é infine costituito anche il Ministero del tesoro, rappresentato e difeso come per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha rassegnato conclusioni identiche alle precedenti.  

Considerato in diritto 

1. - La questione di costituzionalità, come sopra proposta, é, in sintesi, basata sul seguente motivo.

Il requisito del domicilio e della residenza in Italia, alla data dell'entrata in vigore della legge 27 dicembre 1953, n. 968, e cioè alla data del 16 gennaio 1954 (requisito al quale secondo l'art. 52 é condizionata la concessione di indennizzi per danni di guerra subiti all'estero), parrebbe contrastare col principio di parità di trattamento, di cui all'art. 3 della Costituzione.

Tale disparità emergerebbe, in primo luogo, dal confronto con l'altra ipotesi prevista dal citato art. 52, che, per la concessione (accanto agli indennizzi) di contributi, li subordina al ripristino in territorio nazionale del bene perduto o distrutto, al precipuo intento di avvantaggiare l'economia del paese. Invece, l'indennizzo avrebbe soltanto finalità risarcitoria individuale, con quella libertà di utilizzazione ovunque, che prescinde dall'ipotesi di successivo reimpiego in Italia.

Pertanto, la condizione del domicilio e della residenza in Italia, ugualmente richiesta nell'una e nell'altra ipotesi, verrebbe, nel caso di indennità, a limitare irrazionalmente la concessione, "ricollegandola ad una circostanza del tutto estrinseca e non coerente ai fini della legge".

In secondo luogo, l'ordinanza prospetta la questione anche sotto il profilo di disparità di trattamento tra quegli stessi cittadini italiani, che, avendo parimenti subito danni di guerra all'estero, si trovino oppur no, ad una certa data successiva, localizzati in Italia.

2. - L'Avvocatura dello Stato obietta che il giudizio di rilevanza della questione, espresso nell'ordinanza di rinvio, sarebbe manchevole, in quanto non tiene conto che alla legge n. 968 del 1953 ha fatto seguito la legge 29 settembre 1967, n. 955, la quale, tra le integrazioni della legge precedente, annovera quella (art. 27) che "le domande definite negativamente per la mancanza del domicilio e della residenza in Italia alla data 16 gennaio 1954 saranno riprese in esame su domanda degli interessati" (che abbiano acquisita la qualifica di profughi e siano qui domiciliati e residenti ad una nuova data).

L'obiezione non é fondata

L'ordinanza di rinvio ha congruamente motivato sulla rilevanza della questione di legittimità, nei termini e nei limiti della sua prospettazione e in relazione alla norma di legge unicamente da considerare: alla quale prospettazione é estranea, per non coincidenza di situazioni, l'ipotesi regolata dalla successiva norma.

3. - La proposta questione di costituzionalità non é fondata.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il principio di uguaglianza, dichiarato dall'art. 3 della Costituzione, postula due corollari: a situazioni uguali deve corrispondere tratta mento uguale, a situazioni diverse, trattamento differenziato: il tutto nei limiti di valutazioni razionali.

Come anzidetto, nell'ordinanza di rinvio si assume che a situazioni diverse (concessione di contributi - concessione di indennità) la legge ha dettato una stessa regola di trattamento con la comune condizione del domicilio e della residenza in Italia per i richiedenti: la quale condizione, razionale per la prima ipotesi, non lo sarebbe per la seconda. Ugual difetto si riscontrerebbe con l'accordare o negare l'indennità, a cittadini italiani di pari diritto, in relazione ad un evento personale esteriore ed indifferente ai fini della legge.

Così posta la questione, sostanzialmente come questione di razionalità di disposizioni, la Corte osserva e ritiene che la norma in esame, considerata in se stessa e nel quadro dei motivi che l'hanno determinata, ha la sua logica giustificazione. Questa giustificazione é posta in evidenza dagli atti parlamentari (Relazione Vanoni al disegno di legge e successiva discussione) da cui risulta che, con la concessione di indennità ai danneggiati che non avessero chiesto il contributo per ricostruire, si é inteso di agevolare comunque il reinserimento dei danneggiati stessi nel ciclo della vita economica e della ripresa produttiva del paese: ciò mediante la reintegrazione patrimoniale dei singoli, considerata come mezzo e non come fine. Al raggiungimento di questo fine si é poi voluto dichiaratamente assegnare anche un valore "etico e morale", oltre che economico.

La condizione del domicilio e della residenza in Italia, alla quale é stato sottoposto il conseguimento della indennità, trova, quindi, la sua collocazione nel sistema che il legislatore, nell'esercizio della sua scelta, ha voluto istituire. Trattasi di condizione non arbitraria, ma diretta, nei limiti di una presumibilità di risultati, ad ottenere che l'uso delle somme ricevute come indennità non subisca deviazioni verso utilizzazioni estranee al profitto da attuarsi mediante reinvestimento in area italiana.

La questione, sotto entrambi i profili con cui é stata proposta, va dichiarata non fondata.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 52 della legge 27 dicembre 1953, n. 968 (concessione di indennizzi e contributi per danni di guerra), proposta, con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 aprile 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 29 aprile 1971.