Sentenza n. 161 del 1970
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SENTENZA N. 161

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale del D.L.C.P.S. 22 aprile 1947, n. 285, tabella A, e successive modificazioni, sulla corresponsione dell'indennità di contingenza ai lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e pulizia degli immobili urbani, promosso con ordinanza emessa l' 11 dicembre 1968 dalla Corte d'appello di Roma nel procedimento civile vertente tra il Condominio Via Luca della Robbia, 35 e Di Venanzio Flora, iscritta al n. 161 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 145 dell'11 giugno 1969.

Visto l'atto di costituzione di Flora Di Venanzio;

udito nell'udienza pubblica del 28 ottobre 1970 il Giudice relatore Giuseppe Chiarelli;

udito l'avv. Filippo Papi, per la Di Venanzio.  

Ritenuto in fatto 

Flora Di Venanzio conveniva davanti al tribunale di Roma il Condominio Via Luca della Robbia 35, chiedendone la condanna al pagamento delle differenze di retribuzione e di indennità che asseriva le fossero dovute per aver prestato servizio quale portiera nello stabile condominiale. Il convenuto contestò la domanda, sostenendo di aver corrisposto la retribuzione e le indennità nella misura ridotta denunciata, in applicazione dell'art. 14 del contratto collettivo nazionale per i portieri 30 aprile 1938 e dell'art. 7 del contratto integrativo provinciale 15 febbraio 1930, i quali esentavano i datori di lavoro dalla corresponsione del salario ai portieri degli stabili il cui reddito accertato al 31 dicembre 1928 non superasse le lire 18.000 annue agli effetti dell'imposta sui fabbricati. Il tribunale accolse la domanda della Di Venanzio, sulla premessa che le indicate disposizioni contrattuali collettive dovevano considerarsi nulle, perché in contrasto con l'art. 36 della Costituzione.

Contro tale decisione il Condominio propose appello, eccependo preliminarmente che il tribunale aveva esorbitato dai limiti della sua giurisdizione, dichiarando nulle le disposizioni contrattuali corporative, e che in ogni caso era fuori dubbio l'incompetenza del giudice ordinario a pronunciare circa la costituzionalità del D.L.C.P.S. 22 aprile 1947, n. 285, che aveva stabilito l'indennità di contingenza per i portieri, fissandola in misura minore per gli addetti agli stabili di reddito inferiore a un minimo, nonché a pronunciare circa la costituzionalità delle successive norme che, mantenendo tale criterio, avevano aumentato l'indennità e l'avevano poi conglobata nella retribuzione del portiere.

Pur non essendo stata proposta una formale eccezione di illegittimità costituzionale delle predette norme di legge, la Corte d'appello di Roma, con ordinanza 11 dicembre 1968, regolarmente notificata e comunicata, rimetteva a questa Corte la questione di legittimità costituzionale dell'articolo unico, tabella A, del decreto legislativo 22 aprile 1947, n. 285, contenente norme riguardanti l'indennità di contingenza ai portieri, nonché delle norme di cui all'art. 1 del D.L. 14 dicembre 1947, n. 1460, agli artt. 1 e 2 della legge 20 novembre 1951, n. 1323, all'art. 2 della legge 31 marzo 1954, n. 109 ed all'art. 1 della legge 4 febbraio 1958, n. 23, nelle rispettive parti in cui stabiliscono, confermano e conglobano l'indennità di contingenza dovuta ai portieri degli stabili con reddito imponibile inferiore al minimo stabilito per legge, in misura ridotta rispetto a quella spettante ai portieri di altri stabili di egual numero di appartamenti.

Si assume nell'ordinanza che tali norme contrastano con l'art. 36 della Costituzione, perché determinano l'indennità applicando un criterio estraneo agli elementi da cui é obbiettivamente desumibile la proporzione della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Esse avrebbero inoltre violato l'art. 3 della Costituzione, con lo stabilire differenti retribuzioni per una medesima attività lavorativa.

Con deduzioni depositate il 1 luglio 1969 si é costituita nel presente giudizio la signora Flora Di Venanzio, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Ugo Papi e Filippo Papi, aderendo all'ordinanza e sviluppando le argomentazioni ivi contenute.

Nella discussione orale l'avv. Filippo Papi ha ribadito le ragioni esposte nelle deduzioni.  

Considerato in diritto 

1. - Osserva la Corte che il criterio adottato nelle norme impugnate, secondo cui ai portieri addetti a stabili con reddito imponibile inferiore al minimo garantito per legge é dovuta una indennità di contingenza in misura minore di quella fissata per gli stabili con meno di 40 vani o di 7 appartamenti, trova la sua origine nella contrattazione collettiva.

Il contratto collettivo nazionale del 30 aprile 1938, dopo aver stabilito, nel secondo comma dell'art. 14, che i contratti integrativi provinciali avrebbero fissato i salari minimi, tenendo conto dell'importanza e signorilità dello stabile e dell'entità del lavoro del portiere in dipendenza del numero delle scale e degli appartamenti, nell'ottavo comma dello stesso articolo disponeva che, qualora il reddito imponibile degli stabili fosse inferiore a un minimo da determinare nei contratti integrativi, il datore di lavoro aveva facoltà di non corrispondere il salario mensile: in tal caso il portiere era autorizzato a esercitare un mestiere nello stabile. Successivi contratti integrativi distinsero gli stabili, ai fini della misura del minimo di salario, in varie categorie, secondo il numero degli appartamenti e dei vani, e previdero un'ultima categoria, individuata da un imponibile catastale inferiore a una cifra da essi stessi fissata, attribuendo ad essa un minimo salariale inferiore a quello della precedente categoria.

Il medesimo criterio fu adottato nel decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 22 aprile 1947, n. 285, che stabiliva la corresponsione di una indennità di contingenza ai portieri, e rimase fermo nelle norme successive, relative alla medesima indennità. Nella tabella A annessa al detto decreto gli stabili furono distinti in quattro categorie: le prime tre, secondo il numero dei vani e degli appartamenti; la quarta, comprensiva degli stabili "con reddito imponibile inferiore al minimo stabilito per legge".

2. - La norma dell'art. 14, ottavo comma, del contratto collettivo del 1938, che non fu più riprodotta nel contratto collettivo nazionale 16 giugno 1969, é stata ritenuta dalla Corte di cassazione, oltre che dalla giurisprudenza di merito, contrastante con l'art. 36 della Costituzione, in quanto, nel prevedere che la retribuzione potesse essere stabilita in misura inferiore ai minimi di tariffa per i portieri che prestino servizio negli stabili il cui reddito non superi un determinato importo, seguiva un criterio basato "su elementi del tutto estranei al rapporto di lavoro e alle esigenze del lavoratore, che invece per la norma costituzionale devono costituire gli elementi insostituibili per la determinazione di un'equa retribuzione" (Cass. sent. 24 ottobre 1967, n. 2624).

Lo stesso argomento, per quanto riguarda l'indennità di contingenza, é stato sostanzialmente prospettato nel presente giudizio dall'ordinanza di rimessione, la quale deduce l'illegittimità costituzionale delle relative norme di legge, con riferimento, oltre che all'art. 36, all'art. 3 della Costituzione.

La censura é fondata.

La distinzione degli stabili in categorie é posta dalla legge (come dai contratti collettivi) in funzione di determinare la quantità e qualità del lavoro del portiere ai fini della corrispettività della retribuzione. Costituiscono perciò criteri idonei a tale determinazione gli elementi obbiettivi che caratterizzano l'immobile, determinando maggiore e più complesso lavoro (scala e ascensore di servizio, termosifone centrale, centralino telefonico, impianto di distribuzione di acqua calda, ecc.), nonché il numero dei vani e degli appartamenti, implicanti diversa quantità di servizio. Col riferirsi alla misura dell'imponibile per determinare una minore indennità di contingenza, che é parte della retribuzione, si introduce un elemento del tutto estraneo agli adottati criteri di valutazione della quantità e qualità delle prestazioni lavorative, e con essi contrastante. Ne deriva una differenziazione nelle retribuzioni, che non si basa su una obbiettiva diversità quantitativa e qualitativa di lavoro, giacché dalla modesta misura del reddito non deriva necessariamente una minore esigenza di impegno lavorativo del portiere.

Nella tabella allegata al decreto legislativo che istituiva l'indennità di contingenza, gli stabili con reddito imponibile inferiore al minimo costituiscono una sottocategoria rispetto agli stabili con meno di 40 vani o di 7 appartamenti. Può quindi avvenire che per stabili di egual numero di vani o di appartamenti, ma che a fini fiscali siano stati valutati differentemente, si abbia diritto a una maggiore o minore indennità, secondo che, per circostanze del tutto indifferenti rispetto al lavoro del portiere, su di essi gravi un imponibile maggiore o minore del minimo. L'eterogeneità del criterio dell'imponibile, rispetto agli altri criteri determinativi della retribuzione, dà così luogo a una irrazionale possibilità di trattamenti differenti rispetto a situazioni identiche.

La considerazione che, negli stabili della categoria di cui trattasi, il portiere é autorizzato a esercitare altro mestiere non é rilevante, giacché tale autorizzazione é pure prevista per i portieri degli stabili delle altre categorie, e la differenza di trattamento permane anche tra portieri autorizzati al detto esercizio.

Deve pertanto dichiararsi l'illegittimità costituzionale dell'articolo unico del decreto legislativo 22 aprile 1947, n. 285, e dell'annessa tabella A, nella parte sopra indicata.

L'illegittimità si estende alle successive disposizioni di legge, che aumentavano l'indennità mantenendo la misura minore per gli stabili con reddito inferiore al minimo, nonché alla legge 4 febbraio 1958, n. 23, nella parte in cui, conglobando in un'unica voce retributiva i minimi di salario fissati dai contratti collettivi integrativi, l'indennità di contingenza e le indennità di carovita e caropane, riproduceva nella retribuzione conglobata le disparità di trattamento innanzi rilevate.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo unico, tabella A, del D.L.C.P.S. 22 aprile 1947, n. 285, nonché dell'art. 1 del decreto legislativo 14 dicembre 1947, n. 1460, degli artt. 1 e 2 della legge di ratifica 20 novembre 1951, n. 1323, dell'art. 2 della legge 31 marzo 1954, n. 109, e dell'art. 1 della legge 4 febbraio 1958, n. 23, nelle parti in cui rispettivamente stabiliscono, aumentano e conglobano nella retribuzione l'indennità di contingenza, dovuta ai portieri, in misura ridotta in relazione al reddito imponibile dello stabile inferiore al minimo stabilito per legge.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 novembre 1970.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 18 novembre 1970.