Sentenza n. 48 del 1970
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SENTENZA N. 48

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 44, secondo comma, del R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 2033 (repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari), promosso con ordinanza emessa il 5 ottobre 1968 dal pretore di Recanati nel procedimento penale a carico di Giri Livio, iscritta al n. 235 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6 dell'8 gennaio 1969.

Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1970 il Giudice relatore Francesco Paolo Bonifacio.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa il 5 ottobre 1968 nel corso di un procedimento penale a carico del signor Livio Giri il pretore di Recanati ha sollevato una questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 44, secondo comma, del R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 2033.

Ad avviso del giudice a quo la disposizione impugnata, in quanto prescrive che, a seguito della denunzia presentata dal capo del laboratorio che ha proceduto all'analisi di una sostanza di uso agrario o di un prodotto agrario, l'autorità giudiziaria deve ordinare il sequestro della merce ovunque questa si trovi, violerebbe tre norme costituzionali: a) l'art. 3, a causa della mancanza di ogni ratio giustificatrice della diversità di regime fra il sequestro reso obbligatorio dalla legge denunziata ed il sequestro penale disciplinato in via generale dall'art. 337 c.p.p. come facoltativo: b) l'art. 24, comma secondo, in quanto, nulla potendo fare l'interessato per scongiurare la adozione del sequestro, non sarebbe salvaguardato il diritto di difesa in relazione ad un provvedimento che può avere effetti negativi (ad es. per la distruzione pratica del valore dei beni) irreversibili in caso di successiva pronunzia assolutoria; c) l'art. 27; secondo comma, giacché potrebbe prospettarsi il dubbio che l'obbligatorietà del dequestro, che si risolve in una soggezione del denunziato ad una sanzione che per le sue conseguenze é sovente assai più afflittiva della stessa pena edittale, si ispiri ad una presunzione di colpevolezza.

2. - Innanzi a questa Corte non si é costituita la parte privata e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri. La causa, pertanto, viene decisa in camera di consiglio ai sensi dell'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'art. 44 del R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 2033, sulla "repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari" - già da questa Corte (sent. n. 149 del 1969) dichiarato costituzionalmente illegittimo limitatamente all'esclusione dell'intervento della difesa nella fase di revisione delle analisi - viene impugnato dall'ordinanza in esame nella parte (comma secondo) in cui si dispone che l'autorità giudiziaria, in base alla denuncia del capo del laboratorio o del servizio che ha proceduto all'analisi del campione, "deve ordinare il sequestro della merce ovunque si trovi". La questione di legittimità costituzionale di tale norma viene proposta dal pretore di Recanati con esclusivo riferimento all'obbligatorietà del sequestro: il fatto che nel caso in esame l'autorità giudiziaria - a differenza di quanto é in generale previsto dall'art. 337 c.p.p. per il sequestro penale - é privata di ogni potere discrezionale si risolverebbe in una evidente disparità di trattamento fra i denunciati per i reati previsti dalla legge speciale ed i denunciati per altri reati (con violazione dell'art. 3, comma primo, Cost.); impedirebbe l'esercizio di difesa in occasione dell'emanazione di un atto di notevole gravità (con violazione dell'art. 24, comma secondo, Cost.); rivelerebbe, infine, che la disposizione si ispira ad una non consentita presunzione di colpevolezza dell'imputato (con violazione dell'art. 27, comma secondo, Cost.).

2. - La questione non é fondata.

La Corte osserva, in primo luogo, che il sequestro penale svolge, in generale, una funzione strumentale rispetto al processo ed ai provvedimenti definitivi demandati alla competenza del giudice, sicché esso non può in alcun modo essere assimilato ad una sanzione, così come sanzione non é, di certo, la carcerazione preventiva: manca perciò del tutto la possibilità di configurare un contrasto fra la disposizione impugnata ed il principio costituzionale secondo il quale "l'imputato non é considerato colpevole sino alla condanna definitiva" (art. 27, secondo comma, Cost.). Né può sostenersi che il sequestro, mutando natura secondo che sia discrezionale o necessario, nel secondo caso assuma funzione sanzionatoria di una responsabilità ancora da accertare. Ed infatti, come é da escludere che il giudice, allorché dispone ai sensi dell'art. 337 c.p.p. il sequestro di cose pertinenti al reato, anticipi in qualche modo la pronunzia sull'imputazione, così deve negarsi che la legge in esame, col rendere obbligatorio il sequestro, presupponga una non consentita presunzione di colpevolezza del denunciato.

Tenendo presenti le esigenze che il sequestro deve soddisfare, é giustificabile che di regola venga affidato al giudice il potere discrezionale di valutare caso per caso se ne sia necessaria od utile l'adozione. Ma da ciò non deriva che il legislatore non possa imporne l'obbligatorietà tutte le volte in cui, in base ad una valutazione razionalmente valida, gli appaia indispensabile alla tutela del pubblico interesse che nelle more del processo determinate cose vengano sottratte alla disponibilità del privato. Nel caso in esame la divergenza fra la disciplina speciale contenuta nell'impugnato art. 44 del decreto del 1925 (obbligatorietà del sequestro) e la disciplina generale dettata dall'art. 337 c.p.p. (discrezionalità del sequestro) non dà luogo ad una disparità di trattamento con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione, giacché le due disposizioni messe a raffronto non regolano diversamente situazioni identiche. La prima, infatti, valutata nel sistema dei controlli previsti dalla legge, trova la sua particolarità nella circostanza che alla denunzia si perviene quando dall'analisi condotta da istituti specializzati ed inquadrati nella pubblica amministrazione "risulti che le sostanze analizzate non rispondono, in tutto od in parte, alle condizioni o ai requisiti richiesti". Non può ritenersi, perciò, che irrazionalmente il legislatore abbia collegato a tale risultato, ancorché non definitivo, l'esigenza della salvaguardia di quel pubblico interesse a tutela del quale l'intera legge é predisposta: interesse che potrebbe essere compromesso ove le sostanze od i prodotti non venissero sottoposti a sequestro in attesa della definizione del giudizio e dell'eventuale adozione del provvedimento di confisca previsto nell'art. 58 dello stesso decreto.

3. - Altrettanto infondata appare la denunzia di illegittimità concernente la violazione dell'art. 24 della Costituzione. A questo proposito deve essere ribadito che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il rispetto della citata norma costituzionale non esige che il diritto di difesa debba svolgersi in ogni momento processuale con identico contenuto e con identiche modalità: né può affermarsi che l'esercizio di tale diritto sia compromesso tutte le volte in cui, in riferimento a determinati provvedimenti processuali, al giudice vengano attribuiti poteri non discrezionali. E poiché al fine della valutazione della conformità di singole disposizioni al precetto dell'art. 24 della Costituzione sembra necessario tener presente l'intero sistema nel quale esse si inseriscono, va messo in rilievo che, trovando il sequestro il suo presupposto non solo nella denuncia ma anche nell'attività di prelievo e di controllo dei campioni posta in essere dai competenti pubblici poteri, l'imputato (al quale, ai sensi del primo comma dello stesso art. 44 del decreto in esame, vien data immediata notizia dell'esito sfavorevole dell'analisi) può far valere, sia prima dell'emanazione del provvedimento di sequestro sia in sede di richiesta di revoca, tutti i vizi di legittimità che eventualmente abbiano inficiata quella attività: discende infatti dai principi generali che il giudice debba valutare la conformità alla legge degli atti amministrativi tutte le volte in cui questi costituiscano il presupposto dei provvedimenti giurisdizionali a lui demandati. A ciò si deve aggiungere che l'interessato può chiedere la revisione dell'analisi (art. 44, terzo comma), può spiegare in questa fase - a seguito delle statuizioni contenute nella sentenza n. 149 del 1969 - adeguati interventi difensivi e può, in definitiva, far valere le sue ragioni e provocare il venir meno, anche ai fini del sequestro, degli effetti per lui svantaggiosi derivanti dal primo, sfavorevole accertamento. Si può perciò pervenire alla conclusione che la disposizione in esame, valutata nel quadro complessivo della legge e dei rimedi che questa consente, non viola il diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, comma secondo, del r.d.l. 15 ottobre 1925, n. 2033 (relativo alla "repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di sostanze di uso agrario e di prodotti agrari"), proposta dall'ordinanza indicata in epigrafe in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1970.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 2 aprile 1970.