Sentenza n. 193 del 1970
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SENTENZA N. 193

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale del D.P.R. 27 dicembre 1952, n. 4003, promosso con ordinanza emessa il 21 febbraio 1969 dal Commissario per la liquidazione degli usi civici di Roma nel procedimento vertente tra il Comune di Anguillara Sabazia, il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, Torlonia Alessandro, Anna Maria e Giulia, e la Banca nazionale del lavoro, iscritta al n. 167 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 145 dell'11 giugno 1969.

Visti gli atti di costituzione del Comune di Anguillara Sabazia, dell'Ente Maremma, dei Torlonia e del Ministero dell'agricoltura e foreste;

udito nell'udienza pubblica del 28 ottobre 1970 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

uditi gli avvocati Guido Cervati e Gino Lanzara, per il Comune di Anguillara, l'avv. Guido Astuti, per l'Ente Maremma, l'avv. Francesco Franchi, per i Torlonia, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Ministero dell'agricoltura e foreste.  

Ritenuto in fatto 

A seguito di una complessa vicenda giudiziaria, il Commissario per la liquidazione degli usi civici di Roma, con decisione del 25 agosto-31 dicembre 1947 riconobbe e dichiarò soggetti al diritto civico di pascolo in favore della popolazione del Comune di Anguillara Sabazia tutti i terreni di proprietà Torlonia ivi situati costituenti la tenuta Spanoro e determinò, ai sensi degli artt. 5 e 6 legge 16 giugno 1927, n. 1766, il compenso in favore del Comune per la liquidazione dei diritti suddetti in una porzione dei terreni gravati corrispondente in estensione e valore a 1/4 per quelli gravati dal solo pascolo estivo, a 1/4 per quelli gravati dalla sola semina e pascolo con buoi aratori, e a 1/3 per quelli gravati da entrambi i diritti. Il Commissario, inoltre, con lo stesso provvedimento, nominò un consulente tecnico con l'incarico di accertare con esattezza l'estensione, il valore, i confini e i numeri catastali dei detti terreni di proprietà Torlonia soggetti ad usi civici, e di specificare su quali di essi gravassero entrambi o uno solo degli usi riconosciuti, proponendo in concreto la porzione da assegnarsi al Comune a titolo di compenso per la liquidazione, nella indicata misura. Contestualmente, il Commissario affidò allo stesso consulente il compito di accertare l'eventuale fondamento di altra istanza avanzata in quella sede dal Comune e dichiarata "non provata allo stato, per ottenere l'assegnazione della restante parte della tenuta Spanoro, onde soddisfare particolari esigenze della popolazione di Anguillara: ciò in base agli artt. 9 R.D. 3 agosto 1891, n. 510 e 7 della citata legge n. 1766 del 1927, trattandosi di fondo situato in territorio ex pontificio.

Depositata la relazione del consulente, il Commissario, con decisione 10 novembre 1951, dava atto che i terreni in Comune di Anguillara di proprietà Torlonia su cui gravavano i detti usi civici ammontavano nel complesso a ha. 1016.40.90 di cui ha. 664,78 col reddito imponibile di L. 41.046,04, del valore di L. 51.188.975,75, soggetti ad entrambi gli usi sopra menzionati, ed ha. 351.62.92 col reddito imponibile di lire 22.774,40, del valore di L.31.404.056,18, soggetti al solo pascolo.

Dava atto altresì che il perito aveva identificato la quota di compenso al Comune in una zona di ha. 368.44.61 di terreno della tenuta Spanoro.

Il Commissario, inoltre, vagliata la relazione del consulente, anziché procedere al distacco della sola quota di compenso assegnava il resto della tenuta a favore del Comune, facendo uso delle facoltà concessegli dalle sopraricordate provvidenze legislative per le terre ex pontificie riconoscendo la natura indispensabile dei diritti esercitati, e la insufficienza della zona di terreno da cedersi in corrispettivo della liquidazione degli usi a garantire la prosecuzione, come per il passato, dell'esercizio dei diritti civici. Con la stessa decisione il Commissario fissava a favore dei Torlonia ed a carico del Comune, quale compenso della residua devoluzione del fondo, il canone annuo di L. 2.883.953.

Con decreto del Presidente della Repubblica 27 dicembre 1952, n. 4003, emesso nei confronti di Torlonia Alessandro, Anna Maria e Giulia, intestatari catastali, furono espropriati ha. 732.49.00 nel Comune di Anguillara in favore dell'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, ed il Comune suddetto, con ricorso al Commissario del 12 maggio 1965, fece rilevare che nella superficie come sopra espropriata erano inclusi gli ha. 647.96.29, già attribuiti ad esso Comune per effetto della totale affrancazione disposta con la citata sentenza commissariale del 1951 e costituenti la differenza fra l'intera superficie della tenuta Spanoro di ha. 1016.40.90 e la quota identificata quale compenso per la liquidazione degli usi in ha. 368.44.61. Di conseguenza il Comune, rilevato che i terreni così espropriati erano, alla data del decreto presidenziale 27 dicembre 1952, già acquisiti al demanio comunale e, come tali, non soggetti all'esproprio per riforma fondiaria, limitato ai terreni di proprietà privata a norma dell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, chiedeva reintegrarsi nel demanio comunale i terreni come sopra espropriati, previa remissione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale del decreto citato che assumeva viziato per eccesso dai limiti della delega di cui alle leggi 12 maggio 1950, n. 230 e 21 ottobre 1950, n. 841.

Con ordinanza emessa il 21 febbraio 1969 il Commissario ha accolto la richiesta di rimessione degli atti alla Corte costituzionale ritenendo rilevante e non manifestamente infondata la questione sollevata.

Al riguardo, il Commissario ha osservato che le terre provenienti al Comune da uso civico acquistano indubbiamente natura demaniale di uso civico, e che, come tali, sono escluse dall'esproprio per riforma fondiaria così come anche avrebbe ritenuto la giurisprudenza di questa Corte. Né varrebbe obiettare che, a norma dell'art. 2 della legge 12 maggio 1950, n. 230, sostituito dall'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, la situazione delle terre va riferita alla data del 15 novembre 1949 poiché, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'efficacia riconosciuta dalla legge comune a eventi o fatti successivi al 15 novembre 1949, o collegati a situazioni in via di formazione anteriormente a tale data, non troverebbe ostacolo nell'articolo citato, che quindi varrebbe solo ai fini della determinazione del limite quantitativo delle terre in relazione alle quali deve operarsi l'esproprio. Né, d'altra parte, avrebbe rilievo la mancata opposizione da parte del Comune al piano di esproprio, pubblicato fin dal 26 giugno 1951, poiché in materia non sarebbero ammissibili acquiescenze o rinunzie. Sarebbe comunque socialmente preferibile la destinazione fatta dal Commissario che non quella conseguente alla espropriazione, poiché la ripartizione in unità poderali di circa dieci ettari effettuata ordinariamente dall'Ente Maremma, mal si adatterebbe alle esigenze degli assegnatari, piccoli coltivatori diretti, che sarebbero invece favoriti dalle assegnazioni fatte dal Commissario, conformi a criteri di maggior frazionamento.

Il Commissario osserva poi che la questione apparirebbe non manifestamente infondata anche sotto altro profilo. Ed invero il decreto di esproprio emanato nei confronti degli (apparenti) proprietari Torlonia, intestatari catastali, non avrebbe tenuto conto della situazione giuridica creatasi con la sentenza commissariale del 1947, che avrebbe trasformato il condominio di diritto germanico "per facultates" esistente sulle terre in questione fra i Torlonia e la popolazione di Anguillara, in condominio di diritto romano, cioè per quote, ed ancor più con la sentenza commissariale del 1951, che attribuiva l'intero fondo alla popolazione di Anguillara.

Anche a quest'ultimo proposito, infatti, varrebbe la già citata giurisprudenza di questa Corte sugli effetti degli eventi successivi alla data del 15 novembre 1949, e in più soccorrerebbe il criterio pure assunto da questa Corte secondo cui nel contrasto fra intestazione catastale e prova giuridica della proprietà é questa ultima che deve prevalere.

L'ordinanza é stata notificata e comunicata come per legge.

Avanti a questa Corte si é costituito ritualmente il Comune di Anguillara, in persona del sindaco "pro tempore Vito Catarci, rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Lanzara e Guido Cervati, i quali hanno depositato tempestivamente le proprie deduzioni.

La difesa del Comune insiste nell'affermare che i terreni espropriati col decreto impugnato erano di natura demaniale di uso civico e come tali non soggetti ad esproprio ed in proposito fa richiamo alle ragioni esposte nell'ordinanza di rinvio, ribadendo il concetto che la espropriazione per riforma fondiaria é limitata ai terreni di proprietà privata, mentre i terreni pervenuti al Comune per effetto della disposta affrancazione rientrerebbero, a norma dell'art. 11 della legge del 1927, in un regime di indisponibilità che li assimilerebbe ai beni demaniali originari.

Quanto alla data di riferimento del 15 novembre 1949 la difesa del Comune riafferma che essa va osservata solo ai fini di stabilire la consistenza della proprietà, e non quindi al fine di identificare la "qualitas soli", ed in proposito torna ad invocare la giurisprudenza della Corte che autorizzerebbe tali conclusioni ponendo in evidenza la necessità di fare riferimento alla situazione effettivamente esistente alla data suddetta, e non alla situazione apparente.

D'altra parte, prosegue la difesa del Comune, la qualità pubblica del terreno, che costituisce impedimento per l'esproprio andrebbe comunque considerata al momento della emanazione del provvedimento ablatorio, cioè alla data del decreto, poiché non sarebbe concepibile una espropriazione per riforma agraria, cioè per creare proprietà contadina privata, senza tener conto della avvenuta destinazione pubblica del bene.

La difesa del Comune ribadisce e sviluppa poi l'altro profilo di illegittimità costituzionale prospettato nell'ordinanza di rinvio relativamente alla titolarità della proprietà effettiva dei terreni espropriati, osservando in particolare che, con la determinazione in concreto della quota di compenso spettante al Comune, effettuata con la decisione del Commissario del 1947, si sarebbe già compiutamente perfezionata la comunione per quote, costituendo il successivo distacco delle porzioni attribuite al Comune con la decisione del 1951 un provvedimento meramente esecutivo e dichiarativo di quella precedente determinazione.

Il provvedimento con cui il Commissario, il 10 novembre 1951, assegnò l'intera tenuta alla popolazione avrebbe, in altri termini, le caratteristiche di un vero e proprio provvedimento di esproprio, che avrebbe degradato il diritto dell'originario proprietario nel pubblico interesse, sancito dall'art. 7 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, e R.D. 3 agosto 1891, n. 510.

E di qui scaturirebbe una ulteriore incompatibilità del decreto impugnato col regime dei beni in questione trattandosi di terreni già espropriati per pubblica utilità e quindi non suscettibili di riforma agraria. Né varrebbe invocare (per sostenere il contrario) l'art. 9 della legge Sila, secondo cui nelle espropriazioni di proprietà privata per riforma fondiaria sono trasferiti sulla indennità tutti i diritti dei terzi, compresi i diritti di uso civico, in quanto tale norma si riferirebbe agli usi civici quando si presentano come diritti reali "in re aliena", mentre nel caso si tratterebbe di beni demaniali di uso civico, divenuti tali attraverso il procedimento di liquidazione previsto dalla legge.

Conclude pertanto chiedendo dichiararsi l'illegittimità del decreto impugnato.

Si é anche ritualmente costituito l'Ente Maremma in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Guido Astuti e Guido Ruo i quali hanno ritualmente depositato le proprie deduzioni.

La difesa dell'Ente osserva che i terreni in discussione alla data del 15 novembre 1949 erano di proprietà privata anche se gravati da usi civici di pascolo e di semina. La natura demaniale sarebbe stata attribuita con efficacia costitutiva ai terreni stessi solo in virtù della decisione commissariale del 1951 cioè in epoca successiva alla suddetta data, per cui bene sarebbe stato disposto l'esproprio di cui al decreto impugnato, dato che nulla vieterebbe di procedere allo scorporo di beni privati anche se gravati di uso civico, come sarebbe appunto reso palese dal citato art. 9 della legge 12 maggio 1950, n. 230.

Né sarebbe pertinente l'argomento sopra accennato concernente la trasformazione del condominio di diritto germanico in comunione di diritto romano, poiché sarebbe pacifica la distinzione fra diritti di uso civico su terreni privati e usi civici esercitati sul demanio universale e comunale, e nella specie trattandosi, alla data del 15 novembre 1949, di usi civici su terreni privati, la questione apparirebbe ictu oculi infondata, e sarebbe fuori luogo indagare circa la natura dei diritti civici stessi e sulla loro origine storica.

Chiede pertanto, in via principale, dichiararsi infondata la questione, e, in via subordinata, dichiararsi l'illegittimità del decreto impugnato in quanto abbia compreso nella superficie espropriata terreni che alla data del 15 novembre 1949 dovessero considerarsi parte del demanio di uso civico del Comune di Anguillara Sabazia e non già di proprietà privata gravata di uso civico.

Si é anche costituito il Ministero dell'agricoltura e foreste, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso come per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha tempestivamente presentato le proprie deduzioni difensive.

L'Avvocatura sostiene, in sostanza, tesi analoghe a quelle dedotte come sopra dall'Ente, insistendo nell'affermare che fuor di luogo sarebbero i richiami alla giurisprudenza della Corte contenuta nella ordinanza di rinvio per quanto attiene alla inespropriabilità dei terreni demaniali, dato che i mutamenti successivi al 15 novembre 1949 nella situazione di appartenenza dei terreni sottoposti a riforma fondiaria non avrebbero rilevanza, salvo le successioni a causa di morte.

Conclude pertanto chiedendo dichiararsi infondata la questione.

Si sono infine tempestivamente costituiti Torlonia Alessandro, Anna Maria e Giulia, rappresentati e difesi dagli avvocati Tullio Spiriti e Francesco Franchi che hanno ritualmente depositato le proprie deduzioni.

La difesa dei Torlonia pone in evidenza il fatto che la quota di ha. 368.44.61 attribuita al Comune di Anguillara come compenso per la liquidazione degli usi civici con la citata decisione del Commissario del 1951 non é stata compresa nell'esproprio; che il Comune non aveva ritenuto di fare opposizione all'esproprio della rimanente superficie considerando (delibera n. 27 del 17 aprile 1943) che le terre espropriate erano ripartite per la trasformazione fondiaria fra gli agricoltori locali; che tuttavia il Comune, intervenuta la liquidazione a favore dei Torlonia dell'indennità di esproprio (stabilita, per la parte che interessa, in L. 55.822.804,15), aveva citato essi Torlonia avanti al tribunale di Roma per ottenere l'attribuzione dell'indennità stessa, e che il giudizio é ancora in corso.

Nel merito ribadisce le tesi sopra esposte concernenti la natura di beni privati dei terreni espropriati alla data del 15 novembre 1949 e la conseguente infondatezza della questione.

Inoltre argomenta dal già citato art. 9 della legge 12 maggio 1950, n. 230, che la legge stessa prevederebbe l'espropriabilità di terreni gravati da uso civico, salvo l'attribuzione al Comune della indennità relativa.

La difesa del Comune di Anguillara ha depositato una memoria illustrativa con cui riafferma e sviluppa le tesi già svolte.

In particolare pone in evidenza il fatto che la sentenza del Commissario emessa nel 1951 sarebbe l'atto conclusivo di un lungo iter processuale, apertosi in epoca lontana ed avente sostanzialmente ad oggetto l'attribuzione della qualità demaniale alle terre in questione, il che renderebbe più evidente l'irrilevanza nella specie della data del 15 novembre 1949, dovendosi appunto considerare la proprietà Torlonia " condizionata" dalle istanze del Comune fin da epoca di molto anteriore.

La difesa torna poi a riaffermare l'esigenza di collegare la natura pubblica dei terreni in discussione al momento dell'emissione del decreto di scorporo, osservando che, in caso contrario, si profilerebbero conseguenze abnormi, quali la possibilità di espropriare per riforma fondiaria un terreno su cui, successivamente al 15 novembre 1949, sia stata disposta la espropriazione per pubblica utilità. L'art. 4 della legge n. 841 del 1950 dovrebbe, perciò, intendersi riferito alla proprietà terriera privata, escludendo a priori qualsiasi terreno pubblico, indipendentemente dalla data di assunzione di tale qualifica.

Insiste altresì nell'affermare che, per effetto della decisione commissariale del 1947, si sarebbe istituita fra i Torlonia ed il Comune una comunione per quote.

Anche la difesa dell'Ente Maremma ha depositato nei termini una memoria illustrativa con cui ripropone le tesi già esposte, insistendo particolarmente sulla differenza tra usi civici esercitati su terreni privati e su terreni costituenti il demanio universale comunale, e riaffermando la natura privata dei terreni in discussione alla data del 15 novembre 1949. In proposito confuta la possibilità di attribuire rilievo giuridico, in relazione a tale data, alla, per allora futura, destinazione al Comune delle terre appartenenti ai Torlonia.

Nega poi, in particolare, che per effetto della sentenza del Commissario del 1947 si sia stabilita una comunione per quote fra il Comune ed i Torlonia osservando che, se mai, in forza del detto provvedimento la comunione si sarebbe potuta istituire solo per la quota che il Commissario aveva allora determinato quale compenso per la liquidazione, e non per la rimanente parte della proprietà privata, rispetto alla quale sarebbe stata solo prevista l'eventualità di una futura assegnazione al Comune. In ogni modo, la comunione per quote ideali avrebbe potuto sorgere solo al termine del procedimento di liquidazione e non nel corso di esso, potendosi parlare di estinzione degli usi civici, appunto, solo per effetto della liquidazione o affrancazione, ed avendosi quindi, fino a tale momento, una proprietà soltanto privata, gravata di usi civici.  

Considerato in diritto 

1. - Con l'ordinanza di rinvio a questa Corte, la questione di legittimità costituzionale, riguardante il decreto presidenziale di esproprio 27 dicembre 1952 in favore dell'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, viene proposta dal Commissario liquidatore nei seguenti termini riassuntivi:

a) le terre rivendicate in relazione alle decisioni commissariali 31 dicembre 1947-31 dicembre 1951 e come loro effetto, andrebbero classificate di natura demaniale di uso civico;

b) data tale natura, la loro soggezione ad esproprio verrebbe ad essere esclusa dall'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, operativo solo su terreni di proprietà privata. Ciò non contrasterebbe con l'obbligo del riferimento, prescritto dall'ora citato articolo, alla "consistenza dei terreni alla data del 15 novembre 1949" perché tale riferimento varrebbe soltanto ai fini della determinazione del limite quantitativo delle terre e lascerebbe intatta la possibilità di sviluppo di situazioni già in via di formazione a quella data o il verificarsi successivo di condizioni già predisposte, con effetto retroattivo alla stessa data;

c) per effetto della citata decisione commissariale del 1951, che ha assegnato tutto il comprensorio al Comune, i Torlonia ne sarebbero rimasti solo "proprietari apparenti": sicché il decreto presidenziale di esproprio, non avendo tenuto conto della situazione giuridica sorta e sviluppatasi come sopra, sarebbe affetto da vizio di incostituzionalità, per avere travalicato i confini assegnati dalla legge di delegazione.

2. - La Corte osserva che, per determinare la quota di proprietà terriera suscettibile di trasformazione fondiaria od agraria ai sensi della legge n. 841 del 1950, occorre far riferimento alla "consistenza" di detta proprietà al 15 novembre 1949. L'accertamento della "consistenza" implica, sia l'individuazione dei titolari della proprietà, sia la rappresentazione dello stato di fatto dei terreni, il tutto secondo la realtà effettiva e non secondo l'apparenza formale (giurisprudenza costante: da ultimo sentenza n. 70 del 1969).

Ne deriva che, per verificare, nel caso, se il decreto presidenziale di esproprio siasi mantenuto nei limiti della delega, occorre rapportare anzitutto l'esame della situazione di fatto e di diritto alla predetta data di riferimento.

La situazione che ne risulta é quella conseguente alla decisione commissariale 25 agosto 1947 con la quale, premesso che con precedente sentenza era stato riconosciuto in favore della popolazione di Anguilara Sabazia il diritto civico di semina con pascolo dei buoi aratori su parte della tenuta denominata Spanoro, appartenente ai Torlonia, si estendeva tale riconoscimento all'esistenza del diritto civico di pascolo estivo. L'uno e l'altro diritto venivano poi, con la citata sentenza, "liquidati" mediante l'affrancazione dalla suindicata soggezione ad uso civico e l'assegnazione in proprietà del Comune di una quota del terreno, a compenso della liquidazione. Per la determinazione in concreto di tale quota, la decisione, dopo avere prestabilito le rispettive proporzioni a seconda della natura e incidenza dell'uso civico, ha, con separata ordinanza, disposto una consulenza tecnica. La consulenza veniva estesa all'accertamento delle condizioni di fatto e di diritto per addivenire, a termine dell'art. 7 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, in relazione all'art. 9 del r.d. 3 agosto 1891, n. 510, e secondo istanza del Comune, all'assegnazione anche del fondo residuo, onde soddisfare a prospettati bisogni della popolazione in relazione alla quantità delle terre disponibili: ciò secondo la possibilità offerta dalle ora citate disposizioni, trattandosi di fondo situato in zona già appartenente a Provincia ex pontificia. Nel disporre tale estensione della consulenza tecnica il Commissario rilevava che "allo stato" vi era carenza di ogni elemento per provvedere sulla istanza del Comune, la cui fondatezza si presentava soltanto " eventuale".

La situazione dei beni ora descritta alla data del 15 novembre 1949 va poi confrontata con la situazione vigente alla data del decreto presidenziale di esproprio per riforma fondiaria (27 dicembre 1952). In data anteriore, e cioè il 31 dicembre 1951 era intervenuta la decisione commissariale con la quale, a seguito dei risultati della disposta perizia, venivano assegnati al Comune di Anguillara ha. 368.44.61 costituenti parte della tenuta, a titolo di compenso della liquidazione degli usi civici. Contestualmente, la stessa decisione, seguendo il parere del consulente e sciogliendo la precedente riserva, assegnava inoltre al Comune le residuali terre della tenuta, dietro un canone annuo da versarsi ai Torlonia.

3. - Ciò posto, la Corte osserva, anzitutto, che la questione di legittimità costituzionale prospettata dall'ordinanza di rinvio non riguarda né poteva riguardare alcuna illegittimità del decreto presidenziale in relazione a quella parte del fondo assegnata al Comune a compenso della liquidazione dell'uso civico e già delineata, nella sua essenza e nel suo divenire, fin dalla decisione commissariale del 1947. É pacifico, e risulta dalla stessa ordinanza di rinvio, che tale parte di fondo non é stata compresa nel decreto di esproprio.

La questione riguarda, invece, la restante parte che al Comune é stata assegnata in relazione, come si é detto, alle particolari norme vigenti per le Provincie ex pontificie e che il Comune ha fatto oggetto di azione di revindica davanti al Commissario, essendo stata compresa nel piano di esproprio di cui al decreto presidenziale del 1952.

In proposito, la Corte rileva che alla data del 15 novembre 1949 non era stato ancora emanato alcun concreto provvedimento di assegnazione della parte residua della tenuta.

Tale parte, come non era stata assoggettata in passato, alla pari della totalità, a regime giuridico dei beni demaniali propriamente detti, bensì al diverso regime afferente ai beni privati, gravati da uso civico (sempre espropriabili ai sensi degli artt. 9 legge n. 230 del 1950 ed 1 legge n. 841 dello stesso anno), così continuò a conservare questa natura basilare di bene privato dopo la decisione commissariale del 1947 (ed anzi con maggiore evidenza, posto che la liquidazione aveva segnato la fine dell'uso civico) e sino a quella del 1951. Soltanto quest'ultima decisione ha apportato una modificazione della situazione precedente, dando luogo alla costituzione - ex nunc - di una nuova situazione giuridica: il che é conclusivamente reso palese dall'ordine contenuto nella decisione del 1951 rivolto ai Torlonia, quali tuttora proprietari, di rilasciare al Comune la residua parte della tenuta.

Queste considerazioni conducono, di per sé, alla conclusione che il decreto presidenziale, avendo esattamente identificato la "consistenza" della proprietà alla data del 15 novembre 1949, ne ha tratto le debite conclusioni, senza esorbitare dai limiti della delega.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del decreto del Presidente della Repubblica 27 dicembre 1952, n. 4003 (riguardante il trasferimento in proprietà dell'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale di terreni di proprietà Torlonia siti in Comune di Anguillara Sabazia), proposta, con ordinanza 21 febbraio 1969 del Commissario per la liquidazione degli usi civici in Roma, in riferimento all'art. 76 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1970.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1970.