Sentenza n. 125 del 1970
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SENTENZA N. 125

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZI'

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 10, ultimo comma, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 (norme sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti), promosso con ordinanza emessa il 21 novembre 1968 dal tribunale dell'Aquila nel procedimento civile vertente tra Del Cimmuto Angelo e l'INPS, iscritta al n. 283 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52 del 26 febbraio 1969.

Visto l'atto di costituzione dell'INPS;

udito nell'udienza pubblica del 3 giugno 1970 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti;

udito l'avv. Giorgio Cannella, per l'INPS.

 

Ritenuto in fatto

 

In data 27 dicembre 1957 Del Cimmuto Angelo, pensionato della cassa di previdenza per i dipendenti degli enti locali per il servizio prestato presso il comune di Pescocostanzo, inoltrava domanda all'Istituto nazionale della previdenza sociale per ottenere la pensione di vecchiaia previo riconoscimento dei periodi di servizio militare da lui effettuato dal 1915 al 1920. L'Istituto però respingeva la domanda comunicando che ai sensi dell'art. 10, ultimo comma, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, i periodi di servizio militare non possono essere riconosciuti se sono computabili in altre forme di previdenza. Questa decisione veniva successivamente confermata dal Comitato esecutivo dell'INPS nonostante l'interessato avesse fatto presente che egli non aveva mai ottenuto dalla propria cassa di previdenza la valutazione ai fini pensionistici del servizio militare prestato, né poteva richiederla essendo decorso il termine per la domanda.

Il Del Cimmuto citava allora in giudizio l'INPS dinanzi al tribunale dell'Aquila ed in questa sede la difesa dell'attore sollevava eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 10 del D.P.R., n. 818 del 1957, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, sostenendo che la norma aveva ecceduto dai limiti della delega contenuta nell'art. 37 della legge 4 aprile 1952, n. 218.

L'eccezione veniva accolta dal tribunale che con ordinanza 13 novembre 1962 rimetteva gli atti a questa Corte rilevando che la disposizione impugnata, modificando le precedenti in materia (art. 136 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827 e art. 22 della legge 4 aprile 1952, n. 218), aveva introdotto una nuova limitazione all'esercizio di un diritto e non poteva pertanto ritenersi norma di attuazione o di coordinamento ai sensi dell'art. 37 della legge delegante n. 218 del 1952.

Con ordinanza n. 17 del 14 marzo 1964 questa Corte, dopo aver rilevato che il tribunale dell'Aquila aveva omesso di esaminare se la controversia potesse essere decisa in base alla disposizione contenuta nell'art. 10, ultimo comma, della legge 20 febbraio 1958, n. 55, che si assumeva essere identica a quella impugnata, ordinava che gli atti venissero restituiti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza della questione.

Il tribunale ha compiuto tale esame ed ha ora restituito gli atti a questa Corte insistendo nella questione di legittimità costituzionale originariamente proposta. Nella nuova ordinanza del 21 novembre 1968 il giudice osserva che, pur dovendosi considerare abrogato l'art. 10, ultimo comma, del D.P.R. delegato n. 818 del 1957 ad opera dell'art. 10, ultimo comma, della successiva legge n. 55 del 1958 che ne riproduce esattamente il contenuto, non può a questa legge attribuirsi efficacia retroattiva ed applicarla al rapporto controverso.

L'assicurato Del Cimmuto ebbe infatti a produrre domanda di pensione all'INPS il 27 dicembre 1957, in epoca cioè anteriore all'emanazione della legge 1958 (26 febbraio 1958); ed é appunto alla data della domanda che il diritto all'accreditamento dei contributi figurativi in questione deve farsi risalire e considerarsi perfezionato sicché al riconoscimento della pretesa dell'assicurato permane solo l'ostacolo dell'impugnata disposizione del D.P.R. n. 818 del 1957.

Nel presente giudizio si é costituito soltanto l'INPS, rappresentato e difeso dagli avvocati Giorgio Cannella e Pierino Pierini, mediante deposito di deduzioni in cancelleria in data 10 gennaio 1969.

Osserva la difesa dell'Istituto che fin dall'origine il riconoscimento del servizio di guerra 1915-1918 fu subordinato alla condizione che non si cumulasse con analoghi vantaggi derivanti da altre forme previdenziali. Ciò si desume sia dall'art. 38 del D.Lg. 21 aprile 1919, n. 603, sia dall'art. 136 R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, che concordemente dispongono il computo utile del servizio militare in questione agli effetti delle prestazioni per l'invalidità e vecchiaia, sancendo però l'esclusione dal computo per quei "periodi di tempo nei quali l'assicurato, durante il servizio militare, sia stato comandato o messo a disposizione presso stabilimenti ausiliari". La ragione di tale esclusione va ricercata nel fatto che per quei periodi e per quella attività era stata istituita una particolare assicurazione obbligatoria nel 1917. Non sembra quindi fondata la censura che il legislatore delegato del 1957 abbia ecceduto dai limiti del potere conferitogli allorché si é dato carico di dettare una norma di attuazione che mancava per completare - coordinando - quell'ordinamento previdenziale nel quale si era inserita la legge delegante.

A sostegno dell'infondatezza della questione proposta rileva infine la difesa dell'INPS che se l'art. 10 della legge sopravvenuta ha, formalmente, abrogato la norma delegata lo ha fatto non perché con essa in contrasto, ma perché ha inteso ridisciplinare l'intera materia. Dal valore sostanzialmente interpretativo dell'art. 10 della legge n. 55 del 1958 deve quindi trarsi la conferma del buon uso del potere legislativo delegato.

Queste considerazioni la difesa dell'lNPS ha ulteriormente svolte e sviluppate in una memoria depositata il 21 maggio 1970 nella quale ribadisce che il legislatore delegato del 1957 - colmando un vuoto normativo lasciato aperto dal precetto dell'art. 136 del R.D.L. n. 1827 del 1935, che demandava ad un regolamento la determinazione delle modalità di concessione del beneficio - non ha aggiunto un nuovo divieto all'esercizio di un diritto, ma ha solo affermato un principio implicito nella concessione dello stesso: quello appunto che la valutazione del servizio militare per la guerra 1915-18 fosse soggetto alla regola del "ne bis in idem". E ciò al fine di impedire che dello stesso si possa pretendere di godere più volte in diverse forme di previdenza.

Affermare che in simile fattispecie il legislatore delegato abbia ecceduto dai limiti del suo potere significa ridurre la sua funzione al grado di una mera interpretazione delle leggi ordinarie e considerare nulla la sua funzione di coordinamento e di attuazione la quale invece consente di adattare i precetti a situazioni concrete che il legislatore delegante non aveva voluto disciplinare direttamente.

Conclude pertanto la difesa chiedendo che la Corte voglia dichiarare non fondata la proposta questione di legittimità costituzionale.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione di legittimità costituzionale proposta con l'ordinanza in epigrafe investe l'ultimo comma dell'art. 10 del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818 contenente norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218 sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti.

Il vizio denunciato é quello dell'eccesso di delega. Si assume infatti dal giudice a quo che la disposizione impugnata - in base alla quale il periodo di servizio militare di cui all'art. 136 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827 non é riconosciuto utile nell'assicurazione generale obbligatoria quando sia computabile in altri trattamenti pensionistici - non può essere considerata norma di attuazione o di coordinamento ai sensi dell'art. 37 della citata legge di delega essendosi con essa introdotto un limite nuovo all'esercizio di un diritto prima non presente nella disciplina normativa della materia. Da ciò la denuncia d 'incostituzionalità in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

Afferma per contro la difesa dell'INPS che il legislatore delegato non ha disposto alcuna innovazione, ma ha solo ritenuto di poter esprimere in apposita norma un principio implicito nella preesistente legislazione, il principio cioè che il riconoscimento del periodo di servizio militare di cui trattasi dovesse essere soggetto alla regola del "ne bis in idem" onde evitare l'ingiusta duplicazione, in diversi trattamenti pensionistici, d'un beneficio scaturente da un'unica causa.

L'eccezione di incostituzionalità, nei limiti che in seguito saranno precisati, appare fondata.

2. - Il riconoscimento del periodo di servizio militare prestato nelle forze armate italiane a decorrere dal 25 maggio 1915 al 1 luglio 1920 come periodo utile agli effetti delle prestazioni per l'invalidità e la vecchiaia venne sancito dall'art. 136 del R.D.L. n. 1827 del 1935. Tale disposizione tuttavia, nel rimettere ad un successivo regolamento, in effetti poi mai emanato, la determinazione delle modalità di concessione del beneficio in questione, aggiunge che sono da escludersi dal computo i periodi di tempo nei quali l'assicurato, durante il servizio militare, sia stato comandato o messo a disposizione presso stabilimenti ausiliari.

Ora é vero che sulla base di questo precetto può sostenersi, come ha fatto la difesa dell'INPS, che presupposto sottinteso della concessione del beneficio sia la condizione che il richiedente non ne abbia già ottenuto il riconoscimento in altre forme assicurative. E ben poteva conseguentemente il legislatore delegato del 1957, nell'esercizio dei poteri accordatigli, enunciare positivamente tale inespressa ma giusta e naturale condizione.

Non é men vero però che l'espressione usata nell'ultimo comma dell'art. 10 della legge delegata travalica la finalità anzidetta e pone in essere una ulteriore limitazione non certo riconducibile al principio del divieto del doppio riconoscimento del medesimo beneficio. L'aver infatti disposto di non riconoscere il servizio militare nel caso in cui sia semplicemente computabile per le pensioni a carico di altre forme di previdenza é cosa innegabilmente diversa dal non riconoscimento del beneficio quando questo sia stato già computato in tali pensioni.

Dalla norma così come é stata formulata deriva che il riconoscimento del servizio militare ai fini della pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria può essere richiesto solo se tale servizio non possa essere riconosciuto ai fini di altri trattamenti pensionistici sostitutivi o esclusivi di quella. Che questo sia il significato della norma si desume dal caso di specie - in ordine al quale non v'é contestazione tra le parti - in cui ci si trova di fronte ad un assicurato, pensionato della Cassa di previdenza per i dipendenti degli enti locali, al quale é stato rifiutato dall'INPS il riconoscimento del servizio militare perché valutabile dalla sua Cassa di previdenza sebbene egli non abbia mai chiesto tale valutazione e non possa ormai più richiederla per decorso del termine di presentazione della domanda (art. 27 della legge 24 maggio 1952, n. 610).

Deriva quindi da quel che precede che la norma delegata non può essere intesa come norma di coordinamento o di attuazione, ai sensi dell'art. 37 della legge di delega, limitatamente alla parte in cui dispone che non é riconosciuto il servizio militare nell'assicurazione generale obbligatoria se sia computabile - e non già se sia stato effettivamente computato - per le pensioni a carico di altre forme di previdenza. Ed in tali termini va dichiarata la sua illegittimità costituzionale in riferimento all'art. 76 della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, ultimo comma, del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, contenente norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, nella parte in cui esclude il riconoscimento del periodo di servizio militare prestato dal 25 maggio 1915 al 1 luglio 1920 quando sia computabile per le pensioni a carico di altre forme di previdenza, anziché escluderlo solo quando per tali pensioni sia stato effettivamente computato.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1970.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 9 luglio 1970.