Sentenza n. 158 del 1969
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SENTENZA N. 158

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

AVV. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 17 luglio 1969, recante "Istituzione di una borsa di studio per allievi siciliani presso l'Istituto centrale del restauro in Roma", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 25 luglio 1969, depositato in cancelleria il 30 successivo ed iscritto al n. 9 del Registro ricorsi 1969.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 29 ottobre 1969 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il ricorrente, e l'avv. Luigi Maniscalco Basile, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 17 luglio 1969, approvò la legge recante "Istituzione di una borsa di studio per allievi siciliani presso l'Istituto centrale del restauro in Roma". A norma della citata legge la borsa, dell'importo di annue lire 1.000.000, viene conferita, per il primo anno, a favore del candidato che "avendo stabile dimora in un Comune della Regione" abbia riportato i migliori risultati negli esami di ammissione al corso triennale di insegnamento del restauro presso l'Istituto centrale suddetto, e detta borsa viene confermata per gli anni successivi alla condizione che il beneficiario abbia frequentato con diligenza il corso e superato gli esami prescritti.

Il beneficio in parola viene autorizzato per la durata di dieci anni e il diploma conseguito presso l'Istituto centrale per il restauro dai borsisti costituisce "titolo preferenziale per la loro eventuale utilizzazione nel Laboratorio di restauro già istituito presso la Sopraintendenza alle gallerie ed opere d'arte della Sicilia con la legge regionale 14 luglio 1952, n. 29".

Alle spese derivanti dall'applicazione della legge in esame, a sensi dell'art. 6 della stessa, si provvede prelevando "la somma necessaria dal capitolo 10833 del bilancio della Regione per l'anno 1969, fondo a disposizione per iniziative legislative". Il capitolo n. 10833 ora indicato risulta allegato alla legge regionale 27 maggio 1969, n. 15, sul bilancio di previsione per l'anno finanziario 1969 e relativo al fondo occorrente per far fronte a provvedimenti legislativi in corso: il capitolo é accompagnato da un elenco di spese, aventi tuttavia oggetti diversi da quelli della istituzione di borse di studio per allievi dell'Istituto del restauro.

La legge suddetta é stata comunicata al Commissario dello Stato presso la Regione siciliana il 21 luglio 1969 ed impugnata dal Commissario stesso, a norma dell'art. 28 dello Statuto, con ricorso notificato il 25 luglio 1969 e depositato il 30 luglio successivo.

A sostegno del gravame il Commissario osserva, anzitutto, che la preferenza accordata dalla legge ai borsisti per l'eventuale utilizzazione presso il Laboratorio di restauro istituito con la menzionata legge regionale n. 29 del 1952 concreterebbe una situazione di rimarchevole discriminazione nei confronti di quei cittadini che abbiano conseguito lo stesso titolo di studio senza fruire del beneficio, limitato ai soli giovani aventi stabilire dimora nell'isola.

Il trattamento differenziato così posto in essere dal legislatore regionale, in base ad un criterio che travalicherebbe i limiti normali di ragionevolezza, secondo il ricorrente, si porrebbe in contrasto sia con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione sia, osserva il Commissario, con il principio garantito dall'art. 120 della Costituzione che assicura la libera circolazione delle persone per l'esercizio di una attività professionale.

Il Commissario rileva altresì, quanto all'aspetto finanziario del provvedimento, che il legislatore regionale avrebbe indicato la copertura della spesa per il 1969, senza peraltro disporre la modifica dell'elenco n. 4 allegato al bilancio regionale 1969, per l'istituzione della partita contabile attinente al provvedimento in esame. A parte tale omissione, comunque, prosegue il ricorrente, la legge avrebbe indicato la copertura solo per la spesa afferente all'esercizio 1969, trascurando invece di indicare i mezzi stessi riguardo agli oneri futuri, relativi alla applicazione pluriennale della legge. Con ciò, si violerebbe il disposto dell'art. 81, ultimo comma, della Costituzione, in base al quale, secondo la giurisprudenza della Corte, anche l'indicazione della copertura dei nuovi oneri attinenti ad esercizi futuri dovrebbe risultare dalla stessa legge che dispone la spesa.

Il Commissario conclude pertanto chiedendo dichiararsi l'illegittimità della legge impugnata.

Con atto depositato il 13 agosto 1969 l'Avvocatura generale dello Stato ha dichiarato di costituirsi avanti alla Corte in difesa del Commissario dello Stato. Si é anche costituito il Presidente della Regione siciliana, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Maniscalco Basile, il quale ha depositato le proprie deduzioni l'11 agosto 1969.

La difesa della Regione, richiamandosi ai lavori preparatori della legge impugnata, prospetta, da un lato, le condizioni di particolare gravità in cui verserebbe il patrimonio artistico della Sicilia, con particolare riguardo alla conservazione delle opere d'arte mobili e osserva, dall'altro, che la carenza di tecnici siciliani specializzati per il restauro, le difficoltà, i disguidi ed i ritardi connessi alla necessità di servizi di tecnici che non hanno stabile dimora nell'isola, darebbero ampiamente ragione del provvedimento, tendente comunque a soddisfare esigenze di particolare interesse generale, oltre che regionale, data l'importanza che le opere d'arte in discorso rivestirebbero per lo sviluppo del turismo e l'acquisizione di valuta estera che ne consegue.

La Regione, stabilendo i benefici in esame, si sarebbe mossa nel campo della incentivazione, che é sempre fondata su un trattamento di favore diretto a stimolare comportamenti ed iniziative, rispondendo alle esigenze di particolari situazioni obbiettive che richiedono particolari trattamenti, e non potrebbe quindi ritenersi in contrasto con l'invocato principio di eguaglianza.

Escluso poi che possa invocarsi, nella specie, l'art. 120 della Costituzione, il quale, concernendo la libera circolazione delle persone per l'esercizio di un'attività professionale, riguarderebbe ipotesi del tutto diversa da quella in esame, la difesa della Regione passa a confutare le censure relative alla pretesa violazione del quarto comma dell'art. 81 della Costituzione ed osserva che, giusta la letterale espressione dell'art. 6 della legge impugnata, "alle spese derivanti dall'applicazione della presente legge si provvederà prelevando la somma necessaria dal capitolo 10833 del bilancio della Regione per l'anno 1969". Da ciò dovrebbe desumersi che all'onere di tutte le borse di studio previste dalla legge, dovrebbe provvedersi prelevando l'intera somma occorrente dal citato capitolo, sulla cui capienza non sarebbe d'altra parte possibile avanzare riserve, dato che il capitolo stesso reca la disponibilità di oltre 4 miliardi.

Né maggior pregio avrebbero i rilievi concernenti la mancanza nella legge di disposizioni per la modifica dell'elenco n. 4 allegato al bilancio regionale 1969, giacché tale modifica non potrebbe comunque influire sulla esistenza effettiva della copertura, assicurata dalla legge, e non potrebbe quindi sorgere in proposito un problema di legittimità della legge stessa in relazione al quarto comma dell'art. 81 della Costituzione.

La difesa della Regione conclude pertanto chiedendo il rigetto del ricorso.

L'Avvocatura dello Stato ha depositato tempestivamente una memoria, con cui insiste sui motivi del ricorso, illustrandoli ulteriormente.

In particolare, osserva che, pur ammettendo la funzione di incentivazione delle borse di studio a favore dei giovani siciliani, ciò non eliminerebbe la profonda discriminazione posta in essere dalla legge con lo stabilire una precedenza de facto et de iure a favore dei giovani aventi stabile dimora nella Regione, discriminazione che non avrebbe razionale fondamento ben potendo verificarsi l'ipotesi di un borsista che, solo per tale sua qualità, venga preferito nell'impiego ad un non borsista con un punteggio finale di merito anche molto superiore. Né varrebbe a rendere ragionevole la differenziazione la presunta diserzione dei posti disponibili nell'isola perché, anche ammettendo tale circostanza, la limitazione posta dalla legge impugnata finirebbe con l'aggravare il fenomeno allontanando dalla possibilità d'impiego nella Regione coloro che, pur risiedendo altrove, vi aspirassero. Con ciò si integrerebbe, altresì, la violazione dell'art. 120, terzo comma, della Costituzione, così come lamentato nel ricorso, ed in proposito l'Avvocatura si richiama a precedente giurisprudenza della Corte.

Quanto all'aspetto finanziario della legge, nella memoria si insiste nell'affermare che, senza una contestuale modifica dell'elenco n. 4, che dia atto della riduzione di lire 30.000.000 dello stanziamento di cui al capitolo 10833 del bilancio regionale 1969, la norma eluderebbe il precetto dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, in difetto di una precisa indicazione della copertura della spesa per i futuri esercizi. Per cui, al limite, si potrebbe attingere dal capitolo suddetto solo per far fronte alle spese relative all'esercizio in corso, restando senza copertura sostanziale quelle ulteriori.

Anche la difesa della Regione, nei termini, ha depositato una memoria con cui insiste nel contestare le argomentazioni contenute nel ricorso, riproponendo anzitutto le tesi già svolte quanto alle esigenze ispiratrici della legge che, aggiunge, non solo non violerebbe il principio di eguaglianza, ma tenderebbe ad attuarlo, attenuando le difficoltà che incontrerebbero i giovani residenti in Sicilia per frequentare i corsi presso l'Istituto del restauro in Roma, ben più gravi di quelle che incontrerebbero invece i giovani residenti in Roma stessa o comunque in zone più vicine.

Anche con riferimento alla lamentata violazione dell'articolo 81 della Costituzione, la difesa della Regione ribadisce le tesi già esposte, insistendo nell'affermare che se la legge impugnata fa riferimento al capitolo 10833 stanziato nel bilancio 1969, ciò non escluderebbe che la copertura sia stata realizzata per tutti i dieci anni durante i quali la borsa di studio sarà operante, anche in vista del largo margine offerto dalla somma ivi allocata.

Né la doglianza concernente la modifica dell'elenco n. 4 sarebbe maggiormente fondata, giacché l'elenco stesso rifletterebbe in linea di previsione le destinazioni degli importi che costituiscono, sommati, lo stanziamento totale portato dal capitolo n. 10833, ma tali destinazioni resterebbero modificate dall'approvazione di una legge successiva che, come quella in esame, stabilisca che dal capitolo deve prelevarsi la somma necessaria alla copertura delle spese derivanti dalla legge stessa, le quali assumerebbero così ovviamente carattere di preminenza. Si potrebbe, se mai, richiedere l'emanazione di una nuova legge che stabilisca materialmente come la variazione dell'elenco debba esser fatta (o meglio, secondo la difesa, l'adozione di un provvedimento del Presidente della Regione al riguardo, non essendo l'elenco "soggetto alla forza" della legge di bilancio) ma con ciò non potrebbe comunque mai dirsi che la legge impugnata sia carente di copertura.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'impugnativa della legge regionale siciliana 17 luglio 1969 é basata su di un duplice ordine di motivi.

Un primo motivo riguarda l'attribuzione di titolo preferenziale, per l'esercizio di attività professionale presso il Laboratorio del restauro in Palermo, a coloro che, già diplomati nell'Istituto centrale di Roma con borsa di studio triennale conferita dalla Regione, abbiano stabile dimora in un Comune della Sicilia (art. 5 legge predetta). Questa ultima condizione costituirebbe privilegio riservato ad una determinata categoria di persone, contrastante con il principio della generale parità di trattamento ed in particolare con l'esigenza che tutti i cittadini possano accedere in qualunque parte del territorio nazionale per esercitarvi professione, impiego o lavoro (artt. 3 e 120 della Costituzione).

Col secondo motivo, si assume che l'art. 6 della legge conterrebbe, per quanto riguarda lo stanziamento di spese occorrenti per finanziare le borse di studio, un rinvio al bilancio preventivo 1969, privo della necessaria specificazione di mezzi garantiti, richiesta dall'art. 81, quarto comma, della Costituzione.

2. - In merito al primo motivo, la Corte osserva che l'attribuzione di preferenza assoluta ai residenti nella Regione, già beneficiari di borse di studio, aspiranti ad una collocazione lavorativa presso il Laboratorio del restauro (ufficio pubblico, dipendente dalla Sovraintendenza) importa una illegittima restrizione all'esercizio di diritti costituzionalmente garantiti sia dall'art. 51 della Costituzione sia, nel particolare ambito regionale, dal successivo art. 120.

Non é, di per sé, anomalo che, per la selezione degli aspiranti, sia riconosciuto titolo preferenziale al diploma conseguito presso la scuola annessa all'Istituto centrale del restauro: il che verrebbe ad assicurare il possesso dei migliori requisiti attitudinali, oggettivamente considerati, né sarebbe irrazionale che, a parità di altri titoli, sia preferito chi risieda in Sicilia. Ma altrettanto non é per l'esclusività riservata ai diplomati che, abbiano fruito della borsa di studio, solo in quanto, con riferimento all'art. 1 della legge, risultino residenti in Sicilia.

L'elemento residenza viene qui ad assumere un valore condizionante, con l'effetto di conferire ad esso, in ogni caso, la priorità su ogni altra valutazione comparativa di merito.

Il "titolo preferenziale" che ne deriva si risolve così in privilegio accordato, con precedenza assoluta, ai residenti in quanto tali, con menomazione delle legittime aspettative che, sul piano nazionale, possano competere ad altri candidati.

Non é dubbio che in questo senso debba essere considerato l'art. 5 della legge che, nella sua formula espressa in unica direzione, non consente meno rigida interpretazione. Tanto più se lo si confronti con l'art. 2 dove, sia pure ad altri effetti, il caso di più candidati all'ammissione al corso d'insegnamento, che siano classificati a pari merito, é invero preso in considerazione e risolto, mediante un criterio di prevalenza basato solo sul migliore risultato negli esami precedenti.

La giurisprudenza di questa Corte, nel segnare i limiti del potere del legislatore regionale di provvedere nella materia indicata dall'art. 120 della Costituzione in relazione con l'articolo 51, ha statuito che detti limiti non possono essere superati ove, senza necessità, mediante discipline differenziate, venga intaccato il principio fondamentale di eguaglianza di tutti i cittadini nella unità del territorio nazionale. Possono bensì darsi discriminazioni, ma debbono corrispondere a situazioni diversificate, connesse con l'esistenza di particolari e razionali motivi di più idonea organizzazione di servizi (sentenze n. 15 del 1960; n. 13 del 1961; n. 12 e n. 86 del 1963).

Nel caso in esame, l'eccezione al principio di parità non é razionalmente giustificabile.

Si contrappongono motivi soltanto utilitari che avrebbero ispirato la norma: garantire, cioè, la continuità del servizio da parte di chi, localizzato nell'isola, é presumibile che intenda permanervi. Ma sotto il profilo della legittimità costituzionale, non é razionale e quindi é illegittimo, subordinare un principio generale a motivi descritti come meramente pratici. Soprattutto, non é razionale né corrisponde propriamente al fine di una migliore organizzazione del servizio, che sia data prevalenza assoluta, in materia di assunzioni impiegatizie, a situazioni estrinseche di residenza su situazioni intrinseche di merito. E ciò senza quei contemperamenti equilibratori, che servano a conciliare il rispetto di principi intangibili con determinate opportunità contingenti.

In conseguenza, secondo gli esposti motivi deve essere dichiarata l'illegittimità dell'art. 5 della legge impugnata, nella parte in cui, escludendo la possibilità di valutazione del merito comparativo, concede un aprioristico titolo preferenziale ai soli residenti in sede regionale.

3. - Col secondo motivo d'impugnazione, si prospetta una questione autonoma dalla precedente e relativa ai mezzi di finanziamento per l'attribuzione delle borse di studio, mezzi che si assumono indicati in modo difforme da quanto prescritto nell'art. 81, terzo e quarto comma, della Costituzione.

L'impugnativa non é fondata.

É vero che l'indicazione della fonte e del modo di reperimento dei mezzi finanziari occorrenti per sostenere nuove e maggiori spese pubbliche, deve essere contenuta non nella legge formale di approvazione del bilancio, ma nella legge sostanziale istitutiva dei servizi da cui dette spese derivano (art. 81, terzo e quarto comma, Cost. estensibile, com'é pacifico, anche al legislatore regionale).

É vero altresì che la legge sostanziale non deve limitarsi ad indicare genericamente i mezzi di copertura di nuove e maggiori spese, rinviandone la loro iscrizione nei successivi stati di previsione delle spese, e, quindi, basandosi su futuri cespiti di entrata incerti ed eventuali: ma occorre che sia la stessa legge che prevede la spesa ad indicare i mezzi preesistenti per farvi fronte (sentenze n. 16 e 31 del 1961; n. 1 del 1966; n. 47-49 del 1967

; n. 17 del 1968). Peraltro, nel caso in esame, la legge sostanziale del 1969 ha disposto (art. 6) che il prelievo della somma necessaria per attuarne i fini, debba essere effettuato dagli stanziamenti compresi nel capitolo 10833 del bilancio, cioè dagli stanziamenti del fondo speciale riguardante gli oneri per "provvedimenti legislativi in corso".

Non v'é, quindi, un mero rinvio ad ancora incerte previsioni future, ma ad uno stanziamento già concretamente disposto per provvedere in genere a provvedimenti legislativi in elaborazione, nella quale categoria, in forza della sopraggiunta legge impugnata, é venuto ad inserirsi lo specifico stanziamento in esame, che rappresenta uno stanziamento di trenta milioni nel quadro globale di oltre quattro miliardi, riservati ai predetti scopi. Il quale stanziamento va riferito ad un impegno di spesa che, nel particolare caso in esame, offre e deve offrire, per conseguire gli effetti che il legislatore regionale si é proposto, garanzia di continuità della erogazione, per sua natura di durata poliennale (tre anni di concessione per ciascun borsista, nello spazio di dieci anni).

Non vale contestare quanto sopra col rilievo che, nell'elenco allegato alla legge di bilancio, non é compreso il provvedimento contenuto nella legge sostanziale in esame. Lo elenco, appunto perché si riferisce ad una situazione legislativa ancora fluida e in via di definizione, non ha e non può avere, nel momento in cui é stato compilato, che un valore indicativo, ancora suscettibile di integrazioni o sostituzioni e non vincolante in senso assoluto.

L'obbligo imposto al legislatore dall'art. 81, quarto comma, risulta, pertanto, osservato nel particolare caso, in cui l'intero impegno di spesa trova totale copertura nella cifra come sopra stanziata in bilancio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 5 della legge regionale siciliana sulla istituzione di una borsa di studio per allievi siciliani presso l'Istituto centrale del restauro in Roma, approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 17 luglio 1969, nella parte in cui, senza valutazione del merito comparativo, accorda titolo preferenziale assoluto per l'utilizzazione nel Laboratorio di restauro in Palermo, ai soli aspiranti aventi stabile dimora in un Comune della Regione;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della predetta legge, sollevata dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana, in riferimento all'art. 81, comma quarto, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 dicembre 1969.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 22 dicembre 1969.