Sentenza n. 69 del 1970

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 69

 

ANNO 1970

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

 

Prof. Michele FRAGALI

 

Prof. Costantino MORTATI

 

Prof. Giuseppe CHIARELLI

 

Dott. Giuseppe VERZÌ

 

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

 

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

 

Dott. Luigi OGGIONI

 

Dott. Angelo DE MARCO

 

Avv. Ercole ROCCHETTI

 

Prof. Enzo CAPALOZZA

 

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

 

Prof. Vezio CRISAFULLI

 

Dott. Nicola REALE

 

Prof. Paolo ROSSI

 

ha pronunciato la seguente

 

 

 

SENTENZA

 

 

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 630 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 ottobre 1968 dalla Corte d'assise di Milano nel procedimento per incidente di esecuzione sollevato da Mantica Piero, iscritta al n. 255 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25 del 29 gennaio 1969.

 

Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1970 il Giudice relatore Ercole Rocchetti.

 

 

 

Ritenuto in fatto

 

 

 

La Corte di assise di Milano, nel procedimento per incidente di esecuzione promosso da Mantica Piero, ha, su richiesta del pubblico ministero, sottoposto alla Corte la questione di legittimità costituzionale dell'art. 630 del codice di procedura penale che ha ritenuto violi il diritto di difesa, tutelato dall'art. 24 della Costituzione, perché non prevede che debba nominarsi un difensore di ufficio all'interessato (condannato, parte in quel procedimento) che non ne ha nominato uno di fiducia, limitandosi a prescrivere che ciò debba farsi soltanto quando egli sia ammesso al gratuito patrocinio.

 

 

 

Considerato in diritto

 

 

 

La Corte di assise di Milano ritiene che l'art. 630 del codice di procedura penale violi l'art. 24 della Costituzione - che tutela il diritto di difesa - in quanto consente che, nei procedimenti per incidenti di esecuzione, l'interessato possa anche non essere assistito da un difensore. Ciò perché quell'articolo, prescrivendo che un difensore d'ufficio debba essere nominato all'interessato ammesso al gratuito patrocinio, nulla dispone per il caso di chi non é ammesso a quel beneficio e non ha tuttavia nominato un suo difensore.

 

Il giudice a quo, richiamando la sentenza di questa Corte n. 29 dell'anno 1962, che ha deciso la stessa questione in senso negativo, esprime, nel riproporla, l'opinione che essa possa ora essere ritenuta fondata, dopo che questa stessa Corte, con la sentenza n. 86 del 2 luglio 1968, ha ritenuto costituzionalmente illegittima l'esclusione delle garanzie di difesa nell'istruttoria sommaria e nelle indagini di polizia giudiziaria.

 

A questa sentenza già richiamata possono aggiungersi quelle 148 e 149 del 1969 e 2 dell'anno corrente e può, nella stessa materia, farsi anche riferimento, sul piano della mutata normativa, alla legge 5 dicembre 1969, n. 932, che ha apportato modificazioni al codice di procedura penale in merito alle indagini preliminari, al diritto di difesa, all'avviso di procedimento e alla nomina del difensore. Riconsiderando ora, in una prospettiva più ampia e notevolmente mutata, la questione proposta dalla Corte di assise di Milano, essa deve ritenersi fondata.

 

Invero, il diritto di difesa, nell'ambito del processo penale, comprende in sé, oltre la facoltà di difendersi riconosciuta al cittadino, anche, ove egli non la eserciti, l'obbligo per lo Stato di provvedere alla difesa di lui, con la nomina di un difensore.

 

Questa esigenza, emersa ed appagata nel processo penale fin da tempi remoti, trova, nel piano del nostro diritto costituzionale, tutela nell'art. 24, ove questo sia letto in collegamento con l'art. 13, che proclama l'inviolabilità della libertà personale e con l'art. 3 che, tutelando il principio di eguaglianza, postula che, in quel processo, la difesa d'ufficio debba essere sempre, sussidiariamente, presente, in tutti i casi che siano da considerarsi equivalenti sul piano della tutela della libertà dell'inquisito.

 

Ora la Corte di assise di Milano,, anche se si é limitata a riferirsi al solo art. 24 della Costituzione, in realtà ha mirato ad invocare il diritto di difesa in questo più ampio contesto, specie quando si é richiamata a recenti sentenze di questa Corte che ne hanno riaffermata l'esigenza di tutela negli stessi atti preliminari del processo. E non può esser dubbio che, riconosciuta l'esigenza della nomina del difensore d'ufficio in tutte le fasi del processo penale, essa debba riconoscersi anche nella fase degli incidenti di esecuzione, nella quale si discutono problemi di rilievo, tutti legati alla libertà del condannato, in quanto per lo più incidenti sulla durata e qualità della pena.

 

La parziale illegittimità costituzionale dell'art. 630, comma primo, in tali sensi dichiarata, va, in forza dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, estesa anche all'altra parte dello stesso articolo che, tra le persone destinatarie dell'avviso del giorno della deliberazione dell'incidente di esecuzione, non contempla il difensore dell'interessato. Considerata infatti la difesa, per effetto di questa pronunzia, come tutela obbligatoria della parte, é ovvio che al suo difensore, di fiducia o d'ufficio che sia, l'avviso di convocazione vada notificato.

 

 

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 630, comma primo, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che all'interessato nel procedimento per incidenti di esecuzione, anche se non ammesso al gratuito patrocinio, sia nominato d'ufficio un difensore, ove egli non provveda a nominarne uno di fiducia. In applicazione dell'art. 27 della Legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara altresì la illegittimità costituzionale dello stesso art. 630, comma primo, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che l'avviso del giorno della deliberazione sull'incidente vada notificato anche al difensore dell'interessato.

 

 

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 1970.

 

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

 

 

Depositata in cancelleria il 18 maggio 1970.