Sentenza n. 152 del 1970
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SENTENZA N. 152

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 del R.D.L. 1 giugno 1946, n. 539 (trattamento economico del personale non di ruolo insegnante e non insegnante nelle scuole e negli istituti d'istruzione media), nel testo sostituito dall'art. 1 del decreto legislativo 31 dicembre 1947, n. 1687, e successive modificazioni, promosso con ordinanza emessa il 3 novembre 1967 dal Consiglio di Stato - sezione sesta - sul ricorso di Colagiorgio Modesto contro il Ministero della pubblica istruzione ed il Provveditore agli studi di Lecce, iscritta al n. 145 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 235 del 14 settembre 1968.

Visto l'atto di costituzione di Colagiorgio Modesto;

udito nell'udienza pubblica del 17 giugno 1970 il Giudice relatore Angelo De Marco;

udito l'avv. Pasquale D'Abbiero, per il Colagiorgio.

Ritenuto in fatto 

Il dott. Modesto Colagiorgio, laureato in farmacia, come tale veniva incaricato della supplenza annuale per l'insegnamento di matematica ed osservazioni scientifiche nelle scuole medie di Tricase (Lecce) per gli anni scolastici 1964 - 1965 e 1965 - 1966 per 20 ore settimanali e per l'anno scolastico 1966 - 1967 per 16 ore settimanali, con trattamento di cattedra.

Durante l'anno 1964 - 1965 aveva, altresì, l'incarico provvisorio quadriennale, poi confermato di quadrimestre in quadrimestre, di reggere la farmacia dell'ospedale civile "M. Tamburino" di Maglie, con il compenso forfettario di lire 50.000 mensili.

Di tale incarico, che affermava avere carattere professionale e non impiegatizio, il dott. Colagiorgio informava le autorità scolastiche.

A seguito di tale comunicazione ed in base ad analogo avviso del Ministero della pubblica istruzione il Provveditore agli studi di Lecce ritenuto che l'incarico di farmacista avesse carattere impiegatizio di importanza prevalente sulla supplenza scolastica, disponeva che il trattamento economico quale supplente venisse ridotto alla misura del 31 per cento di quella normale, ai sensi dell'art. 3 del R.D.L. 1 giugno 1946, n. 539, e successive modificazioni e, nel contempo, veniva disposto il recupero di quanto, in base a tale determinazione, risultava percepito in più dall'interessato.

Avverso tale provvedimento il dott. Colagiorgio proponeva ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale chiedendone l'annullamento, in via principale, perché il rapporto instaurato con l'ospedale di Maglie non aveva carattere impiegatizio, ma professionale, cosicché le norme suindicate non erano applicabili al caso, in via subordinata chiedendo che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale delle norme stesse, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. VI) dopo avere, con separata decisione, affermato il carattere impiegatizio dell'incarico presso l'ospedale di Maglie e, quindi, l'applicabilità nella specie delle norme suddette, con ordinanza 3 novembre 1967 dichiarava rilevante ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità prospettata dal ricorrente e rimetteva gli atti a questa Corte per il relativo giudizio.

Dopo gli adempimenti di legge, la questione viene ora alla cognizione della Corte.

Si é costituito il dott. Colagiorgio, il di cui patrocinio, con ampia memoria, depositata il 2 luglio 1968, dopo avere richiamato le norme impugnate e dopo averne illustrato il contenuto, insiste nel sostenere che non possa esservi dubbio del contrasto di tali norme da un lato col principio di eguaglianza, dall'altro con quelli di proporzionalità e sufficienza della retribuzione sanciti rispettivamente dagli artt. 3 e 36 della Costituzione.

Con memoria depositata il 3 giugno 1970 il patrocinio del prof. Colagiorgio insiste nel chiedere la dichiarazione di illegittimità delle norme impugnate, lumeggiando le argomentazioni addotte a motivazione dell'ordinanza di rinvio.

Considerato in diritto 

1. - Con l'ordinanza di rinvio viene sottoposta all'esame della Corte la questione di legittimità costituzionale di una particolare, differenziata disciplina del cumulo di stipendi, in un caso consentito di cumulo di impiego pubblico: quella contemplata dall'art. 3 del R.D.L. 1 giugno 1946, n. 539, nel testo sostituito dall'art. 1 del D.L.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, e successive modificazioni fino all'art. 24 del D.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, emanato in applicazione dell'art. 3 della legge di delega 3 dicembre 1964, n. 1260.

Infatti, le norme sopra indicate, la cui legittimità costituzionale viene contestata, riguardano tutte il cumulo del trattamento economico dei professori incaricati o supplenti, con quello loro spettante per altro rapporto d'impiego, di ruolo o non di ruolo, con lo Stato o altro Ente pubblico, mentre non viene contestata la legittimità costituzionale della disciplina generale del cumulo di stipendi in caso di cumulo consentito di pubblici impieghi, quale risulta dall'art. 99 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2960, rimasto in vigore anche dopo l'emanazione dello statuto degli impiegati dello Stato, approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e quale risulta modificato dall'art. 16 del D.P.R. 11 gennaio 1956, n. 19.

Così identificata e circoscritta la questione sottoposta allo esame della Corte, ai fini del decidere é necessario innanzi tutto accertare:

a) se la disciplina differenziata risultante dalle norme denunziate sia meno favorevole di quella risultante dalle norme generali sopra richiamate;

b) in caso affermativo, se il trattamento meno favorevole sia giustificato da una oggettiva differenza di posizione o, comunque, sia razionale.

Ciò porta a ricondurre in primo luogo l'esame della costituzionalità delle norme impugnate sotto il profilo del contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

2. - In base alla disciplina generale sopra citata:

a) nel caso di cumulo di impieghi consentito dalla legge non si fa luogo a riduzione allorché la somma dei due stipendi non superi le lire 750.000 annue;

b) quando ciascuno dei due stipendi sia inferiore a lire 750.000 e la loro somma superi tale importo, la eccedenza é ridotta di un terzo;

c) quando uno o entrambi gli stipendi eccedono le lire 750.000, si riduce di un terzo lo stipendio minore ovvero uno qualunque dei due stipendi, nel caso che siano di uguale ammontare;

d) le riduzioni sono sempre operate a favore dell'erario dello Stato.

In base a questa disciplina é chiaro che il titolare dei due rapporti d'impiego, anche se non può conservare integralmente entrambi gli stipendi, qualora nel loro complesso superino le lire 750.000 annue, al massimo può subire la riduzione del terzo di uno dei due stipendi cumulabili.

Invece, per quanto riguarda i professori non di ruolo, con orario complessivo di 20 ore settimanali, nonostante che in forza dell'art. 3 del R.D.L. n. 539 del 1946 e dell'art. 1 del D.L.C.P.S. n. 1687 del 1947, abbiano diritto al trattamento complessivo spettante al professore di ruolo di grado iniziale, ossia ad un vero e proprio stipendio, ancorché riducibile proporzionalmente, in caso di orario inferiore alle 20 ore settimanali, nell'ipotesi di cumulo con altro impiego pubblico, quale che sia l'ammontare del relativo stipendio, non si fa luogo al cumulo nel modo sopraindicato; ma lo stipendio di professore viene scomposto in paga oraria e, per giunta, commisurata a quella preveduta per compensare, sia per i professori di ruolo, sia per quelli non di ruolo, le ore eccedenti l'orario di cattedra.

Può così accadere, com'é accaduto nella specie, che per effetto di questa discriminata forma di cumulo di retribuzioni il professore non di ruolo venga a percepire, per i due impieghi cumulati, meno di quanto avrebbe percepito con la sola retribuzione per l'insegnamento.

Infatti, dall'art. 3 del R.D.L. n. 539 del 1946, come modificato dall'art. 1 del D.L.C.P.S. n. 1687 del 1947, risultano affermati due principi :

a) tanto per i professori di ruolo, quanto per quelli non di ruolo, l'insegnamento impartito oltre il proprio obbligo di orario é compensato in ragione di due terzi della misura oraria risultante dal precedente art. 1 (del R.D.L. n. 539 del 1946) ossia, per i professori non di ruolo, del solo stipendio (esclusi gli accessori, caroviveri, ecc.) del grado iniziale dei professori di ruolo;

b) per i professori non di ruolo, che abbiano altro impiego, di ruolo o non di ruolo, alle dipendenze dello Stato o di enti pubblici, invece, non le sole ore eccedenti l'orario di cattedra, ma l'intero trattamento che spetta loro come puro stipendio di insegnanti, rapportato ad ore, viene ridotto nella misura suddetta.

Con le leggi sul conglobamento totale delle varie voci di retribuzione nel solo stipendio, gradualmente succedutesi fino al D.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, con l'art. 24 del quale la retribuzione delle ore eccedenti l'orario di cattedra é stata ridotta al 31 per cento, si é, poi, pervenuti alla seguente posizione:

a) tanto per il professore di ruolo, quanto per quello non di ruolo che non abbia altro pubblico impiego (poco importa se eserciti la libera professione o abbia altro impiego privato), la riduzione della retribuzione delle ore eccedenti l'orario di cattedra trova adeguata giustificazione e compensazione nel concetto stesso di conglobamento e, comunque, non dà luogo a disparità di trattamento;

b) ben diverso discorso, sul piano della legittimità costituzionale, deve farsi quando quella riduzione di compenso orario, per i soli professori non di ruolo, nel caso di cumulo con altro impiego pubblico, colpisce addirittura la intera retribuzione. Infatti con ciò si pone in essere una grave disparità di trattamento rispetto a tutti gli altri impiegati statali, ai professori di ruolo e al personale scolastico non insegnante, i quali, in caso di altro impiego pubblico, hanno tutti diritto al cumulo degli stipendi secondo la legislazione generale sopra esposta.

Una siffatta particolare disciplina non ha alcuna giustificazione razionale, anche perché può condurre, come é avvenuto nel caso di specie, all'aberrante conseguenza che due quantità di lavoro siano retribuite in misura minore di una sola. Pertanto manifesta appare la violazione del principio di uguaglianza, cosicché la questione sollevata con l'ordinanza di rinvio, nei limiti risultanti dalle considerazioni che precedono, deve riconoscersi fondata per la patente violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Perciò, tanto l'art. 24, quinto comma, del D.P.R. del 1965, n. 749, che riduce lo stipendio al 31 per cento, quanto gli artt. 13, quinto comma, del D.P.R. del 1965, n. 373, e 20, quinto comma, del D.P.R. del 1956, n. 19, che lo riducono al 38 per cento ed alla metà, sono illegittimi.

Né si dica che la dichiarazione di illegittimità produce, a sua volta, un'ingiustizia in confronto agli altri casi, soggetti invece ai principi legislativi sulla riduzione del compenso complessivo nel cumulo di impieghi; infatti, venuta meno la norma denunciata, la situazione cade nell'orbita di tali principi.

Invece, poiché i due rapporti d'impiego che hanno fatto sorgere la controversia oggetto del giudizio a quo hanno avuto svolgimento a decorrere dall'anno scolastico 1964 - 1965, quando la disciplina di cui al R.D.L. n. 539 del 1946 ed al D.L.C.P.S. n. 1687 del 1947 era stata superata e sostituita da quella di cui al D.P.R. 10 gennaio 1956, n. 19, e successive fino al D.P.R. n. 745 del 1965, per quanto attiene ai due suddetti decreti del 1946 e del 1947 deve dichiararsi l'inammissibilità per irrilevanza.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt.: 20, quinto comma, del D.P.R. 10 gennaio 1956, n. 19; 13, quinto comma, del D.P.R. 21 aprile 1965, n. 373; 24, quinto comma, del D.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, contenenti norme sul conglobamento delle retribuzioni del personale statale;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, del R.D.L. 1 giugno 1946, n. 539, contenente "Trattamento economico del personale non di ruolo insegnante e non insegnante nelle scuole e negli istituti d'istruzione media" e dell'art. 1 del D.L.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687: "Nuove norme sul trattamento economico del personale non di ruolo degli istituti e delle scuole d'istruzione media", sollevata con l'ordinanza citata in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 1970.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 6 novembre 1970.