Sentenza n. 15 del 1970
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SENTENZA N. 15

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 374 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa l'8 maggio 1968 dal pretore di San Giovanni Rotondo nel procedimento penale a carico di Gagliano Carmine, iscritta al n. 144 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 235 del 14 settembre 1968.

Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1969 il Giudice relatore Nicola Reale.

 

Ritenuto in fatto

 

Risulta dagli atti che Gagliano Carmine, convivente more uxorio con Stegman Ursula Alice, in occasione della nascita di un figlio di costei, avvenuta il 26 gennaio 1966, si presentò, per la relativa dichiarazione all'ufficiale dello stato civile di San Giovanni Rotondo, sotto il falso nome di Karl Kerris, affermando essere il bambino nato da matrimonio legittimo con la predetta, indicata anch'essa col falso nome di Misel Ademan, di cittadinanza tedesca.

Peraltro di fronte alla richiesta dei documenti personali il Gagliano, allegando un pretesto, si allontanava ed ometteva di procedere alla dichiarazione anagrafica del neonato.

A seguito di tale fatto l'ufficiale dello stato civile denunziava al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Foggia il sedicente Kerris per il reato di soppressione di stato del neonato, ai sensi dell'art. 566, secondo comma, del codice penale.

Per questo e per altri reati, successivamente commessi, che ne determinavano l'arresto, contro il Gagliano venne iniziato procedimento penale avanti al giudice istruttore presso il tribunale di Bolzano.

Detto giudice, con provvedimento del 30 dicembre 1966, ordinava lo stralcio degli atti relativi alla soppressione di stato e, con sentenza del 16 gennaio 1967, dichiarava la propria incompetenza per territorio. Trasmetteva quindi gli atti al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Foggia, a richiesta del quale si procedeva con istruttoria formale, contestandosi al Gagliano, oltre il reato di soppressione di stato (art. 566 C. P.), anche quello di false dichiarazioni a pubblico ufficiale, ai sensi dell'art. 495, primo e terzo comma, del codice penale.

Al termine dell'istruttoria il giudice istruttore, su conforme requisitoria del pubblico ministero, dichiarava, con sentenza 5 marzo 1968, non doversi procedere per il reato di soppressione di stato, mentre ordinava il rinvio a giudizio davanti al pretore di San Giovanni Rotondo per il secondo dei reati contestati, in ordine al quale ravvisava sufficienti prove di colpevolezza.

Il pretore, nel corso degli atti preliminari al dibattimento, ha sollevato di ufficio, con ordinanza dell'8 maggio 1968, la questione di legittimità, in relazione agli articoli 25 e 3 della Costituzione, dell'art. 374 del codice di procedura penale, nella parte in cui é stabilito che il giudice istruttore, a chiusura della istruzione formale, ove non ritenga di concedere il perdono giudiziale, con la sua sentenza rinvia l'imputato a giudizio del pretore, nel caso questi sia competente.

Si osserva nell'ordinanza che, per la norma impugnata, al pretore, investito della cognizione del reato a seguito di sentenza di rinvio a giudizio, non sarebbe consentito l'esercizio di alcun potere istruttorio. Si scinderebbe, cioè, il processo penale, prevedendosi che davanti al pretore, la cui competenza é precostituita per legge, si svolga soltanto la fase del "giudizio", mentre gli sarebbe preclusa la pronuncia di provvedimenti istruttori di proscioglimento, eventualmente in contrasto con il convincimento del giudice istruttore.

Né potrebbe sostenersi - si aggiunge - che il giudice istruttore divenga giudice naturale per effetto della connessione, giacché, con la pronunzia di proscioglimento, venuta meno la ragione della riunione fra i procedimenti, viene meno anche il presupposto della sua competenza e del potere di decidere il rinvio dell'imputato a giudizio in ordine al reato minore.

Quanto all'asserita lesione del principio di eguaglianza, sancito nell'art. 3 della Costituzione, si osserva dal giudice a quo che, non essendo vietato al giudice istruttore di disporre il rinvio a giudizio davanti al pretore senza previ atti istruttori, potrebbe profilarsi una disparità di trattamento fra l'ipotesi di cui all'art. 374 del codice di procedura penale e quella normale in cui, a seguito dell'istruttoria, il pretore si avvalga invece del potere di pronunziare il proscioglimento dell'imputato.

Dopo l'adempimento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, l'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 235 del 14 settembre 1968.

Nessuna delle parti si é costituita in giudizio.

 

Considerato in diritto

 

1 - Il pretore di San Giovanni Rotondo solleva, anzitutto ai sensi dell'art. 25, primo comma della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 374 del codice di procedura penale, nella parte in cui é stabilito che il giudice istruttore, a chiusura della istruzione formale, possa disporre il rinvio a giudizio dell'imputato davanti al pretore competente, ove non ritenga di concedere il perdono giudiziale.

In applicazione di questa norma, si assume, il processo penale per reati di competenza pretoria verrebbe scisso in due fasi, con la conseguenza che, sottraendosi al pretore la cognizione del reato nella fase istruttoria, si precluderebbe al detto magistrato l'esercizio della potestà di pronunziare sentenza di proscioglimento, quale giudice naturale precostituito secondo le norme sulla competenza, ove le prove di colpevolezza non apparissero a lui sufficienti per il rinvio dell'imputato a giudizio. La questione non é fondata.

2. - Nella specie, all'originaria contestazione del reato di soppressione di stato (art. 566, secondo comma cod. pen.) venne aggiunta, nel corso del procedimento, quella riguardante il reato meno grave di false dichiarazioni a pubblico ufficiale (art. 495 cod. pen.), di competenza pretoria, ma attratto per connessione in quella del giudice istruttore procedente.

A questo giudice, quindi, a conclusione della istruzione formale, spettava il potere-dovere di pronunziare, su entrambe le imputazioni connesse (artt. 45 e 46 C. P. P.), come in effetti ha pronunziato, prosciogliendo l'imputato dalla prima e rinviandolo a giudizio per la seconda imputazione. Per vero il principio del giudice naturale, precostituito per legge, é rispettato anche dalle norme di competenza concernenti le ipotesi di connessione (sent. nn. 29/1958 e 130/1963 di questa Corte).

Né il principio stesso può ritenersi violato dalla puntuale osservanza di tali norme anche se ne risulti sottratta al pretore, nella fase istruttoria, la cognizione del reato, che gli sarebbe altrimenti spettata.

Con lo stesso principio non contrasta, poi, l'art. 374 del codice di procedura penale nella parte in cui prevede il rinvio dell'imputato a giudizio davanti al pretore, nel caso che il reato, per cui si procede, risulti appartenere alla di lui cognizione, o, come nella specie, a seguito del proscioglimento dal reato più grave, siano venute meno le ragioni per devolverlo in via di connessione, alla competenza del tribunale.

Né hanno fondamento i dubbi enunciati dal giudice a quo sul riflesso che il pretore sarebbe, in simili casi, privato del potere di giudicare prima del dibattimento.

Basta opporre che soltanto in esito al compimento della fase processuale davanti al giudice istruttore, che risulta ex ante giudice naturale, diviene operativa la norma di competenza che legittima il pretore a giudicare in dibattimento sul reato.

E la coerenza del sistema, improntato a criteri di economia processuale, senza lesione della garanzia stabilita dall'art. 25 della Costituzione, esige che al giudice istruttore, dotato di competenza per il reato più grave, sia attribuita, nel caso in esame, la potestà di pronunziare, a compimento della fase processuale svoltasi davanti a lui, il rinvio dell'imputato a giudizio.

3. - Né può ritenersi fondato il dubbio sulla costituzionalità dell'art. 374, che il pretore enuncia sotto l'altro aspetto della lesione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), in riferimento alla eventualità, che l'imputato sia rinviato a giudizio del pretore, pur essendosi omesso dal giudice istruttore alcun atto istruttorio.

Ciò in confronto al diverso trattamento processuale che l'imputato stesso avrebbe avuto, ove fosse stato giudicato, anche in sede istruttoria, dal pretore. Il citato art. 374 non esclude, anzi presuppone ed esige che anche in ordine ai reati di competenza pretoria, dei quali il giudice istruttore conosce per connessione, questo giudice proceda agli atti istruttori volti a stabilire se sussistano anche per detti reati "prove sufficienti" per il rinvio a giudizio.

Le eventuali non corrette applicazioni della legge non comportano, ovviamente, illegittimità costituzionale della norma impugnata e non consentono, pertanto, alcuna censura sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 374 del codice di procedura penale, proposta, con l'ordinanza di cui in epigrafe, dal pretore di San Giovanni Rotondo, in riferimento agli artt. 25, primo comma e 3 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 gennaio 1970.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 4 febbraio 1970.