Sentenza n. 71 del 1971
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SENTENZA N. 71

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 32, primo comma, dell'Ordinamento giudiziario approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, promosso con ordinanza emessa il 13 maggio 1969 dal tribunale di Trieste nel procedimento penale a carico di Lo Martire Pompeo ed altri, iscritta al n. 291 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 200 del 6 agosto 1969.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 febbraio 1971 il Giudice relatore Nicola Reale;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

Con ordinanza del 13 maggio 1969, nel corso del giudizio di appello proposto dall'imputato Lo Martire Pompeo avverso la sentenza del pretore di Trieste, che lo aveva condannato per il reato continuato di atti osceni, il tribunale di detta città, accogliendo l'eccezione della difesa, ha denunziato l'art. 32 dell'Ordinamento giudiziario (approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n. 12), prospettandone il contrasto con l'art. 101, secondo comma, della Costituzione.

Premesso che nella specie la sentenza di primo grado era stata pronunziata, a seguito di dibattimento, da un vice pretore onorario, iscritto nell'albo dei procuratori legali ed esercente la professione forense nella stessa circoscrizione di Trieste, il tribunale ha ritenuto la questione rilevante ai fini del giudizio sull'impugnazione, a motivo della quale risultava dedotta, fra l'altro, ai sensi dell'art. 185, n. 1 cod. proc. pen., la nullità del procedimento per l'inosservanza dei requisiti di capacità del giudice.

Nel merito il tribunale ha osservato che non senza fondamento può dubitarsi, in riferimento al principio costituzionale della indipendenza del giudice, della legittimità dell'art. 32 dell'Ordinamento giudiziario, nella parte concernente la possibilità che procuratori esercenti siano nominati vice pretori onorari.

Anche ai giudici onorari, ancorché appartengano solo temporaneamente all'ordine giudiziario, dovrebbe infatti, essere esteso il divieto, stabilito per i magistrati ordinari e speciali, di assumere, durante la carica, impieghi ed uffici pubblici e privati e, in particolare, di esercitare attività professionali che, per gli interessi ad esse connessi, possano incidere sulla obiettività e indipendenza dei giudizi.

Costituitasi davanti a questa Corte in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura generale dello Stato ha sostenuto essere la questione infondata.

Il principio della soggezione del giudice soltanto alla legge, espressamente enunciato nel secondo comma dell'art. 101 della Costituzione, sarebbe erroneamente richiamato dal tribunale di Trieste, che non ne avrebbe colto l'esatto significato, volto unicamente ad escludere che il giudice possa essere subordinato o vincolato ad altri soggetti ed in particolare agli altri poteri dello Stato.

Nella specie, si é argomentato, il vice pretore onorario, nominato in base ai requisiti preveduti dal menzionato art. 32 dell'Ordinamento giudiziario, non potrebbe dirsi privo di autonomia, solo perché esercente la professione di procuratore legale.

L'esercizio di tale attività professionale non importerebbe infatti vincoli, giuridicamente rilevanti, di dipendenza da altri soggetti, essendone, anzi, preveduta dalle leggi professionali l'incompatibilità assoluta con attività di lavoro subordinato, particolarmente di tipo impiegatizio.  

Considerato in diritto 

1. - Con l'ordinanza del tribunale di Trieste viene sollevata, in riferimento all'art. 101, secondo comma, della Costituzione, enunciante il principio che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, primo comma, dell'Ordinamento giudiziario (approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n. 12), in quanto prevede la nomina a vice pretori onorari di procuratori legali esercenti, ai quali non é vietato, quindi, di esercitare attività professionali; con la conseguenza che gli interessi a queste connessi possano incidere sulla obiettività ed imparzialità dei giudizi.

Dall'oggetto della questione esorbita, pertanto, il secondo comma di detta norma, concernente la destinazione temporanea, in luogo di uditori giudiziari e nelle preture ove questi manchino, di vice pretori onorari, ai quali é inibito, per la durata dell'incarico, l'esercizio della professione forense.

In correlazione, poi, col giudizio di rilevanza espresso nella specie dal tribunale con riguardo esclusivo alla posizione giuridica di un procuratore legale investito delle funzioni di vice pretore, va anche chiarito, sempre in via preliminare, che l'attuale contestazione, ancorché genericamente rivolta dall'ordinanza al primo comma dell'art. 32, é in effetti diretta alla sola disposizione concernente detta categoria di soggetti, e non a quella relativa ai notai, il cui assetto professionale ha caratteri istituzionalmente propri e peculiari.

2. - Nel merito la questione non é fondata.

Il vigente ordinamento prevede la nomina, da parte del Consiglio superiore della magistratura, su proposta dei Presidenti delle Corti d'appello, per la durata di un triennio e con la possibilità di conferma per ulteriori periodi, di vice pretori onorari scelti fra i detti procuratori legali, nonché fra laureati in giurisprudenza e notai, nel numero massimo di due per ciascuna pretura, salvo particolari esigenze di servizio.

Per l'importanza e delicatezza delle funzioni giudiziarie, cui i vice pretori onorari sono chiamati, é richiesto l'accertamento che essi, per la loro condotta, diano sicuro affidamento di poter degnamente esercitare le funzioni medesime. In particolare e in conseguenza del carattere non retribuito dell'attività demandata ai detti magistrati onorari, che non esclude lo svolgimento di altra attività professionale, ogni cautela é posta nell'accertarsi che la detta attività non possa determinare, tenendosi conto anche delle caratteristiche dell'ambiente, pericoli di parzialità nell'esercizio delle funzioni giudiziarie. In proposito va menzionata la circostanza che ai requisiti comuni ad ogni altro pubblico funzionario, riguardanti la preparazione tecnica e la irreprensibilità della condotta morale e civile, nonché la inesistenza delle cause di incompatibilità derivanti da attività industriali e commerciali, comprovate mediante i rituali certificati e le informazioni delle autorità amministrative, il Consiglio superiore della magistratura richiede, nei confronti di coloro che aspirano alle funzioni di vice pretore onorario, il parere del competente Consiglio dell'Ordine degli avvocati e procuratori e la dichiarazione con la quale gli stessi interessati si impegnano, in quanto esercenti la professione forense, a non trattare cause innanzi alla pretura presso la quale chiedono di essere nominati (sempre quando questo non sia l'unico ufficio del luogo), ovvero alla sezione di pretura cui venissero destinati, ove si tratti di pretura divisa in più sezioni.

In conseguenza e pur escludendosi, secondo le istruzioni impartite dal Consiglio superiore, nei riguardi dei vice pretori onorari non reggenti, le disposizioni in materia di incompatibilità di funzioni riguardanti i magistrati dell'ordine giudiziario, ad eccezione di quelle sopramenzionate, la nomina dei vice pretori onorari, così come la loro conferma, é subordinata a caute valutazioni miranti ad assicurare che nell'esercizio delle attribuzioni conferitegli, il giudice rimanga soggetto soltanto alla legge, secondo il precetto dell'art. 101, secondo comma, della Costituzione e, quindi, sottratto a pressioni od ingerenze che valgano a diminuirne le garanzie di imparzialità.

A questo stesso fine é preordinata la revoca dell'incarico, quando vengano meno i requisiti legittimanti la stessa attribuzione dell'ufficio o si manifestino nuove circostanze che ne sconsiglino l'ulteriore esplicazione.

Con riferimento ai singoli processi affidati al magistrato onorario, non vanno trascurati, infine, i rimedi previsti dai codici di rito penale e civile, concernenti le incompatibilità specifiche, i doveri di astensione e le cause di ricusazione.

Orbene, in base a tale complessa normativa, non può ammettersi che non risulti garantita in concreto la posizione assolutamente super partes del giudice onorario, con l'esclusione, come esige il precetto della Costituzione sopra ricordato, di qualsiasi anche indiretto interesse alla causa da decidere e di qualsiasi aspettativa tanto di vantaggi quanto di pregiudizi.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, primo comma, dell'Ordinamento giudiziario approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, nella parte in cui prevede la nomina a vice pretori onorari di procuratori - esercenti; questione sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento all'art. 101, secondo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 5 aprile 1971.