Sentenza n. 119 del 1970
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SENTENZA N. 119

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZI'

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 635, secondo comma, n. 2, del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 20 febbraio 1969 dal pretore di Feltre nel procedimento penale a carico di Resegati Carlo ed altri, iscritta al n. 95 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 91 del 9 aprile 1969;

2) ordinanza emessa il 2 ottobre 1969 dal pretore di Brescia nel procedimento penale a carico di Ferrari Costantino ed altri, iscritta al n. 438 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 324 del 24 dicembre 1969;

3) ordinanza emessa il 4 dicembre 1969 dal pretore di San Miniato nel procedimento penale a carico di Bartoli Dino e Gemignani Antonietta, iscritta al n. 9 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50 del 25 febbraio 1970.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 3 giugno 1970 il Giudice relatore Costantino Mortati;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso del procedimento penale contro Resegati Carlo ed altri, imputati, fra l'altro, del reato di danneggiamento aggravato per avere, in occasione di uno sciopero, reso inservibile l'impianto telefonico dello stabilimento del loro datore di lavoro, il pretore di Feltre, accogliendo una corrispondente istanza della difesa, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 635, capoverso, n. 2, del codice penale, nella parte in cui prevede appunto come specifica aggravante del reato di danneggiamento (nonché come condizione della sua procedibilità d'ufficio anziché a querela) la circostanza che il fatto sia commesso "da lavoratori in occasione di sciopero", in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione.

Nell'ordinanza pronunciata il 20 febbraio 1969, si osserva che per l'ordinamento costituzionale repubblicano i lavoratori non costituiscono una categoria di cittadini cui la legge attribuisca speciali funzioni o prerogative tali da esigere da loro, in occasione di sciopero, una condotta particolare e che il danneggiamento da essi eventualmente commesso non arreca alla ordinata convivenza civile un pregiudizio più grave di quello che nelle stesse circostanze sia commesso da altre persone.

La norma in questione, differenziando il trattamento penale dello stesso fatto delittuoso, a seconda che sia commesso da lavoratori o da altri, appare perciò al pretore come contrastante col principio costituzionale di eguaglianza.

Dopo che il provvedimento é stato regolarmente notificato, comunicato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 91 del 9 aprile 1969, é intervenuto nel processo costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato come per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, che nelle sue deduzioni ha concluso per la dichiarazione d'infondatezza della questione.

L'Avvocatura osserva, in particolare, che, se fosse vero, come assume il pretore, che i cittadini italiani fanno tutti parte dell'unica categoria dei lavoratori, la questione di costituzionalità non avrebbe ragion d'essere poiché la norma impugnata punisce i lavoratori che commettano il fatto in occasione di uno sciopero, ma non determinati lavoratori. Se tutti sono lavoratori, quindi, la norma si applica a tutti e non sussiste discriminazione alcuna.

Dopo avere ricordato come la Corte costituzionale abbia già avuto occasione di pronunciarsi, nel senso dell'infondatezza, su una precedente questione sollevata nei confronti della stessa norma (sent. n. 110 del 1957), l'Avvocatura rileva che la discriminazione cui si riferisce il pretore di Feltre é da escludere anche perché la qualità di lavoratore in sciopero é una circostanza soggettiva, non inerente alla persona (art. 70, n. 2, c.p.), e pertanto, avendo agevolato la commissione del reato, sta a carico degli altri concorrenti, anche se da loro non conosciuta (art. 118, secondo comma, c.p.). Fuori dell'ipotesi di reato commesso da lavoratori o in concorso con lavoratori, infine, l'aggravante, a parere dell'Avvocatura, é inapplicabile e pertanto il problema di costituzionalità dell'art. 635, capoverso, n. 2, violazione del principio di eguaglianza, non si pone neppure.

2. - Analoga questione é stata sollevata, con riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, e 40 della Costituzione, con l'ordinanza 2 ottobre 1969, pronunciata dal pretore di Brescia nel corso del procedimento penale contro Ferrari Costantino ed altri, imputati del reato di cui agli artt. 110 e 635, capoverso, n. 2, del codice penale, per avere dato alle fiamme beni di proprietà della S.p.A. Breda meccanica Bresciana, agendo quali lavoratori in sciopero.

In questa ordinanza si rileva innanzi tutto che la questione può essere riesaminata, nonostante la pronuncia della Corte n. 110 del 1957, sia perché essa viene riproposta sotto profili e per motivi diversi rispetto a quelli allora considerati, sia perché la precedente decisione appare appoggiata ad argomenti che, a dodici anni di distanza, appaiono superati dalle mutate condizioni ed esigenze della società.

Ciò premesso, il pretore osserva che per riesaminare la questione occorre muovere da due considerazioni: la prima, che lo sciopero é oggi un diritto, stante la immediata precettività dell'art. 40 della Costituzione, la seconda che i lavoratori rappresentano la categoria sociale su cui la Repubblica si fonda (art. 1 della Costituzione).

Ora, la norma penale in esame, assoggettando i lavoratori in sciopero ad un trattamento sfavorevole in relazione ai reati di danneggiamento commessi in tale occasione, chiaramente muove da una valutazione sfavorevole dello sciopero, che era ammissibile quando questo comportamento era considerato anche di per sé un reato, ma che non può essere ritenuto compatibile con i suddetti principi. Il rapporto fra l'art. 635, capoverso, n. 2, e gli artt. 502 e 503, del codice penale, rappresentava infatti, secondo il pretore, la proiezione estensiva dell'aggravante di cui all'art. 61, n. 2, del codice penale, attraverso la norma dell'art. 45, n. 2, del codice di procedura penale. Caduto tale rapporto di reati, dato che il comportamento che costituiva uno di essi rappresenta oggi esercizio di un diritto, appare evidente il mutamento dell'intera prospettiva giuridica e politico - sociale.

Pertanto l'indirizzo giurisprudenziale della Corte di cassazione, e della Corte costituzionale stessa, favorevole alla conservazione della norma presuppone un giudizio di valore negativo, sia nei confronti dello sciopero, visto come fatto patologico e presuntivamente pericoloso, sia nei confronti degli scioperanti, considerati come soggetti proclivi al delitto per indole o per suggestione ambientale, che non é più rispondente al sistema costituzionale vigente.

Parecchie disposizioni contenute nel codice penale, che il pretore analiticamente passa in rassegna, dimostrano come il sistema in cui l'art. 635, capoverso n. 2, era inserito, fosse imperniato sulla punizione dello sciopero come reato e perciò anche la norma in esame non può sostenersi, ove tale premessa venga a cadere, risultando in contrasto con l'art. 40, della Costituzione.

La dedotta violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, é poi motivata con riferimento alla discriminazione ravvisabile nel fatto che, mentre per i comuni cittadini eventualmente riuniti in occasione di uno sciopero, il delitto di danneggiamento può risultare aggravato, a norma dell'articolo 61, n. 5, del codice penale, soltanto se il giudice nel suo libero convincimento ritenga effettivamente ostacolata la pubblica o la privata difesa, viceversa il danneggiamento commesso da lavoratori é obbligatoriamente e presuntivamente aggravato, anche se in concreto siano esclusi i presupposti della citata aggravante. Tale discriminazione non può essere considerata razionale con riferimento alla motivazione addotta dal legislatore del tempo in cui la norma é sorta, né con riferimento ad una motivazione ricostruita a posteriori poiché in ogni caso essa conduce alla violazione dell'art. 40 della Costituzione.

Infine il pretore denuncia la violazione dell'art. 3, secondo comma, della Costituzione, ravvisando nella norma un intento discriminatorio fra le diverse classi sociali, da un lato, per la assunzione che essa compie della difesa d'ufficio e più severa del patrimonio privato, e, dall'altro lato, per la presunzione, su cui si fonda, che i lavoratori in sciopero siano generalmente proclivi al danneggiamento del patrimonio altrui. Così facendo, la norma verrebbe a cristallizzare disuguaglianze di fatto, facendone anzi discendere ragioni di più aspro conflitto, a negare che lo sciopero sia una forma legittima di partecipazione sociale ed a gravarlo di un vero e proprio giudizio di pericolosità.

Anche questo provvedimento é stato regolarmente notificato, comunicato e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 324 del 24 dicembre 1969, ma nessuno si é costituito avanti la Corte costituzionale.

3. - La questione di costituzionalità dell'art. 635, n. 2, del codice penale, é stata infine sollevata, con riferimento al solo art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione, anche dal pretore di San Miniato, nel corso del procedimento penale contro Bartoli Dino, imputato dello stesso reato per avere danneggiato l'autovettura di un lavoratore che non intendeva partecipare ad uno sciopero in atto.

Nell'ordinanza, pronunciata in data 4 dicembre 1969, vengono svolte considerazioni analoghe a quelle viste in relazione alle altre due, sottolineandosi particolarmente l'irrazionalità della disparità di trattamento che la norma realizza tra l'ipotesi in cui uno stesso fatto sia commesso da lavoratori in occasione di uno sciopero ovvero da altri cittadini in circostanze pur praticamente non dissimili.

Anche l'ordinanza del pretore di San Miniato é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 25 febbraio 1970, ma nessuno si é costituito nel processo costituzionale.

 

Considerato in diritto

 

Le tre cause hanno ad oggetto la stessa censura di incostituzionalità, sicché se ne può disporre la riunione e la decisione con unica sentenza.

1. - Le ordinanze denunciano la illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 3 (e quella del pretore di Brescia anche dell'art. 40 Cost.), dell'art. 635, secondo comma n. 2, del codice penale, che considera circostanza aggravante del reato di danneggiamento, e ne dispone la perseguibilità di ufficio, il fatto che sia commesso da lavoratori in sciopero.

La questione, sotto la specie della violazione del solo articolo 40, é stata in passato sottoposta alla Corte e decisa con sentenza n. 110 del 1957, con la quale si é ritenuto che l'aggravante in parola non postuli necessariamente l'illiceità dello sciopero, essendo anche possibile che sia fatta derivare dalla presenza di fatti o atti in sé leciti: sicché nonostante l'avvenuta eliminazione del carattere criminoso dello sciopero, la norma impugnata si giustificherebbe, nel senso che la situazione da esso determinata, mentre da una parte é tale da poter suscitare stati di eccitazione collettiva facilmente inducenti ad atti di danneggiamento, dall'altra rende meno vigile e pronta la difesa privata e pubblica della proprietà.

L'attuale prospettazione della questione in termini più ampi rende necessario un suo riesame.

2. - Occorre mettere anzitutto in rilievo come lo speciale trattamento punitivo stabilito dall'articolo denunciato (che era del tutto ignoto alla legislazione prefascista) é strettamente legato al carattere delittuoso conferito ad ogni sciopero specialmente dal codice penale del 1930. Ciò risulta indubbiamente comprovato dalle stesse relazioni del Presidente della Commissione ministeriale e del Ministro al progetto di detto codice, secondo le quali la configurazione data al reato di danneggiamento era da mettere in relazione con la maggiore pericolosità dell'agente, capace di "due reati", da porsi in connessione teleologica fra loro, e da potere assimilarsi a quella di cui al precedente n. 1 che punisce nella stessa misura il danneggiamento accompagnato da violenza sulla persona. Una riprova di tale connessione si può poi trarre dallo stesso tenore dell'art. 635 n. 2, là dove prevede identico aggravamento anche nel caso del delitto punito dall'art. 333 del codice penale che, consistendo nell'abbandono individuale di un pubblico ufficio, non può, per la sua stessa natura, essere considerato fonte di suggestioni di folla, trascinanti ad azioni di danno, o tali da pregiudicare l'esercizio delle comuni difese preventive e repressive: suggestioni su cui s'é fatto leva da qualcuno a giustificare lo speciale trattamento ricordato e la costituzionalità della norma.

A parte ciò, anche a volere ammettere che le astensioni collettive dal lavoro abbiano un potere di incitamento ad operare danni alle cose, il fatto che a prevenire o reprimere tale eventualità non sia stata ritenuta sufficiente l'applicazione dell'art. 61 n. 5 del codice penale (che considera quale circostanza aggravante comune l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona suscettibili di ostacolare le pubbliche o private difese) mostra anch'esso come con la norma in esame si sia voluto colpire, sia pure in occasione del danneggiamento, proprio lo sciopero in quanto tale. Tanto é vero che si é prevista non solo una pena più grave di quella applicabile ad altri casi di danneggiamento ma anche il procedimento d'ufficio; quest'ultimo evidentemente collegato con la prevalenza voluta accordare alla tutela dell'economia pubblica, ritenuta compromessa dallo sciopero, rispetto alla tutela della proprietà privata.

In sostanza la norma impugnata, anch'essa strumento di repressione dello sciopero nell'ordinamento corporativo con cui é sorta, cade con la caduta di questo ultimo.

E analoghe considerazioni valgono anche per i danneggiamenti commessi da datori di lavoro in occasione di serrata.

3. - In particolare, quanto allo sciopero, il legislatore del 1930 ha voluto colpire la qualità di lavoratore del soggetto responsabile, giungendo così alla conseguenza di punire un terzo (che nella stessa situazione si renda autore di danneggiamento) meno gravemente del lavoratore scioperante, che pure in nulla dovrebbe differenziarsi dal primo, una volta riconosciuta la piena liceità della effettuata astensione dal lavoro. E non sembra dubbio che tale differente trattamento, privo, come risulta, di ogni giustificazione, si traduce in violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Violazione che non sarebbe eliminata anche quando si accedesse all'opinione sostenuta dall'Avvocatura dello Stato, secondo la quale, nel caso che al reato di danneggiamento in occasione di sciopero concorrano con i lavoratori altri soggetti, l'aggravamento della pena colpirebbe anche questi ultimi in applicazione dell'art. 118, secondo comma, del codice penale. Infatti l'incongruenza rimarrebbe quando il danno arrecato in occasione dello sciopero fosse causato solamente da terzi non lavoratori, senza il concorso di costoro, presumendosi così nei lavoratori un maggior grado di pericolosità pel solo fatto della concomitanza del danno con l'esercizio di un diritto ad essi garantito.

4. - L'assunzione di un comportamento lecito, come lo sciopero, a circostanza aggravante del reato di danneggiamento o a ragione della sua perseguibilità d'ufficio può rientrare nella discrezionalità del legislatore solo a condizione che venga disposto un trattamento di parità per tutti i casi che possano comportare situazioni di pericolo, e per tutti i compartecipi. Se altrimenti si facesse verrebbe a svuotarsi di valore la solenne proclamazione dell'art. 40 della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 635, secondo comma, n. 2, del codice penale, nella parte in cui prevede come circostanza aggravante, e come causa di procedibilità d'ufficio, del reato di danneggiamento il fatto che tale reato sia commesso da lavoratori in occasione di uno sciopero o da datori di lavoro in occasione di serrata.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 1970.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 6 luglio 1970.