Sentenza n. 66 del 1970

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SENTENZA N. 66

 

ANNO 1970

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

 

Prof. Michele FRAGALI

 

Prof. Costantino MORTATI

 

Prof. Giuseppe CHIARELLI

 

Dott. Giuseppe VERZÌ

 

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

 

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

 

Dott. Luigi OGGIONI

 

Dott. Angelo DE MARCO

 

Avv. Ercole ROCCHETTI

 

Prof. Enzo CAPALOZZA

 

Prof. Vezio CRISAFULLI

 

Dott. Nicola REALE

 

Prof. Paolo ROSSI

 

ha pronunciato la seguente

 

 

 

SENTENZA

 

 

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 del D.P.R. 18 marzo 1965, n. 342, sul trasferimento all'E.N.E.L. di impianti di distribuzione dell'energia elettrica, promosso con ordinanza emessa il 2 aprile 1968 dal Consiglio di Stato in s.g. - sezione quarta - sul ricorso della società L. De Medici e C. contro l'E.N.E.L. e il Ministero dell'industria e commercio, iscritta al n. 222 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 275 del 26 ottobre 1968.

 

Visti gli atti di costituzione del Ministro per l'industria e il commercio, dell'E.N.E.L. e della società L. De Medici e C. e l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica dell'11 marzo 1970 il Giudice relatore Giuseppe Chiarelli;

 

uditi l'avv. Leopoldo Piccardi, per l'E.N.E.L., ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro per l'industria e il commercio.

 

 

 

Ritenuto in fatto

 

 

 

Il Ministro per l'industria e il commercio, con decreto 9 maggio 1966, trasferiva all'E.N.E.L. gli impianti di distribuzione dell'energia elettrica della società in acc. per azioni L. De Medici e C., ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 18 marzo 1965, n. 342.

 

La società, con ricorso al Consiglio di Stato in s.g., premesso che con precedente provvedimento 14 aprile 1964 dello stesso ministero era stata dichiarata la non assoggettabilità a trasferimento della impresa elettrica da essa esercita, in base all'art. 4, n. 6, lett. a della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, impugnava il decreto 9 maggio 1966 e sollevava la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del D.P.R. 18 marzo 1965, n. 342, per eccesso dalla delega rispetto agli artt. 2 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, e 1 e 2 della legge 27 giugno 1964, n. 452.

 

Il Consiglio di Stato, con ordinanza 2 aprile 1968, rimetteva la questione a questa Corte. Secondo la tesi della società, ritenuta non manifestamente infondata dal Consiglio di Stato, il predetto art. 3 avrebbe travalicato i limiti della delega legislativa, col disporre il trasferimento all'E.N.E.L. degli impianti di distribuzione di imprese che erano state integralmente esonerate dal trasferimento, ai sensi della norma di cui alle lettere a e b del n. 6 dell'art. 4 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, la quale non richiedeva per la sua applicazione alcuna normativa ulteriore, come sarebbe dimostrato dal fatto che erano stati emanati i provvedimenti di esonero.

 

Si é costituito nel presente giudizio l'Ente nazionale per l'energia elettrica, rappresentato e difeso dall'avv. Leopoldo Piccardi, con deduzioni depositate il 17 settembre 1968. In esse si osserva che la legge 27 giugno 1964, n. 452, ha rinnovato e non prorogato la delega già attribuita al Governo dalla legge del 1962, n. 1643, integrando i principi direttivi in essa contenuti. Nel precisare un concetto già implicito nell'art. 4 n. 6 della legge del 1962, la nuova legge di delega ha stabilito che l'energia prodotta da enti ed imprese diverse dall'E.N.E.L., ed eccedente il loro fabbisogno, può essere ritirata solo dall'Ente nazionale secondo le modalità da esso stesso stabilite. La norma impugnata ha tratto le conseguenze da tale principio, prevedendo il trasferimento all'Ente degli impianti di distribuzione, che altrimenti sarebbero rimasti inutilizzati, non estendendosi l'esonero fino ad autorizzare un'attività di distribuzione. La norma impugnata é quindi conforme ai principi direttivi tracciati dalla legge delega e si chiede pertanto che la questione sia dichiarata infondata.

 

Gli indicati argomenti sono stati sviluppati in successiva memoria.

 

Sono intervenuti in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro per l'industria e commercio, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con atti depositati il 15 novembre 1968. In essi si rileva che l'art. 4 n. 6 della legge del 1962 stabiliva una eccezione al trasferimento all'E .N E .L. delle attività elettriche, a favore delle aziende autoproduttrici, solo per quanto riguarda la produzione e non la distribuzione dell'energia. La disposizione impugnata rientrerebbe quindi nei limiti della delega legislativa che, per la legge del 1962, riguardava "tutto quanto attiene ai trasferimenti", e che fu rinnovata e precisata con la legge del 1964, la quale espressamente sancì, nell'art. 2 n. 2, la limitazione dell'esonero all'attività di produzione, riservando all'E.N.E.L., per quanto riguarda l'attività di distribuzione, l'energia eccedente il fabbisogno degli autoproduttori. La questione sollevata, conclude l'Avvocatura dello Stato, é pertanto infondata.

 

La società in acc. per azioni L. De Medici e C. si é costituita fuori termine, con procura all'avv. Adolfo Leone, depositata il 7 marzo 1970. Precedentemente l'avv. Leone aveva depositato una memoria il 14 gennaio 1970.

 

In udienza, la difesa dell'E.N.E.L. e la difesa del Presidente del Consiglio e del Ministro per l'industria e commercio hanno ribadito i dedotti argomenti.

 

 

 

Considerato in diritto

 

 

 

1. - Secondo la tesi ritenuta non manifestamente infondata nell'ordinanza di rimessione alla Corte, il D.P.R. 18 marzo 1965, n. 342, nel disporre all'art. 3 che, con provvedimenti del Ministro per l'industria e il commercio, "sono trasferiti all'E.N.E.L. gli impianti di distribuzione dell'energia elettrica delle imprese non soggette a trasferimento ai sensi delle lett. a e b del n. 6 dell'art. 4 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643", avrebbe oltrepassato i limiti della delega legislativa attribuita al Governo dall'art. 2 della detta legge 6 dicembre 1962, n. 1643, e prorogata con legge 27 giugno 1964, n. 452.

 

La ricognizione di questi limiti si presenta pertanto come preliminare ai fini della decisione.

 

Com'é noto, la legge 6 dicembre 1962, n. 1643, riservava all'E.N.E.L. l'attività di produzione, distribuzione e vendita dell'energia elettrica, da qualunque fonte prodotta, ed all'uopo stabiliva il trasferimento in sua proprietà delle imprese che esercitavano le dette attività (art. 1). Delegava quindi al Governo l'emanazione, secondo i principi e i criteri direttivi in essa fissati, delle norme relative ai poteri del Ministro per l'industria e il commercio e dell'apposito Comitato di ministri, all'organizzazione, alle funzioni e ai limiti dell'attività dell'E.N.E.L., "a tutto quanto attiene ai trasferimenti" e a quant'altro previsto dalla legge stessa (art. 2).

 

I principi e i criteri direttivi riguardanti i trasferimenti delle imprese "che esercitano in via esclusiva e principale" le attività di cui all'art. 1, e i trasferimenti delle imprese che "non esercitano in via esclusiva e principale le dette attività" erano contenuti nell'art. 4, nn. 1 e 2: a proposito di queste ultime era detto che "saranno stabilite le modalità per il trasferimento all'Ente nazionale del complesso dei beni organizzati per l'esercizio delle attività stesse é dei relativi rapporti giuridici". Al n. 6 dello stesso articolo era però stabilito che non sono soggette a trasferimento "le imprese che producono energia elettrica destinata a soddisfare i fabbisogni inerenti ad altri processi produttivi esplicati dalle imprese stesse, purché il fabbisogno superi il 70 per cento dell'energia prodotta mediamente nel biennio 1959-61 (cosiddette imprese autoproduttrici).

 

Quest'ultima norma costituiva pertanto una eccezione alla norma fondamentale, che riservava all'Ente il compito di esercitare nel territorio nazionale l'attività di produzione dell'energia elettrica, e alla disposizione del citato n. 2 dello stesso art. 4, il quale, per le imprese che non esercitano in via principale ed esclusiva attività elettriche, prevedeva, come si é visto, il distacco dall'impresa e il trasferimento all'Ente del complesso dei beni organizzati per l'esercizio di esse.

 

La ragione dell'eccezione era di lasciare inalterata la condizione di autosufficienza dell'impresa, consentendo ad essa l'esercizio di quell'attività di produzione di energia elettrica che ha una funzione strumentale rispetto alla sua attività principale e al processo produttivo in cui questa si esplica. Come indice di tale rapporto di complementarietà era assunto il criterio della destinazione dell'energia prodotta all'attività principale dell'impresa nella misura media non inferiore al 70 per cento nel biennio 1959-61.

 

Ma la detta ragione di esclusione dal trasferimento non si estendeva alla attività di distribuzione dell'energia eccedente il fabbisogno dell'impresa. La capacità dell'impresa di assorbire, in misura non inferiore a quella mediamente calcolata, l'energia elettrica da se stessa prodotta era la condizione perché l'impresa potesse continuare la sua attività di autoproduzione; non poteva essere, nel sistema della legge, il titolo per esercitare una attività di distribuzione del supero di energia rispetto al suo fabbisogno. Se così non fosse, si sarebbe creata alle imprese in parola una situazione di privilegio, consentendo loro una attività, esterna alla loro attività principale, riservata dalla legge all'E.N.E.L. come suo compito istituzionale per il raggiungimento di quei fini di utilità generale in cui é, costituzionalmente, la ragione del sistema.

 

Dalle esposte considerazioni si ricava che secondo la legge del 1962 l'esonero dal trasferimento, per le imprese in parola, era limitato al complesso dei mezzi di produzione di energia elettrica, e non comprendeva gli impianti di distribuzione. Le modalità di trasferimento di questi ultimi rientravano pertanto nell'oggetto della legislazione delegata, comprensiva di "tutto quanto attiene ai trasferimenti" delle imprese é dei complessi di beni non sottratti eccezionalmente al passaggio all'E.N.E.L.

 

2. - La legge 27 giugno 1964, n. 452, non prorogò la precedente delega legislativa, ma la rinnovò, fissando un nuovo termine per l'emanazione dei decreti legislativi di attuazione della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, "anche con la necessaria integrazione dei decreti presidenziali già emanati (...), fermi restando i principi direttivi contenuti" nella detta legge.

 

L'art. 2, n. 2, della legge del 1964, n. 452, stabili che l'energia eccedente il fabbisogno prodotta da enti ed imprese diversi dall'E.N.E.L. "può essere ritirata solo dall'Ente nazionale" secondo le modalità da esso stesso stabilite. In tale disposizione trovava conferma il principio secondo cui alle imprese autoproduttrici era consentita soltanto l'attività di produzione di energia elettrica, e non già l'attività di distribuzione a terzi.

 

L'art. 3 del D.P.R. 18 marzo 1965, n. 342, emanato in base alla predetta delega, regolò il trasferimento all'E.N.E.L. degli impianti di distribuzione delle dette imprese. Tale norma, non soltanto trovava la sua giustificazione razionale nel fatto che, in conseguenza dell'art. 2, n. 2, della legge del 1964, n. 452, quegli impianti sarebbero rimasti inutilizzati, ma trovava la sua legittimazione costituzionale nella conformità alla delega legislativa, in quanto faceva applicazione del ricordato principio e criterio direttivo, comune a entrambe le leggi di delega, secondo cui l'esonero dal trasferimento riguardava soltanto l'attività di produzione, mentre rientrava nell'oggetto della delega tutto quanto attiene ai trasferimenti dalla legge non esclusi.

 

Restando nei limiti della delega e attuando i suoi principi, il detto art. 3 integrava la norma dell'art. 2, n. 2, della legge del 1964, n. 452, di cui era logica conseguenza.

 

Né ha influenza il fatto che, in base alla legge del 1962, n. 1643, fossero stati emanati - come nella specie - i decreti presidenziali che dichiaravano determinate imprese autoproduttrici non assoggettabili, in atto, a trasferimento, senza individuare i beni e i rapporti a questo sottratti, giacché la legge del 1964, n. 452, previde l'integrazione dei decreti presidenziali già emanati, e comunque l'emanazione di quei decreti, anteriori all'emanazione delle norme delegate di attuazione della legge, non poteva implicare un allargamento dei limiti segnati dalla legge stessa all'esonero dal trasferimento, né poteva produrre l'effetto di ridurre il potere del legislatore di precisare e integrare, in sede di rinnovazione di delega, i principi e i criteri posti nella originaria legge delegante.

 

Non ha pertanto fondamento la dedotta illegittimità costituzionale per eccesso dalla delega.

 

 

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del D.P.R. 18 marzo 1965, n. 342 (norme integrative della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, e norme relative al coordinamento e all'esercizio delle attività elettriche esercitate da enti ed imprese diversi dall'Ente nazionale per l'energia elettrica), sollevata dall'ordinanza citata in epigrafe, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.

 

 

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1970.

 

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

 

 

Depositata in cancelleria il 4 maggio 1970.