Sentenza n. 88 del 1971
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SENTENZA N. 88

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 47 del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2 (istituzione dell'IGE), convertito, con modificazioni, nella legge 19 giugno 1940, n. 762, promosso con ordinanza emessa il 4 giugno 1969 dal tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra la società Adena e l'Ammininistrazione finanziaria dello Stato, iscritta al n. 372 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 280 del 5 novembre 1969

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e di costituzione dell'Amministrazione finanziaria dello Stato;

udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 1971 il Giudice relatore Angelo De Marco;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il Presidente del Consiglio dei ministri e per l'Amministrazione finanziaria dello Stato  

Ritenuto in fatto 

Nel corso del giudizio promosso dalla società Adena contro l'Amministrazione finanziaria dello Stato per ottenere la restituzione della somma di lire 4.712.740 per imposta IGE che si assumeva non dovuta e corrisposta a mezzo marche, avendo l'Avvocatura dello Stato opposto che, ai sensi dell'art. 47 della legge 19 giugno 1940, n. 762, istitutiva dell'IGE, l'imposta corrisposta erroneamente a mezzo di marche applicate dal contribuente non é rimborsabile, il tribunale di Genova, con ordinanza 4 giugno 1969, sollevava d'ufficio questione di illegittimità costituzionale di detto articolo 47, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Il tribunale, ai fini della rilevanza, considerava che nella specie ricorrono tutti gli estremi che legittimerebbero l'azione di indebito oggettivo disciplinata dall'art. 2033 del codice civile e che, quindi, ai fini del decidere era necessario accertare se l'ostacolo costituito dal citato art. 47 fosse o no legittimo.

Ai fini, poi, della non manifesta infondatezza, il tribunale rilevava che poiché la legge sull'IGE per i pagamenti da lire 100 a lire 2.000 concede la facoltà di usare indifferente mente il sistema delle marche o quello dei conti correnti, si viene a costituire, rispetto ai pagamenti erroneamente effettuati, una grave ed ingiustificata disparità di trattamento tra i contribuenti che abbiano scelto l'una o l'altra forma di assolvimento del loro debito d'imposta, in quanto quelli che hanno scelto il sistema delle marche non hanno diritto al rimborso in caso di imposta non dovuta, mentre a quelli che hanno scelto il sistema del conto corrente tale diritto é riconosciuto.

Dopo gli adempimenti di legge la questione viene ora alla cognizione della Corte.

Nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri e si é costituito il Ministro delle finanze, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale con l'atto di intervento e con la memoria di costituzione nonché con una memoria aggiunta, chiede che la questione venga dichiarata infondata, in quanto tra le due categorie di contribuenti indicate dal giudice a quo non esiste una situazione identica ma una situazione differenziata, alla quale corrisponde una disciplina, per ciò stesso, legittimamente differenziata, senza che sia contestata la razionalità della differenziazione, del resto difficilmente contestabile  

Considerato in diritto 

1. - In base alla legge istitutiva ed a successive modificazioni, l'imposta generale sull'entrata viene pagata nei seguenti modi:

1) in modo ordinario (auto tassazione) mediante: a) applicazione di marche, obbligatoria per il pagamento di somme inferiori alle lire 100 e facoltativa per il pagamento di somme superiori alle lire 100 e non alle lire 2.000; b) versamento in conto corrente postale, facoltativo per i pagamenti di somme superiori a lire 100 e non superiori a lire 2.000, obbligatorio negli altri casi; c) postagiro settimanale;

2) in modo virtuale: a) versamento diretto all'ufficio del registro; b) abbonamento, in base a canoni provvisori soggetti a conguaglio; c) abbonamento in base al volume degli affari.

Ai fini del presente giudizio interessa soltanto il modo di pagamento preveduto dall'art. 7, comma primo, lettera b, del d.l. 3 maggio 1948, n. 799, in forza del quale, quando l'ammontare complessivo del tributo, per ogni entrata, supera lire 100 e non 2.000, il pagamento stesso può essere effettuato facoltativamente a mezzo di marche o a mezzo del servizio dei conti correnti postali.

Rispetto a questo modo dì pagamento, secondo l'ordinanza di rinvio, l'art. 47, comma primo, della legge istitutiva del tributo, in forza del quale l'imposta, erroneamente corrisposta a mezzo di marche applicate dal contribuente, non é rimborsabile, violerebbe il principio di uguaglianza tra i contribuenti, che debitori dello stesso tributo ed allo stesso titolo, a seconda che abbiano scelto il pagamento a mezzo marche o quello a mezzo conto corrente, in caso di pagamento non dovuto, non hanno oppure hanno il diritto al rimborso.

2. - Così precisatine i termini, la questione risulta infondata Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte non si ha violazione del principio di uguaglianza tutte le volte che una disciplina differenziata corrisponde ad una situazione differenziata (v. da ultimo sentenze nn. 13, 33 e 114 del 1970).

Ora non può essere posto in dubbio che il pagamento di un tributo mediante l'apposizione di marche effettuata dallo stesso contribuente, con annullamento all'atto dell'uso, é ben diverso da quello effettuato a mezzo conto corrente postale.

Poiché tra contribuenti che si trovano nelle stesse condizioni di debito, ossia debbano versare tributi di importo superiore a lire 100 e non superiore a lire 2.000, non é imposto ad alcuni un modo e ad altri un modo diverso di pagamento, ma é loro concessa facoltà di scelta tra l'uno e l'altro modo, la differenziazione riguarda non i soggetti che l'effettuano ma il modo di pagamento ed é una differenza nota all'atto della scelta, nota perché l'art. 47 é molto chiaro al riguardo.

Quindi chi trova più conveniente o più comodo effettuare il pagamento mediante marche, volontariamente si espone alla differente disciplina che la legge ha ritenuto di adottare, in caso di imposta non dovuta, per quella forma di pagamento e non può lamentare disparità di trattamento rispetto a chi abbia scelto l'altra forma di pagamento

3. - Ma, contrariamente a quanto ritiene l'Avvocatura generale dello Stato, il giudice a quo, pur non avendo esplicitamente contestata la razionalità della denunciata differenziazione, implicitamente lo ha fatto, quando, sulla base della dottrina e della giurisprudenza, ha creduto di ravvisare una differenza tra tasse di bollo ed imposta IGE e quando ha ritenuto che il pagamento mediante marche non impedisce di raggiungere la prova piena del pagamento indebito, ai fini della azione preveduta dall'art. 2033 del codice civile.

Occorre, pertanto, precisare che quando una tassa o una imposta é pagabile mediante marche, non per un criterio empirico o per semplici ragioni pratiche, in caso di pagamento erroneo, é escluso il rimborso, ma per motivi di stretto rigore giuridico.

La carta da bollo, i francobolli, le marche da bollo come quelle per l'IGE, infatti, sono valori emessi dallo Stato, per i fini fiscali o di corrispettivo di servizi, per conseguire i quali sono predisposti e conservano il loro valore finché non siano usati.

Una volta usati, non importa se esattamente o erroneamente, la loro funzione si esaurisce in quanto, per effetto del l'uso, restano annullati.

Di qui la razionalità della disciplina differenziata adottata dal legislatore con il contestato art. 47.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 47 dei d.l. 9 gennaio 1940, n. 2 "Istituzione di una imposta generale sull'entrata", convertito con modificazioni nella legge 19 giugno 1940, n. 762, proposta dal tribunale di Genova, con ordinanza emessa in data 4 giugno 1969, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 aprile 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 29 aprile 1971.