Sentenza n. 13 del 1971
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SENTENZA N. 13

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 207, lett. a, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (testo unico delle leggi sulle imposte dirette), promosso con ordinanza emessa il 18 dicembre 1968 dal pretore di Nardò nel procedimento civile vertente tra Abbaticola Ernesto e la Banca agricola di Matino, iscritta al n. 32 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 78 del 26 marzo 1969.

Udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 1970 il Giudice relatore Luigi Oggioni.  

Ritenuto in fatto 

Nel procedimento di opposizione promosso da Abbaticola avv. Ernesto avverso l'esecuzione mobiliare iniziata dall'Esattoria del Comune di Nardò sui mobili di arredamento della casa di Saracino Luigi per tasse e imposte dovute da questo ultimo, l'opponente asseriva di avere acquistato, attraverso una precedente asta esattoriale a carico del Saracino stesso, i mobili sottoposti ad esecuzione, e di averglieli successivamente locati.

Il pretore di Nardò, con ordinanza emessa il 18 dicembre 1968, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 207 lett. a del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (t.u. delle leggi sulle imposte dirette), osservando che la impugnata norma esclude l'opposizione di terzo all'esecuzione, quando i mobili esistenti nella casa di abitazione del contribuente, sui quali si pretenda aver diritto, " hanno formato oggetto di una precedente vendita esattoriale a carico del medesimo debitore". Tale disposizione, in base alla quale dovrebbe respingersi l'opposizione nella specie, sarebbe infatti in contrasto anzitutto con l'art. 113 della Costituzione perché priverebbe di ogni tutela giurisdizionale il diritto di proprietà del terzo, e ciò persino nel caso in cui i beni liquidati siano stati sottoposti a precedente vendita esattoriale senza che il terzo ne abbia avuto conoscenza ed abbia così potuto premunirsi, evitando l'affidamento alla stessa persona espropriata dall'esattore.

L'esclusione in esame inoltre si risolverebbe in una vera e propria privazione del terzo del suo diritto di proprietà senza possibilità di indennizzo, e per ciò dovrebbe altresì lamentarsi la violazione dell'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione. D'altra parte la giurisprudenza della Corte con cui furono a suo tempo definite questioni analoghe concernenti la legittimità di altre norme del t.u. in esame, finirebbe col confortare le dette conclusioni, poiché il rigetto delle questioni stesse sarebbe stato, in sostanza, giustificato con il riconoscimento che il diritto di proprietà di determinate categorie di soggetti esclusi dall'opposizione gode pur sempre della garanzia giurisdizionale ai sensi dell'art. 209, ultimo comma, dello stesso t.u., oltre che della difesa amministrativa davanti all'Intendenza di finanza, prevista dall'art. 208 precedente, mentre nell'attuale fattispecie mancherebbero anche tali garanzie.

Non vi é stata costituzione di parte.  

Considerato in diritto 

1. - La questione di costituzionalità dell'art. 207 lettera a del sopracitato testo unico delle leggi sulla riscossione delle imposte dirette, viene proposta, con l'ordinanza del pretore di Nardò, sotto duplice profilo. Si assume, in primo luogo, che l'esclusione della proponibilità di opposizione di terzo "quando i mobili esistenti nella casa di abitazione del contribuente sui quali si pretende aver diritto, hanno formato oggetto di una precedente vendita esattoriale a carico del medesimo debitore" verrebbe a privare il terzo della tutela giurisdizionale, garantita dall'art. 113 della Costituzione: ed in secondo luogo, si assume che il terzo verrebbe così ad essere posto nella condizione di subire una espropriazione dei beni di sua proprietà, senza ricevere alcun indennizzo, in contrasto con l'art. 42 della Costituzione.

2. - La questione non é fondata.

L'art. 207 lettera a del vigente testo unico sopraindicato (uguale disposizione trovavasi inserita nel precedente testo unico per effetto dell'art. 18 della legge 16 giugno 1939, n. 242) risulta dettato, come spiega la relazione ministeriale, dalla finalità di salvaguardare i diritti dell'Erario, nella riscossione dei tributi, contro possibili frodi, facili ad attuarsi se all'aggiudicazione, in precedente asta esattoriale di beni pignorati, facciano seguito, da parte del terzo aggiudicatario, atti di disposizione dei beni stessi, che consentano al contribuente esecutato di continuare a possederli nella propria casa di abitazione.

Perciò occorre che l'aggiudicatario, se vuol salvare a sé quei beni, li asporti dalla casa del debitore.

Il riferimento alla localizzazione del bene nella casa del debitore, di cui all'art. 207 lettera a, s'inquadra, sia nel sistema generale del diritto comune (dove, in materia di privilegi su mobili, la localizzazione assume rilievo condizionante - artt. 2756-2760, 2761-2764 codice civile - oltre che in materia di opposizione all'esecuzione da parte della moglie del debitore - art. 622 codice procedura civile) sia nel sistema del diritto tributario (uguale posizione é indicata nella lettera b dello stesso art. 207 t.u.).

Le ragioni, particolari e sistematiche, della disposizione conducono ad escluderne il denunciato contrasto con gli articoli 113 e 42 della Costituzione.

3. - L'art. 113 non é violato perché il diritto a tutela giurisdizionale contro atti della pubblica Amministrazione non risulta eluso in conseguenza della prospettata situazione.

Quanto dispone il testo unico attiene alla disciplina sostanziale del rapporto di imposta. Pertanto (come questa Corte ha ritenuto con sentenza n. 129 del 1968 in relazione alla lettera b dello stesso art. 207) se, allo scopo di garantire la realizzazione di un credito fiscale, la legge ha operato sul diritto soggettivo relativo al bene sottoposto ad esecuzione esattoriale, non può essere invocata, per contrastarne la legittimità, una tutela giurisdizionale che superi i limiti posti dal diritto sostanziale.

Nemmeno sussiste alcuna violazione dell'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione.

L'ipotesi di una espropriazione per motivi di interesse generale, accompagnata ad indennizzo, é estranea a quella di una assicurata sottoposizione del bene ad esecuzione forzata, in relazione al sistema delle garanzie patrimoniali dell'obbligazione tributaria (sentenze nn. 42 e 93 del 1964).  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 207 lettera a del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (testo unico sulle imposte dirette) sollevata con ordinanza del pretore di Nardò del 18 dicembre 1968 in riferimento agli artt. 113 e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione.  

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 gennaio 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 2 febbraio 1971.