Sentenza n. 67 del 1970

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SENTENZA N. 67

 

ANNO 1970

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

 

Prof. Michele FRAGALI

 

Prof. Costantino MORTATI

 

Prof. Giuseppe CHIARELLI

 

Dott. Giuseppe VERZÌ

 

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

 

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

 

Dott. Luigi OGGIONI

 

Dott. Angelo DE MARCO

 

Avv. Ercole ROCCHETTI

 

Prof. Enzo CAPALOZZA

 

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

 

Prof. Vezio CRISAFULLI

 

Dott. Nicola REALE

 

Prof. Paolo ROSSI

 

ha pronunciato la seguente

 

 

 

SENTENZA

 

 

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 63 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, promosso con ordinanza emessa il 31 ottobre 1968 dal Pretore di Recanati nel procedimento penale a carico di Scalese Carlo, iscritta al n. 257 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6 dell'8 gennaio 1969.

 

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 24 marzo 1970 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti;

 

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

 

Ritenuto in fatto

 

 

 

Nel corso del procedimento penale a carico di Scalese Carlo, rinviato a giudizio per rispondere della contravvenzione prevista dall'art. 78, sub a) commi nono e decimo del decreto ministeriale 31 luglio 1934, modificato dal successivo D.M. 12 maggio 1937, perché sorpreso alla guida di un autotreno carico di paglia imballata senza essere munito di estintore, il pretore di Recanati ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 63 del T.U. della legge di P.S. in riferimento all'art. 87, comma quinto, nonché ai principi costituzionali (artt. 70 a 82) che regolano le fonti di produzione normativa ed infine in riferimento all'art. 25, comma secondo, della Costituzione.

 

Dopo aver sostenuto che il D.M. 31 luglio 1934 deve ritenersi emanato dal Ministro per l'interno in virtù della delega contenuta nell'art. 63 del citato T.U., il pretore afferma che evidente é il contrasto tra questa norma, che delega uno speciale potere regolamentare ad un ministro, e l'art. 87, comma quinto, della Costituzione il quale dispone che il Presidente della Repubblica "emana i regolamenti".

 

L'esclusione dei ministri dal novero delle fonti di produzione normativa troverebbe conferma, secondo l'ordinanza di rinvio, nei principi fondamentali che regolano tali fonti. Basti al riguardo considerare che per i decreti contenenti regolamenti ministeriali: non é prevista la necessità di una loro pubblicazione ai sensi del R.D. 24 settembre 1931, n. 1256, e non si vede come tale assenza sia conciliabile con l'obbligatorietà delle norme regolamentari per i cittadini, indipendentemente dalla conoscenza effettiva che questi ne abbiano; non figura regolato il rapporto tra essi é i decreti del Presidente della Repubblica; si sottraggono infine a tutto quel complesso di garanzie di legalità, dettato invece per il potere regolamentare del Governo, e cioè alla previa deliberazione del Consiglio dei ministri, al parere del Consiglio di Stato e al controllo della Corte dei conti.

 

Tutto ciò dimostrerebbe che le singole leggi attributive di potestà regolamentare ad un ministro, a seguito della entrata in vigore della Costituzione, sono da considerarsi non conformi al sistema delle fonti da questa delineato e si pongono in contrasto con i principi regolatori dello stato di diritto che il costituente ha riaffermato.

 

Ritiene infine il pretore che la questione di incostituzionalità sollevata appare fondata anche sotto il profilo del principio di stretta legalità della pena affermato dall'art. 25, comma secondo, della Costituzione. L'art. 63 del T.U. delle leggi di P.S. violerebbe la riserva di legge in materia penale poiché, nel commettere al Ministro per l'interno il potere di formulare precetti - alla cui violazione si collegano le sanzioni dell'arresto o dell'ammenda previste dall'art. 17 del T.U. - non specifica affatto presupposti, carattere, contenuto e limiti dei provvedimenti penalmente sanzionati; né una qualche delimitazione o specificazione dell'ambito dei provvedimenti di cui trattasi é data rinvenire in altre norme dello stesso capo (VI titolo II), o comunque dell'intera legge di P.S.

 

L'ordinanza, ritualmente comunicata e notificata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6 dell'8 gennaio 1969.

 

Nel giudizio dinanzi a questa Corte la parte privata non si é costituita, ma é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con deposito di atto di intervento in cancelleria in data 16 gennaio 1969.

 

L'Avvocatura, dopo avere in via preliminare contestato l'esattezza dell'affermazione del pretore, secondo cui il D.M. 31 luglio 1934 trarrebbe origine dall'art. 63 del T.U. delle leggi di PS., passando al merito della questione di legittimità sollevata conclude per l'infondatezza della stessa osservando che la prevalente dottrina ritiene conformi alla Costituzione le leggi che autorizzano l'emanazione di un regolamento da parte di un organo diverso dal Capo dello Stato e, nel caso più frequente, da parte di un ministro. Ciò in quanto l'art. 87 della Costituzione, che conferisce il potere regolamentare al Presidente della Repubblica, non ha inteso dare carattere tassativo ed inderogabile alla funzione regolamentare.

 

Per quanto poi attiene alla pretesa violazione dell'art. 25, comma secondo, della Costituzione l'Avvocatura ricorda che in diverse occasioni questa Corte (sentenze 36 e 96 del 1964) ha avuto modo di escludere la illegittimità di disposizioni legislative che nel comminare una sanzione penale si rimettevano, per la specificazione della fattispecie, ad atti non dotati di valore di legge. É vero che nella sentenza n. 26 del 1966 é stato affermato che il principio della legittimità della pena può considerarsi soddisfatto solo quando la legge indichi, con sufficiente specificazione, i presupposti, il carattere, il contenuto e i limiti dei provvedimenti dell'autorità non legislativa, alle trasgressioni dei quali deve seguire la pena; tale indicazione legislativa tuttavia deve essere intesa con elasticità specie nel caso in esame in cui si é di fronte a materia che, per le continue variazioni della tecnica, si sottrae alla possibilità di una particolareggiata previsione da parte della legge.

 

 

 

Considerato in diritto

 

 

 

1. - Con l'ordinanza di cui in epigrafe viene sollevata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 63 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvata con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, nella parte in cui dispone che con un regolamento speciale da approvarsi con decreto del Ministro per l'interno saranno stabilite le norme da osservarsi per il trasporto delle sostanze presentanti pericolo di incendio. Ritiene il pretore che la delega della potestà regolamentare ad un ministro contenuta in detta norma - in virtù della quale sarebbe poi stato emanato il regolamento approvato con D.M. 31 luglio 1934 - sia in contrasto con l'art. 87, comma quinto, della Costituzione che prevede l'emanazione di regolamenti solo da parte del Presidente della Repubblica e con gli altri precetti costituzionali (artt. 70 a 82) che disciplinano le fonti di produzione normativa senza far menzione dei ministri, nonché con l'art. 25, comma secondo, che sancisce il principio secondo il quale solo la legge può validamente disporre in materia penale.

 

Nel sollevare detta questione il pretore rileva che nel giudizio dinanzi ad esso pendente deve trovare applicazione un precetto penale contenuto nell'art. 78 lett. a, commi nono e decimo, del citato regolamento ministeriale 31 luglio 1934 e che tale precetto diverrebbe invalido e conseguentemente inapplicabile qualora fosse dichiarata l'incostituzionalità dell'art. 63 della legge di pubblica sicurezza dal quale esso trarrebbe origine.

 

2. - Ad avviso della Corte la presente questione, al pari di altre analoghe precedentemente decise (sentenze nn. 73 del 1968 e 117 del 1969), é manifestamente irrilevante poiché l'eventuale dichiarazione d'illegittimità costituzionale della norma di legge denunciata non avrebbe alcuna conseguenza sulla validità delle norme penali contenute nel regolamento del 1934 la cui trasgressione forma oggetto del giudizio vertente davanti al pretore.

 

Sia la legge autorizzativa che il regolamento in forza di essa emanato sono di epoca anteriore all'entrata in vigore della Costituzione, di tal che quand'anche la Corte, in accoglimento delle eccezioni formulate, ritenesse incostituzionale l'art. 63 della legge di pubblica sicurezza per essersi con esso conferito al Ministro per l'interno un potere normativo in violazione del sistema di competenze previsto dalla vigente Carta costituzionale, o con una ampiezza incompatibile col principio della riserva di legge in materia penale, gli effetti di siffatta pronuncia d'incostituzionalità sopravvenuta potrebbero ricadere solo su atti che in virtù della stessa delega fossero stati emessi dopo l'entrata in vigore della Costituzione. Nessuna incidenza avrebbe, invece, la dichiarazione d'incostituzionalità sulla validità di atti che - come il regolamento del 1934 - sono stati posti in essere in un momento anteriore a quello in cui la legge che ne autorizzava l'emanazione é divenuta incompatibile con i precetti della nuova Costituzione.

 

 

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 63 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 87, comma quinto, 70 a 82 e 25, comma secondo, della Costituzione.

 

 

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1970.

 

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

 

 

Depositata in cancelleria il 4 maggio 1970.